mercoledì 21 aprile 2010

LETTERA AI SINDACI DI PACHINO E PORTOPALO SULL'APERTURA POMERIDIANA DEGLI UFFICI POSTALI







Mi permetto di porre alla vostra attenzione un problema che sta a cuore ai cittadini di Pachino e Portopalo in quanto la sua soluzione risolverebbe alcuni inconveniente cui sono soggetti nell’espletamento del loro rapporto con gli uffici postali.
Difatti il problema riguarda la possibilità che detti uffici possano osservare anche l’orario di apertura pomeridiana che permetterebbe una maggiore fruibilità del servizio di sportello dal momento che molti cittadini, sopratutto per motivi di lavoro, hanno difficoltà a recarsi presso le agenzie che effettuano il servizio antimeridiano.
Ciò risulta ancora più evidente nel periodo estivo quando l’affluenza turistica raggiunge il suo apice ed anche molti cittadini si trasferiscono nelle residenze estive.
Il servizio postale pomeridiano darebbe una risposta, non solo gradita, ma porterebbe nuovi clienti alle Poste spa anche per i servizi finanziari.
Attualmente questi servizi soffrono la concorrenza bancaria perchè quest’ultima offre la possibilità dello sportello pomeridiano che le rende più funzionali e più rispondenti alle esigenze dell’utenza.
Ci rendiamo conto che la logica commerciale dell’Ente Poste, basandosi sui dati attuali di affluenza dell’utenza ai servizi postali, può ragionare in termini di convenienza economica e di costi del servizio, ma riteniamo che una migliore organizzazione dello stesso può dare risultati migliori anche da questo punto di vista.
Riteniamo, ad esempio, che la scarsa affluenza di utenti presso l’ufficio postale di Marzamemi, sia dovuta al fatto che esso non svolge un servizio alternativo o complementare alle agenzie di Pachino in quanto anch’esso aperto anche nelle ore antimeridiane.
Proporre, ad esempio, l’apertura di questo ufficio solo nelle ore pomeridiane a complemento dell’offerta degli altri, potrebbe aumentare l’utenza complessiva senza costi aggiuntivi per le Poste spa e con maggiore beneficio per i cittadini.
A questo proposito ritengo che, in ogni caso, il sindaco di Pachino debba rivedere le restrizioni dell’isola pedonale favorendo l’accesso dei mezzi dei cittadini e dei furgoni postali fino all’edificio delle poste.
La mia richiesta è forte anche del consenso all’iniziativa manifestato, in pochi giorni, da oltre duecento cittadini che, attraverso l’apposito gruppo costituito su Facebook, hanno evidenziato lo stato di difficoltà dell’utenza pachinese assieme alla constatazione che solo nel nostro paese succede tutto ciò.
Difatti tutti i paesi del circondario, Avola, Noto, Rosolini e lo stesso Pozzallo, hanno gli uffici postali aperti anche nel pomeriggio per cui i cittadini di Pachino sono costretti, molte volte, a recarsi presso questi comuni limitrofi con sacrifici e costi aggiuntivi rispetto ad altri utenti maggiormente considerati nelle loro esigenze.
Per tutte queste considerazioni e per altre aggiuntive che, come amministratori di questi comuni conoscerete meglio di me, vi chiedo un intervento serio ed incisivo presso i competenti organismi delle Poste spa affinchè si possa dare una risposta seria e concreta, anche al di la del mero calcolo commerciale, ad una esigenza che è molto sentita dai cittadini dei comuni di Pachino e Portopalo di cui siete i primi cittadini.

Distinti saluti

Pachino 21 Aprile 2010 Pippo Bufardeci

martedì 20 aprile 2010

SE LA LEGA VINCE CI SARA’ UN PERCHE’.


