RENZI, SOLO UN CICLONE O ANCHE UN COSTRUTTORE?
Non vi è dubbio che l’attuale presidente del Consiglio, Matteo
Renzi, ha portato una maggiore dinamicità all’azione politica e legislativa del
nostro Paese.
Se questo alla lunga si dimostrerà un bene o un male lo
vedremo.
Allo stato delle cose era necessaria una spinta di
fattibilità e decisionale che non percorresse i canoni tradizionali delle
decisioni concordate e decise con tutti i gruppi.
Anche se contrapposti e portatori di interessi contrastanti
che rendevano poco incisive decisioni che necessitavano di urgenza e rapidità.
Possiamo non condividere le modalità da guascone del suo modus
operandi, l’atteggiamento personalizzante della sua azione politica o la
presenza di una reggia troppo poco avvezza a gestire carichi di responsabilità
gravosi come quelli governativi, ma non possiamo non prendere atto che ha attuato
una scossa importante e forse determinante nella prassi politica e governativa.
Ha iniziato dal suo partito emarginando in pochi mesi
l’intero establishment che era arroccato da decenni nelle alte sfere
decisionali rendendolo una specie di riserva indiana.
Ha cioè operato una rivoluzione senza effetti devastanti,
quali una eventuale scissione, ed ha limitato i danni a qualche sporadica
resistenza in sede di commissioni parlamentari o di direzione di partito.
Ha rotto il cordone ombellicale con i partitini e gruppetti
della sinistra estrema spostando il PD su posizioni di centro.
Ha ignorato il forte potere di interdizione dei sindacati,
soprattutto di quello storicamente più vicino alla sinistra e cioè la potente
CGIL, proponendo interventi sul tema del lavoro e della politica sociale di
stretta marca governativa.
Ha iniziato ad affrontare il tema della potente e
impantanante burocrazia colpendola sia economicamente che nella struttura di
potere.
Sta iniziando ad affrontare il problema giustizia non più in
termini di contrapposizione personale, ma di capacità di rispondenza della
stessa al servizio della Stato iniziando a discutere la parte economica del
potere della casta giudiziaria.
Ha dato un segnale forte
a quanti si sono ecclissati nell’attesa di aspettare la sua caduta in
tempi brevi spostando al 2018 la data della durata del suo Governo.
Parla di azione di governo popolare e non di classe o di casta
come non sentivamo dai tempi della prima Repubblica.
Insomma una serie di cose che danno un volto nuovo ad un’azione
politica e di Governo che il nostro Paese ha tanto bisogno che si realizzino
per uscire dalla drammatica situazione in cui si trova per motivi interni ed
internazionali.
Molti commendatori politici hanno parlato, come fatto
positivo o negativo, delle sue origini di boy scout, di dirigente democristiano
e popolare o di personaggio di spettacolo.
Certamente la cultura di ciascuno di noi non può essere
eliminabile se in essa crediamo ed intorno ad essa costruiamo le nostre
convinzioni di convivenza civile, ma non possiamo non prendere atto che, se
Renzi saprà anche dialogare con coloro che possono remare nella giusta
direzione, potremo sperare in una nuova
e positiva prospettiva degli interessi comuni.
Pippo Bufardeci
22/04/2014