mercoledì 17 dicembre 2014




LA CORRUZIONE POLITICA NON HA TEMPO NE’ SPAZIO, MA UOMINI.

Anche le recenti inchieste giudiziarie hanno evidenziato che la corruzione investe il nostro Paese ed hanno riproposto il rapporto fra affari, spesso malavitosi, ed esponenti politici.
E’ un fenomeno che persiste in qualsiasi periodo storico del nostro Paese, con qualsiasi reggenza politica dello Stato ed è indipendente da un singolo partito o da un periodo elettorale od economico particolare.
Penso che l’interpretazione di natura ideologica data da molte forze politiche e da una cospicua parte della magistratura nell’affrontare il periodo del fenomeno cosiddetto di mani pulite abbia ridimensionato la gravità del fenomeno stesso in quanto lo ha racchiuso nell’alveo di un partito di governo e ingenerato l’idea che, sparito questo partito, sarebbe sparita la corruzione.
Abbiamo visto che, non solo non è stato così, ma che il fenomeno corruttivo  e del rapporto fra affari e criminalità ha continuato ad avere un suo sviluppo sempre più sofisticato in qualsiasi periodo e con qualsiasi partito.
Non vi è stata una forza politica che si sia dimostrata immune  mentre si andavano dissolvendo anche tutti i bastioni di certa parte dell’anti corruttela tendenti a dimostrare che solo alcuni partiti ed alcune fasi del sistema politico italiano potevano essere stati attaccati dalla corruzione.
E’ crollato il muro della sinistra che addossava le responsabilità ad una casta politica ancorata al sistema di potere della DC; è in parte crollato il convincimento che la magistratura ne fosse solo l’angelo vendicatore immune da ogni peccato; è crollata la verginità del nuovo incarnato da Forza Italia e dai suoi alleati della destra, così come si è dimostrato che la sinistra, dove ha potuto, ha alimentato la corruzione e ne è stata partecipe.
E’ stato ed è, quindi, un fenomeno che esiste in quanto tale e che l’unica ideologia che lo accomuna e lo alimenta è quella della ricerca della ricchezza utilizzando le posizioni di potere che si hanno, i contatti con  gli ambienti della finanza e coinvolgendo, per poi rimanervi succubi gli ambienti malavitosi facenti capo a tutte le organizzazioni  più o meno organizzate in forma nuova o tradizionale.
Quindi, alla fine, se vogliamo affrontare il problema della corruzione  per debellarla, dobbiamo prendere atto che non è la politica che alimenta la corruzione, ma gli interessi di gruppi malavitosi che trovano sponda in soggetti che fanno politica e che sostanzialmente sono dei malavitosi anch’essi infiltrati fra le larghe maglie della politica.
Un problema di uomini e non di idee politiche, né del posizionamento destra, sinistra o centro.
In tutti gli schieramenti vi sono persone oneste che operano per il bene comune non infangando la credibilità della politica vera e sono coloro che in modo prioritario risultano essere vittime sacrificali dei corrotti in quanto infangati indirettamente come politici e come operatori della politica.
Allora il problema, a mio avviso, è quello di prendere atto che il fenomeno della corruzione è un dato neutro che esiste in quanto tale e va affrontato ovunque con durezza e con la certezza che non esiste immunità dietro nessuna sigla sia essa della politica, della magistratura, dei grandi o piccoli guru della finanza e dell’industria così come della criminalità più o meno organizzata.
Tutti devono sapere che essere corrotti o corruttori vuol anche dire che prima o poi la pagheranno cara.
Ma anche gli operatori politici che detengono le leadership dei vari partiti o movimenti a livello nazionale  e locale devono impegnarsi a che i fenomeni corruttivi vengano estirpati all’origine con una organizzazione diversa dei vari contenitori politici che presiedono ove la legalità e la trasparenza organizzativa, statutaria ed economica siano evidenti e controllabili.
Anche la propaganda ideologica o elettorale tesa alla ricerca del consenso si deve autolimitare nelle proposte troppo enfatizzate tipo che la corruzione sta ad esempio nell’uso delle preferenze, mentre è chiaro a tutti che è inutile e dannoso  limitare l’esercizio della vera democrazia da parte dei cittadini non dandogli la possibilità della scelta dell’eletto in quanto la corruttela è evidente e mastodontica anche nei sistemi a scelta diretta dei candidati.
Bisogna convincersi che sono gli uomini e non le istituzioni che generano i corrotti, il malaffare e la delinquenza per cui va messa in campo ed attuata una forte normativa di contrasto a tutto ciò con grande serietà e con sicura certezza che nessuna scappatoia alla pena potrà essere messa in atto.              
Siracusa 15/12/2014                                                                            Pippo Bufardeci


