venerdì 31 ottobre 2014



REGIONE, SUPERATO IL MOMENTO RIMANE L’OBLIO DELLA POLITICA E DELL’AZIONE



Il presidente della Regione Crocetta può tirare un sospiro di sollievo perché la mozione di sfiducia intentata contro di lui ha avuto un esito negativo.
E’ stata respinta con un numero di voti superiore a quanto si pensasse anche perché gli sfiducianti hanno avuto meno voti delle firme apposte al documento di sfiducia.
E’ la solita litania che si ripete e che non ha portato a nessuna mandata a casa di presidente  eletto con il sistema diretto che trascina con se anche i parlamentari che gli hanno votato la sfiducia.
Nessuno vuole andare a casa per cui la mozione di sfiducia, pur rappresentando un forte atto politico, la si tiene in vita fino a quando si è sicuri che non passerà.
Mettiamoci il cuore in pace perché dobbiamo tenerci gli eletti, di qualsiasi colore siano, per tutti i cinque anni della legislatura.
Il problema diventa difficile e mal digeribile se questo cuore in pace ce lo dobbiamo tenere anche per le cose che non faranno e per il danno che potranno provocare alla Sicilia vista l’incapacità dimostrata nell’affrontare i gravi problemi dell’isola.
Ma dobbiamo ancora perseverare nell’imporci l’illusione che qualcosa cambierà puntando sulla capacità della classe dirigente di sapere discernere fra ciò che sia giusto fare e ciò che bisogna evitare?
L’improvvisazione, l’incompetenza, la mancata memoria storica e l’incapacità di sapere adoperare gli strumenti amministrativi e politici capaci di svolgere con capacità ed incidenza l’azione amministrativa al servizio dei cittadini, sta alla base della mancata soluzione dei problemi e dell’assenza di strategia progettuale.
Anche accedere alla gestione della cosa pubblica a livello regionale è diventato, così come nei comuni, un modo di riduzione della disoccupazione assegnando un incarico ben remunerato a soggetti che non hanno nemmeno le basi più elementari per svolgere il compito importante per cui vengono chiamati.
Lo sono i giovani senza nessuna esperienza che per lo sbandierato feticcio del ringiovanimento e del rinnovamento vengono piazzati in posti di alta responsabilità senza conoscere nemmeno l’ubicazione fisica della struttura che dovranno governare.
Lo sono anche le cosiddette personalità che vengono rimosse dai loro piedistalli professionali e portati a gestire cose che sconoscono come si trattasse di una gratifica o di una pensione aggiuntiva a quanto da loro prodotto finora nell’ambiente nel quale sono vissuti e dal quale hanno avuto lauti riconoscimenti.
Ma la gestione del bene comune è tutt’ altra cosa.
Bisogna avere una cultura del bene comune che fa dell’individuo un vero politico e una conoscenza della macchina amministrativa che lo possa rendere produttivo ai fini dell’interesse collettivo e delle esigenze dei cittadini.
Abbiamo avuto eclatanti esempi, anche con la recente vita del governo Crocetta, ove personaggi di opulenta fama nel loro ambiente di attività si sono dimostrati puerili interpreti della gestione della cosa pubblica.
La conseguenza di tutta questa incapacità ed improvvisazione si estrinseca, oltre che nel danno alla collettività, nell’assegnare la vera conduzione politico – istituzionali a soggetti della burocrazia occulta che, ai vari livelli, può essere portatrice di attività non sempre limpide e trasparenti anche nelle possibili collusioni.
Il problema rimane sempre quello atavico di come si riesce ad uscire da questa situazione e dal corraggio che bisogna mettere nell’andare controcorrente in un mondo politico dove vale di più l’esteriorità che la sostanza, il messaggio dell’azione rispetto alla stessa, le conoscenze e la solidità finanziaria personale rispetto alla capacità ed al servizio gratuito e disinteressato del bene comune.
Bisogna riprendere il senso vero della politica e indirizzare i giovani che vogliono impegnarsi nelle istituzioni verso la sostanza delle cose rispetto alla loro apparenza.
La sostanza impone la conoscenza dei problemi, lo studio delle loro dinamiche, il senso  di appartenenza ad un territorio che si vuole rappresentare, la gratuità del lavoro per il bene comune, l’onestà intellettuale della conoscenza dei propri limiti e la individuazione di soggetti di cui conti poco l’anagrafe e sempre più la rispondenza del soggetto al compito che deve svolgere..
Ma in questa logica del vivere quotidiano  di questo  modo di intendere la gestione della società e del morire quotidiano della vera politica e della difesa del bene comune, chi dovrebbero essere i maestri?