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Le recenti elezioni regionali sono state archiviate nella memoria collettiva come quelle che hanno visto il trionfo politico della Lega ed un suo inserimento sempre maggiore nelle istituzioni locali.
Assieme al dato di fatto del successo elettorale sono stati evidenziati i motivi, o quelli che si ritengono tali, del perchè di tanto successo a fronte di una situazione politica, istituzionale ed economica molto difficile.
Si è detto, partendo anche del risultato positivo del Popolo delle Libertà, che questo successo si inserisce nel quadro di una credibilità dell’azione di Governo del centro destra a fronte di una opposizione quasi inesistente sul piano dell’attrazione programmatica o comunque non capace di esprimere una linea politica riconoscibile e condivisibile da parte dei cittadini elettori.
Certamente sono tutte valutazioni che hanno una loro logica politica enfatizzate dalla propaganda partitica, ma riteniamo che la motivazione più degna di un approfondimento sia quella relativa al così detto radicamento nul territorio.
La Lega ha fatto passare il concetto, sicuramente anche con l’azione concreta dei propri amministratori, che il radicamento nel territorio non vuol dire occupazione dello stesso, ma conoscenza dei problemi ed avvio delle relative soluzioni.
Naturalmente con tutto l’effetto psicologico di un folklore politico che il suo elettorato vuol sentire e vivere.
Ma la Lega, condivisibile o meno, si comporta come un partito vero che nasce come momento di aggregazione di interessi locali che condivide con i propri elettori sia nella fase della elaborazione iniziale che in quella realizzativa.
Allo stesso modo i propri amministratori dimostrano di svolgere, con serietà, il compito che gli affidano gli elettori secondo una visione di interesse collettivo e di buon governo della cosa pubblica che la politica, nel suo complesso, sembra essersene dimenticato.
La Lega quindi fa, della normalità, la propria straordinarietà in un tempo politico in cui è stata accentuata la deresponsabilizzazione della classe dirigente degli altri partiti che non sentono più il peso del confronto e del giudizio degli elettori, ma solo quello di coloro che sono deputati, con le loro decisioni, a determinare il loro destino politico ed il proseguimento nella scalata alle istituzioni.
Questa mancanza di controllo determina, assieme ad esponenti seri e capaci, la presenza di un sottobosco di politicanti che non conoscono le più elementari norme della politica e dell’amministrazione della cosa pubblica secondo la visione del bene comune.
Vediamo le nostre amministrazioni ed i nostri comuni. Quanti “leghisti” possiamo immaginare di avere che conoscono la funzione dell’amministrazione della cosa pubblica e lavorano in sintonia con il territorio, con gli interessi espressi dai cittadini e con la necessaria onestà che li indichi come politici seri, onesti, capaci e preparati.
Penso che a molti verrà difficile dimostrare di possedere tutte queste qualifiche perchè, bene che vada, gliene mancherà almeno qualcuna.
Compresa, purtroppo, anche quella dell’onestà perchè non sono pochi i bisbigli che aleggiano nella logica della indicazione di politici ed amministratori che agiscono solo o preminentemente in funzione del loro interesse personale anche economico.
Un partito che funziona e che dà conto dell’operato dei suoi uomini ai cittadini elettori porta quasi a zero l’interesse personale dei propri eletti a vantaggio di quelli della comunità dei cittadini.
Ecco allora che la Lega, potrà anche non piacere nel suo modo rozzo di porsi nello scenario politico nazionale, ma se essa rappresenta la positività che gli altri stentano ad esercitare, allora può anche essere un esempio.
Sopratutto per chi si muove nelle logiche di una più o meno manifesta imitazione della Lega con il Partito del Sud che, oltre alle enunciazioni, necessita di contenuti e di pratica politica ed amministrativa che attragga i cittadini elettori nella condivisione di ideali sentiti veramente da tutti e nell’esempio dei propri dirigenti ed amministratori in tema di capacità, conoscenza ed onestà. Abbiamo tutto questo?. Ne parleremo in qualche altro articolo.

domenica 18 aprile 2010

ORTIGIA PALLAMANO PROMOSSA IN SERIE A2.



IN POCO MENO DI 18 MESI DALLA SUA COSTITUZIONE L'ORTIGA PALLAMANO PASSA DAL NIENTE ALLA SERIE A2.
HA STRAVINTO IL CAMPIONATO DI SERIE C SENZA PERDERE MAI UNA PARTITA.
HA VINTO IL CAMPIONATO DI SERIE B SUBENDO UNA SOLA SCONFITTA.
ADESSO SI PROIETTA NELL'AMBITO DELLE SQUADRE CHE CONTANO NELLO SPORT SIRACUSANO.
POCHI GIOVANI DIRIGENTI ED UN GRUPPO DI TECNICI ED ATLETI TUTTI SIRACUSANI HANNO DIMOSTRATO CHE, SENZA ALCUN AIUTO DALLE ISTITUZIONI E CON POCHI SOLDI SI POSSONO OTTENERE GRANDI SUCCESSI.

