mercoledì 16 dicembre 2015

IN RICORDO DELL’AMICO CORRADO VENTAGLIO

Sono già passati dieci anni da quando la famiglia, gli amici e la politica siracusana hanno visto mancare l’affetto, la presenza ed il contributo culturale di Corrado Ventaglio.
Una vita spesa per la politica al servizio del bene comune come gli era stato insegnato nello studio parrocchiale delle encicliche sociali cristiane, nei numerosi corsi di formazione politica della democrazia cristiana e come aveva profuso nel suo impegno di funzionario della DC, di uomo politico e di rappresentante delle istituzioni.
Un politico nato democristiano nel sangue e nella mente anche quando, per varie vicissitudini legate alle strategie dell’amico onorevole Santi Nicita, dovette fare delle scelte politiche contingenti diverse dai dettami del suo cuore politico.
L’affetto, le riflessioni, i consigli che elargiva agli amici non sono materia da dimenticare facilmente.
Sono stato forse il suo collega di lavoro, l’amico inseparabile, il politico che più ha raccolto e più ha donato i momenti dell’azione e della riflessione comune così come quelli delle difficoltà personali o legati ai cambiamenti dei tempi e delle nuove situazioni.
Corrado Ventaglio si rapportava con gli amici veri con afflato umano generoso ed amorevole che lo rendevano unico, anche nel panorama politico siracusano, in quanto spesso sacrificava i suoi interessi personali e politici per quelli dell’amico cui era legato.
Santi Nicita che ha avuto un rapporto di profonda amicizia e di grande collaborazione con Corrado Ventaglio e da questi ricambiato con grande amore e fedeltà, così lo definiva nel suo libro “Sul filo dei ricordi” - Per me è stato sempre una coscienza critica, fonte di valutazioni reali e di disamine approfondite -.
Corrado Ventaglio lasciò la vita terrena, quasi con la stessa modestia e riservatezza che ne avevano caratterizzato il suo agire politico, quella sera di inaspettato dolore che interruppe l’amore, i sogni, l’azione politica e gli apporti agli amici e alla società siracusana che tanto amava.
Il suo ricordo resterà sempre nell’amore della famiglia, ma anche nel cuore di quanti lo abbiamo conosciuto apprezzandone la sua esistenza per ciò che è stato capace di donarci.
Siracusa 16-12-2015                                      Pippo Bufardeci



lunedì 14 dicembre 2015

CLASSE DIRIGENTE INADEGUATA ALLA SFIDA DEI TEMPI

E’ vero che, dal punto di vista della finanza pubblica, si continua ad attraversare un periodo ancora difficilissimo per cui non vi è sufficiente  liquidità per far fronte a tutte le incombenze passate e alle nuove esigenze sociali e di sviluppo.
E’ altrettanto vero che non tutti i problemi che si devono fronteggiare nella quotidianità sono il frutto di decisioni, di scelte o di strategie del presente.
Essi affondano le loro radici in contesti precedenti e in ambienti anche internazionali, però è anche vero che i cervelli deputati a trovare le soluzioni di medio e lungo termine appartengono alla quotidianità.
Il problema che dilata le soluzioni e non da una prospettiva strategica sta proprio nella mancanza di una classe dirigente che sia capace di essere all’altezza delle difficili situazioni in cui viviamo ed in cui detta classe dirigente opera.
Il vivere alla giornata o al massimo da una competizione elettorale all’altra fa si che la comunicazione ad effetto diventa più importante dell’agire e del realizzare.
Ciascun componente della classe dirigente attuale sfrutta le possibilità comunicative dei moderni mezzi di comunicazione di massa per lanciare messaggi ad effetto emotivo capaci di colpire l’immaginario collettivo ed essere protagonista di un tempo mediatico e politico assolutamente sufficiente al raggiungimento di un obiettivo contingente o, al massimo, tendente a creare le condizioni migliori per una rielezione.
In questa logica scompare l’impegno politico finalizzato alla concretizzazione del programma condiviso e prende il sopravvento l’interesse personale che si può concretizzare ovunque per cui si trasmigra con indifferenza  da uno schieramento ad un altro, da un gruppetto ad un altro in tempi rapidi e multipli.
In questo contesto non è più possibile creare una classe dirigente capace di assicurare continuità operative e di portare a soluzione i vari problemi nel difficile percorso che va dalle enunciazioni all’effettiva concretizzazione.
A livello nazionale abbiamo quindi l’assenza assoluta di statisti che operano secondo una visione strategica per cui, in un contesto di confronto globale, siamo e saremo sempre più destinati a soccombere o ad essere asserviti ai carri di coloro che, più capaci di elaborare strategie, dettano i tempi realizzativi.
Sul piano locale vi è stato, in questi ultimi anni, un depauperamento della classe dirigente per cui non vi sono personaggi che hanno la preparazione, l’esperienza e la lungimiranza di prospettare soluzioni ai problemi e seguire tutti gli iter realizzativi.
La pur necessaria necessità del ricambio generazionale per permettere di evitare le incrostazioni frutto della prolungata presenza dei singoli nelle istituzioni, è diventata la sola condicio sine qua non per essere gestori della cosa pubblica.
Si mette così in secondo piano la condizione generale più importante per essere soggetti attivi di una comunità e cioè, la capacità, la preparazione culturale, la conoscenza dei problemi, la strategia realizzativa e la concretezza.
Si dimentica che un qualsiasi soggetto è capace o incapace a prescindere dalla propria età  perché il metro di valutazione è ben altro.
Ecco perché serve uno sforzo culturale per far capire e capire che l’improvvisazione porta alla rovina di una comunità, mentre la lunga e difficile strada della capacità e della preparazione è l’unica che può avere sbocchi positivi per tutti.
( per il giornale TIMEOUT )

