giovedì 30 dicembre 2021

 DALLA DEMOCRAZIA ELETTIVA  ALLA PARTECIPATA

Il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica non si è caratterizzato solo per lo stravolgimento politico che si è creato, ma soprattutto per ciò che ha rappresentato sul piano del rapporto fra i cittadini elettori e gli eletti.

Nella prima repubblica il cittadino elettore non solo sceglieva il proprio rappresentante nelle istituzioni attraverso la individuazione di un nome fra i tanti proposti, avvalendosi della segnatura della propria preferenza, ma concorreva a determinare la composizione della stessa lista attraverso una partecipazione attiva.

La partecipazione attiva si estrinsecava nell’ambito delle strutture dei partiti attraverso le tante assemblee ai vari livelli territoriali e statutari, ma anche attraverso le varie associazioni rappresentative delle esigenze sociali, economiche e categoriali.

Il sistema proporzionale assicurava, pur con i suoi limiti, la individuazione dei candidati, la scelta del singolo rappresentante e la rappresentanza delle varie articolazioni della società.

Questo sistema assicurava un rapporto diretto e continuo fra il territorio, l’eletto ed i suoi elettori.

Il sistema maggioritario e l’assenza della espressione della preferenza hanno determinato le condizioni dell’arroccamento fra gruppi anche disomogenei al loro interno, ma sommatisi elettoralmente per garantire l’aspetto matematico e non politico e per poter vincere le elezioni.

Dalla democrazia rappresentativa e partecipata siamo passati alla democrazia solamente elettiva.

L’organizzazione piramidale dei gruppi politici ha portato la proposta politica a rivedersi in un personaggio leader del gruppo capace di dettare le indicazioni di voto senza una proposta politica condivisa con le comunità che si vogliono rappresentare e senza alcuna partecipazione dei cittadini.

I cittadini hanno smesso di conoscere e di riconoscersi nell’eletto loro rappresentante perché è stato scelto dall’alto, spesso lontano dal territorio e preoccupato solo di ossequiare il capo che lo dovrebbe rimettere in lista e gli elettori devono solo fare un segno della croce sulla scheda.

Le prossime elezioni, indipendentemente dalla data di svolgimento, continueranno a perpetuare questo atipico sistema elettorale che è ritenuto meno importante dei sondaggi e dà solo parvenze di democrazia in quanto la cosiddetta stabilità, quasi mai verificatesi, è ritenuta, strumentalmente, meno importante della democrazia

Sono consapevole che, allo stato delle cose, difficilmente verrà cambiato il sistema elettorale a favore dei cittadini elettori perché toglierebbe il potere monarchico al capo squadra e la gioia di avere sudditi al posto degli elettori.

Solo se avessero il coraggio di fare ciò che dicono e non fanno mai, si potrebbe concretizzare un grande passo avanti verso la partecipazione dei cittadini alla determinazione della propria rappresentanza con una semplice modifica alla legge elettorale.

Basterebbe, allo stato, inserire il sistema del ballottaggio fra i due candidati che, nel collegio, hanno ottenuto i due maggiori quozienti, come avviene per i sindaci, e si ripristinerebbe in parte la capacità di scelta degli elettori, un rapporto più diretto fra eletto e territorio e un impegno istituzionale con maggiore conoscenza delle problematiche locali. Male cose semplici non sono di questo mondo.

Pippo Bufardeci

 

 

 

 

 

 

sabato 2 ottobre 2021

 


GLI ARTIGLI DELLA LEGA SUL PROGETTO INTEL IN SICILIA

IL LAVORO VA SEMPRE AL NORD? TACCIONO I SICULI-LEGHISTI

 





Il progetto della multinazionale Intel di posizionare un proprio stabilimento di microelettronica in Italia, nell’ambito della strategia europea per lo sviluppo, l’occupazione e la competitività della propria economia, ha già evidenziato gli artigli leghisti che, per bocca del ministro leghista allo sviluppo economico Giorgetti, assegnano prioritariamente al Piemonte questa opportunità di ulteriore sviluppo.

Si fanno quindi benedire tutti i proclami leghisti a favore del Sud e della Sicilia e dimostrano la falsità di un’azione politica che, puntando sulla consolidata storica disponibilità servile degli ascari locali, mira solamente a raccogliere quanti più consensi possibili al Sud per utilizzarli a favore degli interessi esclusivi del Nord.

Eppure questa volta non possono dirci che vogliamo costruire cattedrali nel deserto. Non possono dirci che non abbiamo pronti i siti necessari per l’insediamento. Non possono dirci che non abbiamo le esperienze, le competenze, i centri di ricerca idonei, le professionalità, le competenze universitarie e persino il capitale umano ai vari livelli da utilizzare.

Il sito dell’Etna Valley, dove già opera da molti anni la STMicroelectronis ed altre aziende già impegnate nel settore strategico della nanotecnologia e della microelettronica, così come la zona industriale del siracusano, come ha proposta il sindaco di Priolo Pippo Gianni, con le sue strutture ed i suoi capannoni già disponibili, potrebbero in sinergia, rappresentare le condizioni più idonee per l’allocazione del sito della INTEL.

Potrebbe essere questa una concreta e fattibile soluzione per determinare le migliori condizioni di sviluppo per il Sud e la Sicilia basato sull’innovazione tecnologica e sulla produzione di elementi fondanti per l’economia del futuro.