giovedì 15 aprile 2010

PIU' PROPOSTE E PROGETTUALITA' AL COMUNE DI PACHINO


Ho costituito su Facebook il gruppo: Vogliamo gli uffici postali di Pachino aperti anche nel pomeriggio, perchè è il frutto di una esigenza molto sentita dai cittadini di Pachino. Essa rappresenta anche un passo ulteriore per rendere questo paese più rispondente ad un quadro di progettualità di sviluppo piuttosto che sempre soggetto alla confusione più assoluta.
Come possiamo essere un paese aperto agli altri se un servizio, quale quello postale che dovrebbe essere fra i più elementari da offrire, costringe i cittadini, i turisti ed i lavoratori che hanno la mattianta impegnata, a recarsi in altri comuni per le loro esigenze postali.
Dobbbiamo finalmente capire verso quale direttiva sociale, economica e culturale vogliamo fare sviluppare il nostro paese piuttosto che essere soggetto al primo alito di vento del mattino o allo sbadiglio dell'amministratore o politico di turno che si alza più presto degli altri.
Per fare questo ci vuole il concorso di tutti che, in modo razionale e confacente con le esigenze collettive, studi i problemi e ne individui la soluzione migliore. Questo comporta innanzitutto un impegno culturale per elaborare una strategia di sviluppo che abbia una prospettiva di seria e valida riuscita.In questa logica dobbiamo attrezzarci affinchè i servizi offerti o da offrire rispondano ad una logica di interesse e di sviluppo collettivo.
Se, assieme all'agricoltura, vogliamo puntare sul turismo dobbiamo offrire i servizi necessari ai potenziali visitatori così come dobbiamo trovare sistemi per essere alternativi e specifici rispetto ad altre realtà di cui subiamo la concorrenza.
Allo stesso modo, se vogliamo puntare, così come dobbiamo fare, anche sulla cultura valorizzando le nostre potenzialità esistenti sul territorio, dobbiamo programmare eventi e strutture capaci di farci individuare come nuova realtà credibile e non come scimmiottatori di eventi che gli altri sanno fare meglio e prima di noi.
Ecco perchè come Associazione Pachinesi nel Mondo siamo impegnati ad elaborare proposte capaci di fare cambiare approccio e prospettiva a queste tematiche che saranno le discriminanti dello sviluppo futuro.
Abbiamo proposto la creazione di due musei cittadini con caratteristiche uniche sul territorio, la valorizzazione del poeta Salvatore Di Pietro, il premio internazionale di giornalismo Vitaliano Brancati che già si è posto all'attenzione nazionale, l'acquisizione della vecchia ferrovia, il parco urbano, la ristrutturazione del vecchio macello comunale.
Per essere utili al proprio paese non è necessario ricoprire incarichi politici, amministrativi od altro, ma avere forza, intelligenza , proposte e credibilità.
Se ciascuno di noi farà la sua parte sarà anche possibile accendere una nuova speranza.