Siracusa 03.12.2015                                                Pippo Bufardeci

domenica 13 dicembre 2015

                POLITICA A SIRACUSA, MILLE DISTRAZIONI POCA EFFICIENZA

La situazione politica ed amministrativa della città di Siracusa non si può certamente annoverare fra quelle i cui politici pensano solamente a lavorare sui problemi della città e dei cittadini senza essere distratti da altre cose.
Anzi possiamo affermare che sono più le distrazioni cui bisogna far fronte che le problematiche complesse e dalle difficili soluzioni che investono la comunità siracusana.
Queste distrazioni riguardano sia l’attività politica vera e propria sia l’attività amministrativa che risulta poco incisiva e sempre più distante dai cittadini.
Le poche energie disponibili di intelligenza e capacità sono offuscate da fatti e personaggi che riescono a coprire più le pagine giornalistiche della cronaca, anche giudiziaria, che della attività in difesa degli interessi dei cittadini elettori.
Sul piano politico abbiamo il partito maggiormente rappresentato in seno al consiglio comunale e cioè il Partito Democratico, che non riesce a trovare il bandolo della matassa che lo possa portare a elaborare un minimo di strategia ed essere un interlocutore valido per trovare soluzioni ai problemi della città e dei cittadini.
La lotta di sopravvivenza di molti suoi dirigenti e la brama di affermazione di altri rende ingovernabile questo partito provinciale perché è anche privo di dirigenti, capaci di essere catalizzatori di proposte e con carisma riconosciuto da tutti, quali qualità da mettere al servizio del bene del partito e della comunità.
E’ una lotta fra nani politici che vorrebbero giocare a fare i grandi incapaci di capire le vere ragioni del nanismo politico congenito che pulsa da molto tempo nell’azione interna ed esterna al partito.
Il risultato è una lotta di trincea e di difesa di posizioni acquisite senza rendersi conto dell’effimera valenza di un gioco che finirà per bruciare tutti.
Ciò perché vige la vecchia mentalità che il partito e le sue mura siano l’ombelico del mondo ed ogni mattone va difeso dalle profanazioni degli esterni e dai miscredenti.
Un partito chiuso mentalmente, operativamente ed autoreferenziale è un partito destinato a fallire nel confronto con il mondo esterno e con le potenzialità che esso esprime.
Di riflesso, questo tipo di partito, governando importanti amministrazioni locali con la città di Siracusa in primo piano, determina le condizioni di sfacelo in cui si è ridotta la vita amministrativa di una città che avrebbe bisogno di intelligenze capaci, preparate e fuori dai giochi della difesa delle poltrone partitiche.
In assenza di un impegno di cultura politica ed amministrativa si fa strada, in modo preponderante, l’azione di piccolo cabotaggio, degli interessi personali e del malaffare che sta sempre in agguato nel contesto di svolgimento di un compito difficile quale quello di essere i gestori degli interessi complessi di una comunità importante e vasta.
Le lotte in seno al consiglio comunale, i presunti interessi di singoli consiglieri spiattellati alla pubblica opinione, i contrattacchi più o meno di stampo intimidatorio sono il sintomo che la politica ha smarrito la via maestra del suo essere o si è affidata a messaggeri incompetenti ed incapaci.
Non voglio entrare nell’esame dei singoli fatti perché già molto analiticamente divulgati e resi accessibili alla pubblica opinione e perché sono anche oggetto di interessamento da parte dell’autorità giudiziaria, ma non si può non prendere atto di uno stato di degenerazione del fare politica ed amministrazione che necessita di seri interventi sia giudiziari che politici.
 Nè possiamo dire che gli altri attori non legati al Partito Democratico o alla gestione diretta della cosa pubblica siano immuni del tasso di deficienza di vera politica o di capacità amministrativa, perché la qualità complessiva di tutti i soggetti non è certo da libri di storia.
In questo difficile e, per certi versi, drammatico contesto, non possiamo che augurarci un rinsavimento dei pochi che ancora sono nelle condizioni di pensare ed agire in modo sensato affinchè venga rielaborata una strategia di disimpegno dall’inettitudine e si prospettino soluzioni nell’interesse della collettività emarginando gli incapaci ed i traffichini assoldabili sotto diverse bandiere.
Pippo Bufardeci