Eppure c’è chi, come la Lega, lavora sempre per depredare il Sud e la Sicilia a favore degli interessi del Nord lasciando lo sviluppo economico del nostro territorio all’elemosina del reddito di cittadinanza anche se, a parole, ne chiede la soppressione, ma nei fatti ci impedisce di superarlo con lo sviluppo serio, vero e concreto e con la conseguente occupazione frutto di lavoro stabile e prospettico.

Su tutto questo la pseudo classe politica meridionale, passata velocemente al servizio degli interessi elettorali della Lega, tace senza ritegno.

Questo treno importante non può passare con la passività complice dei meridionali, ma deve essere difeso con le unghie ed i denti perché potrebbe essere definitivamente l’ultimo.

Basta con le logiche dei partiti e con gli interessi di bottega, ma necessita una strategia d’insieme per impedire ulteriore arretratezza del meridione e depauperamento del suo tessuto umano.

Sr 02/10/2021                                                                  PIPPO BUFARDECI

 

domenica 6 giugno 2021

 

GLI ELETTORI POLITICAMENETE ZOMBI RATIFICANO QUELLO DECISO DA ALTRI

 

Una amministrazione comunale qualsiasi ed il sindaco, in particolare, deve essere l’espressione diretta di un territorio che non è soltanto ricevere il consenso dei cittadini, ma deve conoscere i problemi del comune che deve amministrare ed i cittadini devono riconoscersi in chi li amministra.

Da qualche decennio a questa parte i cittadini votano un determinato candidato senza averlo scelto e, spesso, senza nemmeno conoscerlo.

Ciò perché siamo passati, in tutte le elezioni, tranne che per le regionali dove resiste il proporzionale e la preferenza, dalla democrazia della partecipazione alla democrazia del consenso.

I cittadini elettori non scelgono chi li deve amministrare attraverso la conoscenza e la scelta, con una preferenza diretta, per affidagli le sorti del proprio comune o degli altri organismi elettivi.

I cittadini sono solo chiamati a dare il loro consenso alle scelte operate da altri senza alcuna possibilità di intervento in fase di votazione per cui è come se inserissero nell’urna una scheda già votata.

L’elettore diventa quindi non più colui che incide sulla sostanza della scelta politica che opera votando, ma un campione statistico che assegna agli eletti ed ai partiti la percentuale di voti che li fa eleggere o sconfiggere.

E l’eletto non risponde più ai cittadini elettori, ma a coloro che lo hanno indicato per il compito ratificato dagli elettori senza altra alternativa possibile.

Né possiamo dire che l’alternativa è rappresentata dagli altri candidati perché anche loro sono scelti senza alcuna partecipazione dei cittadini e comunque l’alternativa improntata solo sul paino dei singoli soggetti elimina le motivazioni culturale e la visione sociale che i candidati devono possedere per le proposte di soluzione dei problemi inserite nei loro programmi.

Lo sfacelo dei partiti e dei gruppi portatori di istanze culturali e politiche hanno determinato un modo di aggregazione del consenso sul piano del leader o del gruppo di interessi momentanei secondo un sistema di tifoseria e non di aggregazione su idee e prospettive.

Siamo passati da una democrazia partecipata ad una democrazia del semplice consenso alle scelte immodificabili operate da soggetti che decidono senza essersi sottoposti al giudizio dei cittadini. Vedi il ruolo svolto da Bertini, per il PD, nell’ultima crisi di Governo senza che avesse mai avuto un’investitura da parte dei soci di quel partito o dai suoi elettori o dagli organismi interni.

Basta anche seguire il balletto delle candidature per le prossime elezioni amministrative, soprattutto per i comuni a forte consistenza di popolazione per rendersi conto dell’aberrazione dei metodi usati per la scelta deli candidati sindaci.

I grandi assenti sono solo i cittadini che non partecipano a nessuna scelta in quanto è strettamente di competenza di personaggi, organismi appiccicaticci, di interessi vari di gruppi politici, economici o di varia natura che determinano la candidatura e poi l’azione funzionale nell’ente pubblico del soggetto che va mandato, come un corpo estraneo, al cospetto del falsificato consenso del cittadino che scimmiotta il suo diritto primario di scelta.

Anche la situazione della città di Siracusa rappresenta un caso anomalo di investitura politica di un rapporto cittadini – sindaco la cui azione non passa attraverso nessun controllo popolare, anche se avverrebbe tramite gli eletti in consiglio comunale, perché un commissario esterno non è né il popolo né portatore di interessi della cittadinanza che si amministra.

E’ chiaro che dal punto di vista giuridico l’attuale Sindaco di Siracusa non lede nessuna norma, ma politicamente è menomato perché la sua rappresentanza delle istanze popolari non può passare solo attraverso i componenti la giunta municipale da lui stesso scelti o suggeriti o imposti da gruppi esterni così come il rapporto con un funzionario esterno a Siracusa, che svolge il ruolo di commissario, non può sostituire il consiglio comunale come organismo di rappresentanza delle istanze dei cittadini.

Bisogna che la normativa che sopraintende alle situazioni regolamentari verificatesi a Siracusa con l’autoscioglimento, per dolo del consiglio comunale, deve prevedere una immediata rielezione del consiglio decaduto magari impedendo la rielezione dei consiglieri che ne hanno provocato la decadenza.

Ma una politica nominativa di leader senza partecipazione della base e senza i fondamentali culturali di una ideologia che aggreghi e faccia partecipare i cittadini e non i tifosi del momento, hanno la volontà di cambiare ed eliminare le gravi distorsioni del sistema?

Pensiamo proprio di no.

 

Siracusa 17/05/2021                                                                     Pippo Bufardeci

 

domenica 17 gennaio 2021