domenica 11 aprile 2010

PRIMI PASSI PER RIDARE PROTAGONISMO ALLA POLITICA

Qualcosa si sta muovendo nella politica siracusana nella direzione di una ripresa dell’attività dei partiti a supporto dell’azione amministrativa ed anche nella prospettiva della formazione della classe dirigente.
In precedenti articoli abbiamo sottolineato la mancanza di una progettualità e di una strategia capace di dare unità di intendi all’azione di tanti solisti che si muovono nello scenario politico ed istituzionale provinciale senza coordinamento e quindi con scarsa capacità di incidenza sul territorio.
In particolare avevamo auspicato una presenza più incisiva da parte dello schieramento di centro destra per le maggiori responsabilità che riveste nelle istituzioni provinciali e nei governi regionale e nazionale che lo indicano quale punto di riferimento primario per la soluzione dei problemi dello sviluppo e del lavoro della nostra provincia.
Avevamo altresì evidenziato come, negli ultimi due anni, fatti obiettivi e confusione di strategia politica fra le sue varie anime, ne avevano diminuito l’incidenza sfiorando quasi l’assenza nello scenario politico provinciale.
Ciò ha permesso un affievolirsi dell’azione propositiva rispetto ai gravi problemi che necessitano soluzioni non più dilazionabili e, nel vuoto determinatosi, la ribalta di personaggi politici, sia pure secondari, ma di limitato spessore e del tutto inadeguati ai ruoli cui sono stati chiamati.
E’ successo nell’ambito della Giunta comunale di Siracusa, in quella provinciale ed in molte realtà della provincia compreso il così detto sottogoverno che non può essere luogo di conquista di prebende o di soddisfacimento di interessi personali, ma di attuazione delle strategie di sviluppo che il gruppo politico di maggioranza intende portare avanti nell’interesse del territorio provinciale.
Ecco perché abbiamo salutato con soddisfazione la ridiscesa in campo del coordinatore della PDL, Angelo Bellucci che, negli ultimi incontri con i gruppi consiliari di comune e provincia, ha ripreso in mano la conduzione politica di questi due enti importantissimi nella strategia di concretizzazione dell’azione politica della maggioranza.
Soprattutto ciò ha una valenza maggiore alla provincia regionale dove, stante alle dichiarazioni di molte forze politiche, degli addetti ai lavori e dalle sensazioni che ne ricavano i cittadini, l’azione amministrativa risulta molto raffazzonata e quasi nulla la dialettica fra presidente e gruppi politici consiliari per non dire spesso in netta contrapposizione.
Riteniamo quindi che Bellucci stia facendo i primi passi per ridare protagonismo alla politica, ma soprattutto ai gruppi consiliari che, a differenza della composizione delle giunte,hanno in sé più elementi qualificati a svolgere il ruolo per il quale sono stati eletti dai cittadini.
Certamente esistono problemi ancora legati alla individuazione ed alla conoscenza della strategia effettiva del partito del sud così come alla collocazione del gruppo ex AN transitato nel PDL che non permettono di marciare spediti anche se bisogna prendere atto positivamente delle dichiarazioni dell’assessore regionale Titti Bufardeci in merito alla disponibilità a costituire gruppi consiliari unitari nella logica della coesione politica e strategica che ha sempre caratterizzato il gruppo dirigente ex Forza Italia nella nostra provincia.
Questi segnali positivi, assieme al ritrovato protagonismo delle realtà giovanili del centro destra, fanno sperare che una nuova fase di azione politica sia possibile aprire in questa provincia per permettere un confronto vero sui problemi reali archiviando la fase, non certo esaltante, che abbiamo vissuto nei lunghi e grigi mesi della trattativa sul sottogoverno.

(Questo articolo da me scritto è pubblicato sul settimanale I FATTI di questa settimana con il titolo redazionale : PER FORTUNA CHE BELLUCCI C'E' )

giovedì 8 aprile 2010

L'ASSOCIAZIONE PACHINESI PROPONE L'APERTURA POMERIDIANA DEGLI UFFICI POSTALI DI PACHINO


Come Associazione Pachinesi nel Mondo intendiamo continuare il nostro impegno a favore della città di Pachino seguendo due direttrici fondamentali.
La prima riguarda la disponibilità a contribuire ad individuare direttive di svilòuppo economico sociale e di proporle all'attenzione dei cittadini coinvolgendo aderenti all'Associazione che hanno le competenze professionali necessarie.
La seconda è quella di stimolo e di collaborazione con le amministrazioni comunali al fine di individuare e risolvere problemi che riguardano la qualità della vita dei cittadini di Pachino.
In questa logica abbiamo proposto all'amministrazione comuanli alcuni interventi che abbiamo trattato in precedenti articoli.
Adesso riteniamo di segnalare un problema importante che riguarda la funzionalità degli uffici postali a Pachino ed in particolare alla necessità che gli sportelli vengano aperti anche nel turno pomeridiano.
Attualmente i due uffici di Pachino rimangono aperti solo la mattina così come quello di Marzamemi anche se non per l'intera settimana che risultano essere insufficienti per l'utenza del comune di Pachino sopratutto nel periodo estivo.
Oltre ai cittadini di Pachino e di Portopalo l'interesse per l'apertura degli uffici postali anche nelle ore pomeridiane riguarda i numerosi emigranti ed i turisti che, impegnati durante la mattinata per lavoro o per diletto, non trovendo alcun ufficio postale aperto a Pachino sono costretti a recarsi a Noto o Rosolini o Pozzallo.
Riteniamo che questa penalizzazione non può essere accettabile per cui vogliamo far sentire la nostra voce affinche si affronti e si risolva questo problema.