Siracusa 31.10.2014                                      Pippo Bufardeci                     
 

lunedì 27 ottobre 2014



DA PARTITO DI CLASSE A PARTITO PLURALE

Si è fatto un gran parlare delle due anime che si sfidano all’interno del partito democratico quasi da separate in casa e forse prossime all’abbandono definitivo.
Se noi scremiamo quanto sta accadendo dai fronzoli delle questioni secondarie che hanno più a che fare con la sopravvivenza, con le schermaglie personali e con il posizionamento  e gli alibi in vista di possibili difficili e traumatici scenari futuri, possiamo capire le vere motivazioni che stanno alla base di questa rissosità interna.
Non vi è dubbio che l’irrompere sulla scena della sinistra di un personaggio non ancorato ai vecchi schemi dogmatici ed alle parole guida dell’identità comunista che sta ancora alla base dell’impegno politico di molti dirigenti del partito democratico, ha scombussolato gli schemi predefiniti dell’azione politica ed ha tolto l’ancora di salvataggio ad una retorica che rifiutava di confrontarsi con le mutate esigenze della nuova società.
Oggi questo portento politico, con tutti i suoi pregi e soprattutto con tutti i suoi difetti, si chiama Matteo Renzi che, sparigliando gli schemi, sta cercando di posizionare il partito democratico fuori dai modelli dogmatici e più aperto ad essere interprete della società italiana.
Con tutti i limiti ed i difetti di un nocchiero che deve fare i conti con i forti marosi che sono rappresentati dalla gravissima situazione economica, dalla scarsa propensione di molti ad accettare le novità dell’agire, soprattutto se sono amare e per puntare ad una  rinnovata fiducia che farà vedere i suoi eventuali frutti molto dilazionati nel tempo.
Per rendere credibile questa azione è necessario non attardarsi lungo il percorso delle ritualità preesistenti in quanto il fattore tempo è determinante per la riuscita o meno dell’azione intrapresa che dovrà portare ad una nuova convivenza civile e ad un nuovo assetto istituzionale quale premessa di nuovo sviluppo e di nuovo posizionamento civile.
Renzi, da segretario del partito democratico e da presidente del consiglio è direttamente impegnato sui due fronti più caldi dell’agire politico e di Governo sapendo che le evoluzioni di entrambi questi soggetti non sono inscindibili fra di loro anche se agiscono su piani diversi.
Ecco perché è forte il dibattito per la gestione interna del partito che, a volte, sembra adombrare quello più reale, complesso e maggiormente sentito dai cittadini che è quello della gestione del governo del Paese e delle difficoltà in cui si trova.
Ma la possibilità di riuscita di un’azione governativa che dia speranze, ed accrediti anche certezze, necessita di un partito che non sia ancorato su posizioni di visione settaria della società, ma che si trasformi da difensore di interessi di parte a produttore di soluzioni agli interessi collettivi dell’intero Paese che la gestione governativa impone.
Ciò anche perché muta la caratteristica del consenso stesso in quanto un partito di governo che vuole essere portatore delle istanze dell’intero Paese, in una situazione di difficoltà economica e di possibili scelte impopolari, necessita di un consenso molto più ampio e credibile di quello racimolato nella difesa delle nicchie sociali sia pure di forte presenza elettorale.
Per questo vi è la necessità di passare, in tempi rapidissimi, da partito di classe a un partito plurale che rappresenti vasti strati di cittadini italiani fuori dagli schemi dogmatici e dalle rendite di posizione.
In questo Renzi è, in parte, agevolato dalla sua scuola politica culturale, così come gran parte della sua nuova classe dirigente, che non lo vede quale portatore della tradizione del vecchio PC, PDS, PD, ma più aperto al nuovo è più propenso a fare riaffiorare la sua cultura di base che è interclassista per avere militato prima in formazioni politiche eredi di questo credo culturale.
Che cosa è la proposta di “partito della nazione” se non quella, riveduta lessicalmente, del partito plurale, interclassista e rappresentante politico della maggioranza dell’articolata società italiana?
Nel momento in cui bisogna remare uniti per raggiungere obiettivi comuni, condivisi da molti protagonisti della società che produce, lavora, crea, si confronta e gestisce il proprio futuro, non può, la politica, arroccarsi su posizioni di retroguardia settari o, peggio, conflittuali in quanto deve tornare, la politica, ad essere punto di riferimento serio e credibile.
Quindi il lavoro sul nuovo partito soggetto politico plurale, credibile ai più che si confronta, sintetizza ed agisce, va di pari passo con il lavoro istituzionale, economico e sociale necessario per riportare nella giusta rotta dello sviluppo la nave Italia.
 Siracusa 27.10. 2014                                                                    Pippo Bufardeci

