martedì 3 luglio 2018


PASSARE DALLE FAIDE PREELETTORALI AL LAVORO DI SERVIZIO PER LA CITTA’

Le recenti elezioni comunali che si sono svolte nella città di Siracusa hanno spazzato via molte certezze e determinato condizioni di quadro politico ed amministrativo impensabile qualche mese fa.
La giunta uscente del sindaco Garozzo era stata presentata, senza peraltro esagerare, come invisa alla città ed incapace di creare le condizioni di una riconferma tantè che lo stesso Garozzo aveva sentito la necessità politica di farsi da parte affidando lo scettro della lotta politica al suo vice Italia che a molti poteva dare la sensazione di una chiamata di responsabilità e di correità.
In questo quadro d’inizio non giocava bene nemmeno la sconfitta politica del partito democratico ed il suo ridimensionamento a livello nazionale.
Le situazioni obiettive in cui si trovava il partito a Siracusa non lasciavano presagire nulla di nuovo se si considera che viveva una profonda spaccatura che, in fase di presentazione delle liste, si è materializzata con la formazione di una squadra ufficiale forte di un deputato regionale appena eletto e supportato dalla lista civica “Presenza Cittadina”.
La squadra spuria era costituita dai seguaci del sindaco Garozzo che, estromessi dall’ufficialità dell’essere piddini, cercava una propria consistenza di quasi affermazione di presenza politica almeno nel contesto cittadino.
Il centro destra invece si coagulava, non senza fatica, sul candidato Ezechia Paolo Reale cui si voleva dare una seconda possibilità non avendo superato la prova ballottaggio nelle precedenti elezioni comunali anche se, nel frattempo, aveva fatto parte, in qualità di assessore, della giunta di sinistra presieduta da Crocetta in antitesi con le forze di centro destra.
Di queste forze di minoranza regionale aveva fatto parte l’on. Enzo Vinciullo dando il suo fattivo contributo in termini politici e di esperienza.
Logica politica avrebbe voluto che Vinciullo rappresentasse il centro destra nella sfida elettorale comunale sia perché da molti riconosciuto capace di svolgere con grande competenza il ruolo stesso, sia per la dimostrazione di forza in termini di voti personali che aveva palesato nelle recenti elezioni regionali.
Tutto ciò, per logiche politiche che spesso gli elettori non capiscono, aveva portato ad uno schieramento finale che aveva visto coagularsi un insieme di liste, attorno alla candidatura di Reale di una potenza tale da poterle assicurare l’elezione direttamente senza che si passasse dal ballottaggio.
I risultati della prima votazione stavano per fare avverare la previsione se non fosse successo l’incidente dovuto ad un insieme di voti disgiunti che hanno portato il candidato sindaco Reale ad avere meno voti dello schieramento e di sfiorare la fatidica soglia del 40% capace di assicurargli la vittoria al primo turno.
Il ballottaggio, affrontato dal centro destra con l’euforia della vittoria facile, vista la distanza fra Reale ed il candidato del PD Italia, è stato considerato quasi una formalità.
Per questo non si sono tenuti in debito conto almeno due fattori importanti.
Il primo rappresentato dalla dimostrata poca empatia fra il candidato sindaco Reale ed i cittadini siracusani.
Il secondo dalla caduta di tensione e di spirito battagliero da parte degli eletti nelle liste del centro destra e da parte dei non eletti.
Ciò dovuto al fatto che, avendo le liste collegate a Reale superato il 50% dei voti validi espressi dopo la sottrazione dei voti delle liste che non avevano superato il 5% necessario per assicurarsi la presenza in consiglio comunale, i giuochi erano già fatti e conclusi.
Difatti non ci sarebbe stato l’impulso per ottenere il premio di maggioranza in quanto i seggi consiliari erano già noti nel numero e nelle persone perché si sarebbero assegnate con il proporzionale determinando così un collettivo rilassamento nell’impegno.
Detto rilassamento avrebbe anche coinvolto con maggiore forza gli elettori non più sollecitati dai candidati in bilico, dalla domenica balneare e dalla convinzione che il gap elettorale del primo turno a favore di Reale non sarebbe stato colmato dalla sinistra e dai suoi apparentati dell’ultima ora nonché dalla tendenza, storicamente consolidata, degli elettori del centro destra a disertare i ballottaggi.
Se a questo si aggiunge la pessima azione comunicativa svolta dagli strateghi di Reale in fase di ballottaggio che hanno rappresentato un candidato statico attorniato dai consensi di solidarietà e vicinanza espressi da politici e forze elettorali logorate nel rapporto di credibilità con gli elettori, si capisce perché il tutto ha prodotto una nuova frittata per il candidato e una dimostrazione di insipienza politica da parte delle forze politiche che lo appoggiavano.
Italia si ritrova quindi a vincere l’elezione di Sindaco della città di Siracusa superando ogni ragionevole pronostico della vigilia perché, nel catino elettorale dei voti validi, si ritrova con più adepti che partecipano alla votazione di ballottaggio rispetto al rompete le righe degli adepti di Reale.
Quindi la scarsa affluenza alle urne nel turno di ballottaggio agevola la vittoria di Italia che adesso dovrà dimostrare, con un consiglio comunale che parte con una forte maggioranza legata agli oppositori, di avere equilibrio nell’azione amministrativa, di coinvolgimento di tutti gli eletti nelle scelte strategiche per la città e di evitare un isolamento che, spinto anche dalla volontà di rivalsa dei suoi adepti e dai suoi alleati, lo porterebbe ad un clima di tensione di cui non ne ha bisogno e di cui sarebbe soprattutto vittima la città di Siracusa che non ne ha assolutamente bisogno.
Di auguri ne ha certamente bisogno il nuovo sindaco, ma anche gli eletti del centro destra che devono capire che adesso non sono più candidati guerrieri, ma consiglieri comunali che hanno anche nelle loro scelte il destino di Siracusa e dei siracusani.