lunedì 5 aprile 2010

LE GITE COLLETTIVE DI PASQUA E ASCENSIONE




Il lunedì di Pasqua e l’Ascensione erano le feste privilegiate perche, anche i contadini più incalliti, non andavano in campagna per lavoro, ma per divertirsi.
Sopratuto se, queste ricorrenze, cadevano in un periodo dell’anno più prossimo alla tarda primavera che alla fine dell’inverno.
Le spiagge del nostro litorale vedevano i primi bagnanti tuffarsi nelle limpide acque dei Raneddi o della Spinazza così come del Cavittuni o della Citatedda.
Era un vociare di bambini, ragazzi, giovanotti e ragazze in età di fidanzamento che riempivano la fine sabbia delle spiagge di languide occhiate o sorrisi accennati per non dare nell’occhio degli astanti o dei genitori. In una specie di corteggiamento esplicito, ma ambiguo; voglioso, ma castigato; pieno di vita, ma represso nella logica delle caste usanze e della vergogna di ostentare tutto di fronte all’altra gente.
Si sperimentavano i giochi più impensati assieme alle lunghe corse lungo l’infinita spiaggia dei Raneddi che il sole di mezzogiorno rendeva di colore roseo con i granelli pagliuzze d’oro fra il luccichio del mare ed il verde delle dune coperte di viti o di grandi alberi di gelso.
I ragazzi facevano tuffi nell’acqua per attirare l’attenzione delle coetanee e le ragazze,con una cercata disattenzione, si inzuppavano le vesti d’acqua di mare che ne mostrava le forme con una pudicizia accattivante che le anziane si affannavano a coprire nel minor tempo possibile.
Sulla spiaggia, fra i più grandi, impazzava il gioco della mosca cieca perchè la bendatura degli occhi, a turno di un uomo e di una donna, permetteva carezze e toccate del corpo che, fuori dal gioco, sarebbero state foriere di ‘mmazzatini.
Dopo mezzogiorno l’area della striscia di terra fra il mare e le grandi paludi di contrada Raneddi si riempiva di profumo di peperoni e di pesce arrostito al fuoco della legna in bracieri improvvisati ove le donne si affannavano fra grossi peperoni e mulietti ( cefali ) di pantano appena pescati che, sminuzzati ed avvolti in olio di oliva, cipolla e peperoncino rosso abbondante, avrebbero trovato posto in piatti improvvisati di concave pale di fichidindia.
Prendere i grossi mulietti nei grandi canaloni delle paludi era il frutto di tecnica e di esperienza dei contadini della zona nei periodi invernali, ma diventava divertimento ed ilarità nella primavera inoltrata o nel periodo estivo quando l’acqua sotto il calore dei raggi solari diminuiva il suo volume.
Anche i ragazzi potevano entrare scalzi all’interno dei canaloni per rimestare la melma appiccicaticcia del fango sotto i piedi e gli schizzi d’acqua dei pesci che, con balzi felini, cercavano di sottrarsi al loro destino della pronta brace o di un cufino ( grande cesta di vimini o tavola ) preparato con molto sale per la lunga conservazione che arrivava anche fino al periodo della vendemmia ed oltre.
E’ noto che i mulietti, per vivere, hanno bisogno di molta acqua e della possibilità di lunghe corse e brevi fermate a pelo d’acqua perchè la perdita della velocità o la bassa acqua li rende vulnerabili e facilmente pescabili.
Ecco allora che i contadini ranedduoti ( di Raneddi) avevano trovato metodi arcaici, ma efficaci per la pesca dei mulietti.
Nel periodo di acqua alta andavano a pescare con due strisce di reti lunghe quanto la lunghezza della saia ( fossato ) legate ai lati a lunghe canne per renderle rigide e distese ed unite,alla base, da cordicelle in modo da formare una specie di grande e lineare portafoglio da una sponda all’altra.
Con questo rudimentale arnese da pesca ci si immergeva in acqua con due persone che tenevano ai lati la rete aperta fra il letto della saia ed un metro circa dal pelo d’acqua ed una terza persona immersa al centro che, con bastoni o piattelli di latta ,provocava rumore e confusione.