lunedì 1 dicembre 2014



BERLUSCONI A CREDIBILITA’ ZERO

Il ritorno di Berlusconi nell’agone della propaganda politica sa molto di minestra riscaldata.
Non riesce più a dire qualcosa di nuovo se non cercare goffamente di restaurare le decadenze dei suoi vecchi slogan che non hanno più credibilità nel momento in cui è stato lui stesso a fallire la loro applicazione pratica.
Quale credibilità si può dare a chi si ostina ancora a dire di non essere un politico; che bisogna abbassare le tasse; che si devono fare le riforme; che bisogna unificare il centro destra avente lui allenatore; che praticamente propone di fare tutto ciò che lui non ha saputo o voluto fare continuando ad addebitare le colpe solo agli altri e autoproclamandosi sempre  innocente o vittima di congiure le più varie e le più strane.
Non ha capito che il mondo è cambiato, che ha fatto il suo tempo, che ha dimostrato l’incapacità assoluta di avere un progetto politico concreto di prospettiva per il Paese e anche per il suo partito – movimento, che la corte dei miracoli non può che portare alla decadenza  assoluta, che esiste anche un problema di moralità personale che è la premessa necessaria per assicurare la moralità pubblica.
Anche l’arte della comunicazione – propaganda ha un suo inizio ed una sua fine.
Solo i grandi personaggi capiscono quando è il momento di usare le giuste armi di convincimento e le giuste azioni per realizzare le promesse fatte così come quando capire che la propria stagione è arrivata al capolinea.
Berlusconi non ha capito niente di tutto questo ed è in discesa libera lungo il viale del tramonto e del ridicolo.
Renzi gli ha ricordato un dato importante di cui dovrebbe tenere conto e cioè che non è più lui che fa le carte.
Sono dell’avviso che un forte partito di centro destra da me mai votato, come forza Italia, è ancora utile per la politica italiana, ma senza che esso venga sacrificato sull’altare dell’artereosclerosi, dell’egocentrismo decadente e della convinzione che la reincarnazione del re sole possa ancora  essere utile ai problemi italiani.
Siracusa 1.12.2014                                                                                      Pippo Bufardeci

domenica 23 novembre 2014

DI DEBITO IN DEBITO


La regione siciliana, per fare fronte alle spese della sanità regionale, ha pronta l'accensione di un nuovo mutuo di due miliardi di euro che, aggiunti agli altri mutui, ingrosserà il fardello dei debiti che i siciliani dobbiamo pagare. Quello di fare debiti per pagare altri debiti con interessi sempre maggiori è un vizio di quasi tutte le amministrazioni pubbliche.Non amministrare e per fare fronte alle difficoltà economiche intanto fanno bella figura con i prestiti bancari e poi chi verrà pagherà anche se saranno sempre i citatdini. Anche nella nostra provincia molti sindaci ricorrono ai nutui per avere soldi disponibili magari per spenderli in inutili cazzate. Cercate di amministrare bene e diminuire le spese e gli sprechi invece di aumentare i debiti dei cittadini tutti.