Siracusa 02/07/2018                                                              PIPPO BUFARDECI

( PUBBLICATO SUL PERIODICO TIMEOUT DAL 3/7/2018 IN EDICOLA)

giovedì 8 marzo 2018


IL VOTO DEMOCRATICO VA SEMPRE RISPETTATO
MA VANNO RISOLTI I GRAVI PROBLEMI DEL SUD


Sarebbe superfluo dirlo, ma di questi tempi politici è opportuno rimarcare che, in tutte le democrazie, il dato elettorale va rispettato perché trattasi sempre della espressione della volontà del popolo sovrano.
Ciascuno è anche libero di non condividere, di verificare le ipotesi di governabilità ed i programmi dei vincitori nonché le motivazioni che hanno eventualmente delegato la propria parte politica a svolgere un ruolo diverso dalla maggioranza, ma il dato incontrovertibile che esce dalle urne va sempre rispettato.
Detto questo, nel prendere atto dei risultati delle recenti elezioni politiche, dobbiamo evidenziare subito che esse sono state uno spartiacque nel sistema politico degli ultimi anni e quindi lo potrebbero essere anche nella gestione delle istituzioni nazionali e nei rapporti con il sistema complessivo dell’unione europea di cui facciamo parte integrante.
Sul piano strettamente elettorale dobbiamo evidenziare che l’affermazione del movimento Cinque Stelle ed in forma più ridotta della Lega, evidenziano che gli elettori si sono affidati a chi ha acceso speranze nel grigiore della situazione sociale, politica ed economica in cui si trova da parecchi anni il nostro Paese e che gli indubbi spiragli di ripresa non sono stati ancora percepiti dai cittadini che si sentono senza certezze per il futuro.
Certamente bisogna capire poi se le speranze saranno esaudite o se sarebbe stato meglio affidarsi agli spiragli secondo un percorso di piccoli passi, ma sicuri, rispetto alle volate che portano in se il rischio di inciampare.
Sta di fatto che i cittadini elettori hanno scelto di sposare i buoni propositi, anche se aleatori, ma spinti anche da una mancanza di fiducia e di credibilità verso le altre forze politiche che, avendo gestito le istituzioni in molti anni, non sono state capaci di rispondere positivamente alle mutate esigenze sociali ed alle nuove situazioni di difficoltà nella gestione della vita di tutti i giorni.
Ciò anche se la vittoria dei cinque stelle e della Lega ha una base attrattiva diversa per zone diverse di elettorato che ha problemi diversi di vivibilità nel proprio territorio.
Non per niente i Cinque Stelle hanno vinto nella fascia del Paese che rappresenta il meridione e la Lega in quella più settentrionale dove i problemi, le aspettative e la vivibilità delle rispettive popolazioni sono molto differenti.
Quindi anche nella espressione del voto e nel radicamento territoriale delle forze politiche non vi è una omogeneità di presenza su tutto il territorio nazionale per cui si manifesta con più visibilità la presenza politica e sociale di due Italie che si esprimono in modo diverso, che hanno problemi diversi e che si chiudono nel loro particolare a difesa dei loro interessi o delle loro aspirazioni generando quindi partiti espressione del particolare e non della omogeneità strategica di una visione collettiva nazionale.
I partiti cosiddetti nazionali, quali Forza Italia e Partito Democratico, hanno anche nel loro fardello della sconfitta il non avere saputo omogeneizzare un quadro strategico nazionale capace di sviluppare il senso di appartenenza in un contesto nazionale con uguali diritti e doveri che si concretizzano in un quadro di sviluppo economico, di servizi, di opportunità e di vivibilità sociale uguale fra tutti i cittadini indipendentemente dalla zona di residenza.
Poiché questa esigenza di uguaglianza, sommata alle contingenze riguardanti i nuovi fenomeni di massa dell’emigrazione, della sopravvenuta povertà e dell’accentuato bisogno di sicurezza, non è stata assicurata dalle classi politiche governanti, il cittadino ha cercato di farsi sentire attraverso l’utilizzo di contenitori capaci di coagulare i differenti malcontenti del meridione e del settentrione messi a disposizione dai Cinque Stelle e dalla Lega.
Personalmente non ritengo che il voto del meridione sia dovuto alla promessa effimera e irrealizzabile del reddito di cittadinanza, così come all’abboccare alle menzogne della comunicazione politica che pur c’è stata in modo preponderante rispetto alle proposte concrete, ciò pur ammettendo che non effimere percentuali di cittadini abbiano risposto con entusiasmo a questi messaggi psicologici da paradiso arabo estremistico.