I pesci al sentire quel rumore e nel vedere un corpo estraneo dentro il loro habitat, si raggruppavano fra loro e correvano da un’estremità all’altra quasi impazziti.
. L’ombra della rete che segnalava l’ostacolo in acqua, li costringeva ad effettuare dei salti molto alti , impattando così nell’altra metà posta sulla linea del salto per fermare la loro corsa e scivolare lungo la rete che, chiusa velocemente a portafoglio, racchiudeva le abbondanti prede.
Quando l’acqua era invece molto più bassa e calda ai raggi del sole si vedeva la sagoma dei pesci filare a pelo di superficie e fermarsi ogni tanto per potere respirare prima di un’altra corsa.
Era a questo punto che, armati di grossi bastoni o di corpi contundenti improvvisati, che si assestava repentinamente un colpo alla sagoma del pesce che così galleggiava dopo pochi secondi pronto per essere custodito nei recipienti.
L’altro metodo più estemporaneo di tutti e difficile da spiegare agli amici che abitano in città e non hanno avuto mai il piacere di gustare le stranezze e le delizie della vita paesana e campagnola, era la pesca con i piedi.
Con poca acqua e, per dei più calda, diventa difficile per questi pesci respirare e la poltiglia che si forma nella saia, come in tutto il pantano prima di incominciare ad asciugarsi fino a diventare dura e percorribile anche con mezzi pesanti, non permette idonei movimenti.
Camminando quindi sul fango si avvertiva, sotto i piedi, il movimento del pesce in agonia, ma ancora vivo e buono per la tavola,per cui bastava pressarlo con il piede per impedirne il movimento e abbassare la mano,per pescarlo con grande naturalezza e tranquillità.
Erano le piccole grandi soddisfazioni di chi non conosceva le vacanze nelle mete esotiche o le crociere nei mari del sud, ma all’ombra della logghia difronte ad una piccola casetta di campagna messa su con pietre di muro a secco e di canne e fraschi di carpitieddu per tetto.
Oppure dentro i pagghiari di liane ed erba essiccata in fasci legati gli uni agli altri su uno scheletro di rami di alberi di gelso che, senza saperlo ti davano, a due passi da casa, il sapore etnico dell’Africa senza pensare che, forse da grande, saresti andato a cercare questo nero continente per non essere da meno nel dimostrare il tuo amore per il turismo alternativo, naturale ,ecologico ed etnico.
Ampi bicchieri di vino nero accompagnavano quel sapore bruciacchiato e selvatico del pesce assieme al pane inzuppato di succo ed avvolto nei peperoni arrostiti.
Il vociare si espandeva da un luogo all’altro ed i gruppi, anche se distanti, facevano diventare la festa uno schiamazzo collettivo di suoni, musica e grida come solo i pachinesi sanno fare quando parlano fra loro anche sottovoce per superarsi nel farsi sentire e per attutire la forza del vento che impone spesso i suoi suoni e la sua voce in quel lembo di terra fra lo Jonio ed il Mediterraneo.
E spesso, nelle gite, non si poteva non accontentare questi due mari quasi come un rito pagano di esorcizzazione del loro scorrere e del loro avvolgersi con i desideri dei venti.
Così, secondo un’usanza consolidata,ci si scambiava le visite per cui se dei parenti erano venuti in un’altra occasione di festa, bisognava ricambiare e ci si spostava nel luogo ove anche loro festeggiavano con altri parenti ed altri amici.
Le carovane di vacanzieri erano quindi, quasi sempre, destinati ad accrescersi.
Si andava nella spiaggia del Cavittuni sulla costa fra Marzamemi e Portopalo ove nella bellissima insenatura di Muriedda ( Morghella), al riparo dalle folate del vento, si lavava e si stendeva nei ciuffi d’erba al sole la biancheria che doveva formare la dote per le nozze imminenti o ci si spostava fino allo scoglio a strapiombo sul mare dell’acque palummi. Quì piccoli gorgoglii d’acqua dolce sgorgono dal salato del mare per riempire caputi d’acqua per lavarsi e per bere nel ricordo delle navi e degli uomini che, millenni prima, avevano preceduto e compiuto gli stessi riti per le stesse esigenze anche senza la storicizzazione come il mito di Aretusa e d’Alfeo di siracusana leggenda.