venerdì 31 ottobre 2014



REGIONE, SUPERATO IL MOMENTO RIMANE L’OBLIO DELLA POLITICA E DELL’AZIONE



Il presidente della Regione Crocetta può tirare un sospiro di sollievo perché la mozione di sfiducia intentata contro di lui ha avuto un esito negativo.
E’ stata respinta con un numero di voti superiore a quanto si pensasse anche perché gli sfiducianti hanno avuto meno voti delle firme apposte al documento di sfiducia.
E’ la solita litania che si ripete e che non ha portato a nessuna mandata a casa di presidente  eletto con il sistema diretto che trascina con se anche i parlamentari che gli hanno votato la sfiducia.
Nessuno vuole andare a casa per cui la mozione di sfiducia, pur rappresentando un forte atto politico, la si tiene in vita fino a quando si è sicuri che non passerà.
Mettiamoci il cuore in pace perché dobbiamo tenerci gli eletti, di qualsiasi colore siano, per tutti i cinque anni della legislatura.
Il problema diventa difficile e mal digeribile se questo cuore in pace ce lo dobbiamo tenere anche per le cose che non faranno e per il danno che potranno provocare alla Sicilia vista l’incapacità dimostrata nell’affrontare i gravi problemi dell’isola.
Ma dobbiamo ancora perseverare nell’imporci l’illusione che qualcosa cambierà puntando sulla capacità della classe dirigente di sapere discernere fra ciò che sia giusto fare e ciò che bisogna evitare?
L’improvvisazione, l’incompetenza, la mancata memoria storica e l’incapacità di sapere adoperare gli strumenti amministrativi e politici capaci di svolgere con capacità ed incidenza l’azione amministrativa al servizio dei cittadini, sta alla base della mancata soluzione dei problemi e dell’assenza di strategia progettuale.
Anche accedere alla gestione della cosa pubblica a livello regionale è diventato, così come nei comuni, un modo di riduzione della disoccupazione assegnando un incarico ben remunerato a soggetti che non hanno nemmeno le basi più elementari per svolgere il compito importante per cui vengono chiamati.
Lo sono i giovani senza nessuna esperienza che per lo sbandierato feticcio del ringiovanimento e del rinnovamento vengono piazzati in posti di alta responsabilità senza conoscere nemmeno l’ubicazione fisica della struttura che dovranno governare.
Lo sono anche le cosiddette personalità che vengono rimosse dai loro piedistalli professionali e portati a gestire cose che sconoscono come si trattasse di una gratifica o di una pensione aggiuntiva a quanto da loro prodotto finora nell’ambiente nel quale sono vissuti e dal quale hanno avuto lauti riconoscimenti.
Ma la gestione del bene comune è tutt’ altra cosa.
Bisogna avere una cultura del bene comune che fa dell’individuo un vero politico e una conoscenza della macchina amministrativa che lo possa rendere produttivo ai fini dell’interesse collettivo e delle esigenze dei cittadini.
Abbiamo avuto eclatanti esempi, anche con la recente vita del governo Crocetta, ove personaggi di opulenta fama nel loro ambiente di attività si sono dimostrati puerili interpreti della gestione della cosa pubblica.
La conseguenza di tutta questa incapacità ed improvvisazione si estrinseca, oltre che nel danno alla collettività, nell’assegnare la vera conduzione politico – istituzionali a soggetti della burocrazia occulta che, ai vari livelli, può essere portatrice di attività non sempre limpide e trasparenti anche nelle possibili collusioni.
Il problema rimane sempre quello atavico di come si riesce ad uscire da questa situazione e dal corraggio che bisogna mettere nell’andare controcorrente in un mondo politico dove vale di più l’esteriorità che la sostanza, il messaggio dell’azione rispetto alla stessa, le conoscenze e la solidità finanziaria personale rispetto alla capacità ed al servizio gratuito e disinteressato del bene comune.
Bisogna riprendere il senso vero della politica e indirizzare i giovani che vogliono impegnarsi nelle istituzioni verso la sostanza delle cose rispetto alla loro apparenza.
La sostanza impone la conoscenza dei problemi, lo studio delle loro dinamiche, il senso  di appartenenza ad un territorio che si vuole rappresentare, la gratuità del lavoro per il bene comune, l’onestà intellettuale della conoscenza dei propri limiti e la individuazione di soggetti di cui conti poco l’anagrafe e sempre più la rispondenza del soggetto al compito che deve svolgere..
Ma in questa logica del vivere quotidiano  di questo  modo di intendere la gestione della società e del morire quotidiano della vera politica e della difesa del bene comune, chi dovrebbero essere i maestri?