La vittoria dei Cinque Stelle non può essere dovuta solo a queste cose perché la massiccia adesione dei cittadini alle liste pentastellate di diversa cultura e sensibilità sociale, dimostra che la rabbia interiore creatrice del dissenso ha argomenti più seri ed importanti.
E’ più realistico pensare che la rabbia è frutto della visione dei trasporti obsoleti che non funzionano, dei paesi isolati per anni dalle frane, dalla viabilità inesistente, dalla sanità peggio dell’era borbonica, dalla scuola alloggiata nei tuguri dei paesi, dagli impianti sportivi inesistenti, dal soddisfacimento dei bisogni sociali degli anziani e delle categorie più diseredate lasciati sulle spalle delle famiglie, così come l’impoverimento sempre più marcato per l’assenza di lavoro o per il venir meno degli affetti dovuti alla forzata emigrazione o del depauperamento culturale per l’abbandono dei giovani intellettuali e per lo spopolamento dei nostri paesi che fanno morire le radici del nostro essere e della voglia di futuro.
Basterebbero solo alcuni aspetti di quelli elencati per giustificare una rivoluzione seria delle popolazioni meridionali.
Il problema delle rivoluzioni sta negli eccessi ingiustificabili che esse producono e quelle della scelta del contenitore politico per canalizzare il dissenso sta nella capacità della forza politica di tradurre in fatti concreti e rispondenti ai desiderata dei cittadini le problematiche evidenziate con la rivoluzione politica.
Su questo, pur augurandomi risultati positivi, nutro forti dubbi e vedo nuove illusioni per i cittadini.
La vittoria della Lega nel settentrione, con la scomparsa della egemonia di Forza Italia nel raggruppamento del centro destra, è il frutto dell’intercettamento delle aspettative di miglioramento delle esigenze di vita di quelle popolazioni e l’interpretazione di una visione egoistica dei loro interessi che Bossi manifestava in modo rozzo e grossolano e che Salvini ha saputo rendere più moderno, con un partito che toglie la parola nord per essere più nazionale e più forte, con una irruenza politica che mette in evidenza le divisioni non più territoriali, ma sociali e umane fra tutti i cittadini – attori della nazione e fra questi e coloro che cercano rifugio o lavoro nel nostro territorio sia per fuggire ai sommovimenti politici e alle guerre  e sia per cercare maggiori possibilità di vita migliore nel nostro territorio o in Europa.
Il tutto per soddisfare la sua sfrenata voglia di diventare leader politico nazionale quale passaggio necessario per guidare il Paese da presidente del Consiglio.
Ciò per il coronamento di un disegno strategico delle classi dirigenti del nord che hanno scientificamente contribuito, sia sul piano politico che economico, a creare sempre le condizioni per allocare al nord tutti gli strumenti necessari per arricchire ancora di più quelle regioni e portarli a livello di sviluppo economico delle regioni più evolute dell’Europa.
Il tutto lasciando nella povertà economica, infrastrutturale, sociale, sanitaria, scolastica e scientifica le regioni del meridione assorbendone anche le migliori espressioni umane perché localizzando le opportunità di lavoro in una sola zona del paese impone l’emigrazione intellettuale che rende sempre più ricche le regioni di arrivo e sempre più povere quelle di partenza.
Ciò è stato possibile con la compiacenza di una classe politica e dirigenziale del meridione asservita alle indicazioni delle classi dominanti settentrionali sia per soddisfare un effimero tornaconto personale, sia per incapacità culturale e propositiva secondo un retaggio di nuovo ascarismo.
Adesso non possiamo che prendere atto dei risultati elettorali e sperare che si possano creare le condizioni per la formazione di un Governo che tenti di mettere in atto le difficili e contraddittorie promesse elettorali, ma il dato di lungo periodo e di strategie politica deve essere ricercato in un soggetto politico che prenda atto della sostanza del dissenso del meridione e non solo dell’aspetto folcloristico e propagandistico di un meridione solo asservito alle effimere proposte di un reddito senza lavorare e sappia invece cogliere l’essenza interiore di un dissenso reale ed ineludibile per proporre e realizzare le giuste soluzioni per colmare, in tempi brevi, le diseguaglianze gravi e profonde.
Se non saranno date risposte serie e concrete ai problemi vitali di convivenza anche politica e sociale, dei cittadini del Meridione, la fluidità del consenso potrebbe tradursi in aspetti non controllabili facilmente dallo svolgersi della tranquillità del quadro sociale, politico ed istituzionale.

Pippo Bufardeci 
06/03/ 2018