Oppure ci si rotolava negli alti mucchi di alghe della zona Spinazza che il mare accumulava ed accumula ogni anno prima dei bagni estivi.
Ma la gita che più mi intrigava era quella legata alla visita di alcuni parenti che avevano un piccolo appezzamento di terreno in contrada Citatedda che adesso è parte integrante della riserva naturale di Vendicari.
Questo terreno aveva una particolare caratteristica in quanto custodiva un antico cimitero saraceno ancora intatto ed una chiesa anch’essa dello stesso periodo e che, a quei tempi, non aveva avuto alcun interessamento da parte della sovrintendenza al patrimonio culturale perchè, nel periodo post bellico, si dava più peso alla cottura che alla cultura.
Ammiravo l’interno della chiesa ancora con visibili affreschi religiosi e mosaici raffiguranti forme di rara bellezza che stridevano, abbassando gli occhi, con lo sterco degli asini legati alla mangiatoia ed al fumo della tannura che, assieme ad arnesi rurali e cianfrusaglie d’ogni genere, vi trovavano rifugio.
Degradando verso il mare, quasi come un piano inclinato che permette la vista dell’orizzonte dal quale forse quei guerrieri erano arrivati per trovare la morte nel suolo della nostra terra, larghi lastroni di pietra delimitavano l’ampiezza delle tombe che a decine risplendevano fra cipolle,ciuffi di cicoria, carciofi, lattuga ed ogni altra verdura che veniva semianta o germogliava spontaneamente, per la gioia dei contadini, negli stretti solchi di terra fra le tombe abbandonate.
Spesso per accontentare i curiosi, ed io ero fra questi, qualcuno fra i parenti presenti preparava il fesi (piccone ) e ci accompagnava verso le tombe. Su nostra indicazione scavava attorno ad essa o la scoperchiava per farci rinvenire qualcosa appartenuta a quei storici morti.
Ecco allora che dopo secoli di riposo veniva fuori un pezzo d’osso, un dente, una scheggia metallica coperta di terra oppure, se lo scavo era profondo, anche qualche teschio
I contadini improvvisati storici raccontavano di anelli e tesori rinvenuti, di battaglie consumate e vinte, di amori e di odi, di amici e nemici.
Aleggiava quasi lo spirito di novelli crociati che, nel vedere quei lembi di reliquia, si reincarnavano per rivincere i saraceni, o siracusani ed elorini i romani ed i cartaginesi in un mescolio di popoli e civiltà che, dallo scosceso terreno che calpestavamo, avevano proiettato il loro sguardo negli orizzonti e nei tramonti dell’azzurro del mare nostrum e riversato il rosso del loro sangue di guerrieri nella brulla terra e nella dorata sabbia.
Ma il vento dell’imbrunire e l’odore del sugo rosso con carne di maiale e salsiccia arrosto pronti in compagnia di piatti di pasta e carrateddi di vino ci riportava alle succulente pietanze ed ai piaceri della gita che volgeva al termine fra gli ultimi schiamazzi, i saluti e gli scroscianti baci che tutta la comitiva si dispensava nel momento del ritorno a casa.
Gli animali venivano nuovamente imbracati ai carri, si legavano le sedie con corde di vimini nelle spalliere dei carri per fare sedere le donne mentre i bambini si sedevano alla rinfusa sulle tavole del piano del carro e le prime coperte e gli scialletti coprivano chi incominciava a non sopportare la fresca ombra che accompagnava il calare della sera.
Lentamente i carri si avviavano verso casa nel solco di quel lungo peregrinare dell’abitudine giornaliera fuori di festa che riconduceva al duro lavoro dei campi e faceva scorrere pigramente una vita di stenti.


( Questo mio articolo è stato pubblicato nel numero di aprile della rivista culturale Archè in distribuzione gratuita nelle edicole di : Rosolini, Pachino, Modica, Pozzallo, Ispica, Noto. Chi desidera avere informazioni o diventare fan della rivista può cercarla su Facebook)