 ( Per il settimanale Timeout )

lunedì 7 dicembre 2015

CAMBIARE QUALCHE REGOLA PER RINVIGORIRE LA POLITICA

Penso che lo stato comatoso in cui si trova la politica in Sicilia e soprattutto la gestione degli Enti locali, meriti una terapia d’urto anche a livello di regole che possano permettere una migliore capacità operativa e una maggiore rispondenza fra esigenze dei cittadini e produzione legislativa.
Volutamente, in questa nota, non affronto i temi politici attuali e le dinamiche interne ai vari gruppi che ne determinano le scelte. Dò per scontato che tutto questo, anche se non ne sono convinto, appartenga alla conoscenza dei cittadini.
Lo stallo continuo dei lavori dell’assemblea regionale siciliana e le perenni difficoltà ad operare e decidere mi suggeriscono alcune proposte di modifica della normativa elettorale che potrebbero essere utili a rinvigorire una istituzione che sempre più si riavvita su se stessa.
Innanzitutto dovremmo impedire che si continui a scegliere il Presidente della Regione affidando la sua elezione agli umori o agli equilibri politici del momento per poi subire, anche per cinque anni, le conseguenze di una scelta sbagliata.
Per evitare ciò bisogna eliminare il turno unico di elezione e passare al sistema del ballottaggio per cui gli elettori avrebbero la possibilità di scegliere fra i due candidati più votati e sentirsi più partecipi nella individuazione della scelta migliore e più rappresentati dal candidato vincitore. Ciò senza apparentamento in fase di ballottaggio con l’eliminazione del mercato delle vacche che si determina necessariamente.
Poi bisogna eliminare quella cameretta clientelare e frutto di pressioni più o meno lecite e legali che porta alla formazione di un listino inutile con eletti rappresentativi solo di se stessi.
Gli eletti devono essere solamente i candidati assegnati ad ogni provincia, in base al numero dei suoi abitanti e votati dagli elettori.
Quindi nessun premio di maggioranza anacronistico in un sistema ad elezione proporzionale quale è quello per la elezione dei deputati regionali.
Inserire la clausola del limite dei tre mandati consecutivi e quindi della impossibilità di candidarsi dopo detti mandati per evitare l’assuefazione all’incarico e quindi la possibilità che esso si trasformi in un mestiere dedito all’acquisizione di prebende, favori o attività poco chiare.
Dichiarare lo stato professionale ed autonomo dei dirigenti degli Enti per cui sono cessano il loro mandato al cessare del mandato politico dell’amministratore che li ha nominati dando così ai nuovi amministratori la possibilità di scegliersi i collaboratori magari, come avveniva per i segretari comunali, attraverso la costituzione di un albo apposito.
Si eviterebbe la staticità della dirigenza, la permanenza assicurata in un posto di alta responsabilità indipendentemente dalla volontà espressa dai cittadini, la gestione incontrollabile di un potere immenso, la commistione con ambienti che non mirano a soddisfare le esigenze della collettività, ma i propri interessi anche mafiosi.
Si dovrebbe riproporre, come lo era anni fa, la incandidabilità dei dipendenti dello stesso Ente perché un dipendente che aspira a diventare amministratore dell’Ente per cui lavora o sfrutta la sua posizione per fini clientelari o si contrappone al raggiungimento degli obiettivi degli eletti alla gestione dello stesso.
Infine, ma certamente i punti trattati non sono esaustivi, bisogna dare la possibilità che qualsiasi amministratore eletto per la gestione di un Ente, debba essere messo nelle condizioni di indirizzare l’azione dell’Ente in funzione del programma votato dagli elettori.
In particolare dovrebbe gestire le risorse finanziarie senza compromessi di natura politica raggiungendo l’obiettivo attraverso una modifica legislativa che deleghi l’approvazione del bilancio dell’Ente all’organo esecutivo, quale la giunta, e non a quello politico quale il consiglio.
Infine dovrebbero essere tutelati gli amministratori che intendono gestire la cosa pubblica con onestà, con organismi di consulenza preventiva sull’attività da svolgere e sulla rispondenza deli atti alle varie e complesse normative che incombono sulla pubblica amministrazione.
Ciò sarebbe raggiungibile attraverso la costituzione di gruppi di consulenza provinciali e regionali costituiti da pubblici funzionari che, a richiesta, darebbero un supporto importante ai vari amministratori in base alla materia su cui si deve decidere.
In questa logica va ripristinato il parere obbligatorio e vincolante del segretario comunale per ciò che riguarda la legalità dell’atto e quello del dirigente amministrativo per la copertura finanziaria.
Queste proposte, assieme ad altre di natura più tecnica, potrebbero contribuire a determinare le condizioni per una maggiore trasparenza nella gestione politica e amministrativa dei vari Enti locali.
Siracusa 07/12/2015                                                            Pippo Bufardeci