Siracusa 31.10.2014                                      Pippo Bufardeci                     
 

lunedì 27 ottobre 2014



DA PARTITO DI CLASSE A PARTITO PLURALE

Si è fatto un gran parlare delle due anime che si sfidano all’interno del partito democratico quasi da separate in casa e forse prossime all’abbandono definitivo.
Se noi scremiamo quanto sta accadendo dai fronzoli delle questioni secondarie che hanno più a che fare con la sopravvivenza, con le schermaglie personali e con il posizionamento  e gli alibi in vista di possibili difficili e traumatici scenari futuri, possiamo capire le vere motivazioni che stanno alla base di questa rissosità interna.
Non vi è dubbio che l’irrompere sulla scena della sinistra di un personaggio non ancorato ai vecchi schemi dogmatici ed alle parole guida dell’identità comunista che sta ancora alla base dell’impegno politico di molti dirigenti del partito democratico, ha scombussolato gli schemi predefiniti dell’azione politica ed ha tolto l’ancora di salvataggio ad una retorica che rifiutava di confrontarsi con le mutate esigenze della nuova società.
Oggi questo portento politico, con tutti i suoi pregi e soprattutto con tutti i suoi difetti, si chiama Matteo Renzi che, sparigliando gli schemi, sta cercando di posizionare il partito democratico fuori dai modelli dogmatici e più aperto ad essere interprete della società italiana.
Con tutti i limiti ed i difetti di un nocchiero che deve fare i conti con i forti marosi che sono rappresentati dalla gravissima situazione economica, dalla scarsa propensione di molti ad accettare le novità dell’agire, soprattutto se sono amare e per puntare ad una  rinnovata fiducia che farà vedere i suoi eventuali frutti molto dilazionati nel tempo.
Per rendere credibile questa azione è necessario non attardarsi lungo il percorso delle ritualità preesistenti in quanto il fattore tempo è determinante per la riuscita o meno dell’azione intrapresa che dovrà portare ad una nuova convivenza civile e ad un nuovo assetto istituzionale quale premessa di nuovo sviluppo e di nuovo posizionamento civile.
Renzi, da segretario del partito democratico e da presidente del consiglio è direttamente impegnato sui due fronti più caldi dell’agire politico e di Governo sapendo che le evoluzioni di entrambi questi soggetti non sono inscindibili fra di loro anche se agiscono su piani diversi.
Ecco perché è forte il dibattito per la gestione interna del partito che, a volte, sembra adombrare quello più reale, complesso e maggiormente sentito dai cittadini che è quello della gestione del governo del Paese e delle difficoltà in cui si trova.
Ma la possibilità di riuscita di un’azione governativa che dia speranze, ed accrediti anche certezze, necessita di un partito che non sia ancorato su posizioni di visione settaria della società, ma che si trasformi da difensore di interessi di parte a produttore di soluzioni agli interessi collettivi dell’intero Paese che la gestione governativa impone.
Ciò anche perché muta la caratteristica del consenso stesso in quanto un partito di governo che vuole essere portatore delle istanze dell’intero Paese, in una situazione di difficoltà economica e di possibili scelte impopolari, necessita di un consenso molto più ampio e credibile di quello racimolato nella difesa delle nicchie sociali sia pure di forte presenza elettorale.
Per questo vi è la necessità di passare, in tempi rapidissimi, da partito di classe a un partito plurale che rappresenti vasti strati di cittadini italiani fuori dagli schemi dogmatici e dalle rendite di posizione.
In questo Renzi è, in parte, agevolato dalla sua scuola politica culturale, così come gran parte della sua nuova classe dirigente, che non lo vede quale portatore della tradizione del vecchio PC, PDS, PD, ma più aperto al nuovo è più propenso a fare riaffiorare la sua cultura di base che è interclassista per avere militato prima in formazioni politiche eredi di questo credo culturale.
Che cosa è la proposta di “partito della nazione” se non quella, riveduta lessicalmente, del partito plurale, interclassista e rappresentante politico della maggioranza dell’articolata società italiana?
Nel momento in cui bisogna remare uniti per raggiungere obiettivi comuni, condivisi da molti protagonisti della società che produce, lavora, crea, si confronta e gestisce il proprio futuro, non può, la politica, arroccarsi su posizioni di retroguardia settari o, peggio, conflittuali in quanto deve tornare, la politica, ad essere punto di riferimento serio e credibile.
Quindi il lavoro sul nuovo partito soggetto politico plurale, credibile ai più che si confronta, sintetizza ed agisce, va di pari passo con il lavoro istituzionale, economico e sociale necessario per riportare nella giusta rotta dello sviluppo la nave Italia.
 Siracusa 27.10. 2014                                                                    Pippo Bufardeci