martedì 21 ottobre 2014



AL COMUNE DI PACHINO, PIU’ SOLDI AL VERDE PUBBLICO CHE PER STRADE E TERRITORIO

Secondo la delibera dell’amministrazione comunale di Pachino approvata dal consiglio comunale in merito alla tassa denominata TASI, il comune dovrebbe incassare 1.323.236,43 euro.
Questa somma verrà utilizzata secondo una tabella di spartizione che l’amministrazione comunale ha allegato alla delibera.
Questa tabella prevede la seguente spesa:
 Per la luce e l’impianto elettrico 658.474.300 euro; per il verde pubblico 520.063.00; Per la manutenzione delle strade e la loro sistemazione 79.950.00 euro; Per l’urbanistica, l’arredo urbano e la gestione del territorio 64.700.00 euro.
Noto quella che a mio avviso sembra una incongruenza che non mi spiego.
Come è possibile prevedere 500 milioni circa per il verde pubblico e soli 79 per le strade e 64 per il territorio?
Va bene che tutti i cittadini sono al verde, ma è così  ampio il verde pubblico a Pachino da giustificare una simile spesa a danno di altri settori più importanti?
Se è vero, come dicono, che il comune di Pachino non ha previsto alcuna agevolazione di diminuzione tasse per i cittadini soprattutto quelli più bisognosi, perché non prevedere meno spesa per il verde pubblico e destinare una parte per diminuire la tassazione?
Spero di essere smentito anche se quella riportata è la tabella ufficiale della delibera così come evidenziato anche da Pachino cam news.


martedì 7 ottobre 2014

I BROGLI ELETTORALI FIGLI DELL’IGNORANZA




Non si è appena conclusa una mini campagna elettorale basata su un ricorso che paventava presunti brogli alle elezioni regionali di due anni fa che un altro ricorso, sulle elezioni comunali di Pachino, pende all’esame del Consiglio di giustizia amministrativa e, sicuramente, non sarà nemmeno l’ultimo.
Anche il comune di Rosolini è commissariato in attesa di votazioni sempre come conseguenza di un ricorso.
Ma questi presunti brogli sono riconducibili solo a Pachino e Rosolini i cui elettori e membri dei seggi elettorali sono individuabili come dediti a delinquere sul piano della democrazia elettiva oppure è un fenomeno più esteso che può avere anche motivazioni strutturali che esulano dalla consapevolezza di commettere reati?
Dico subito che la cosa che mi ha maggiormente portato fastidio in tutta questa vicenda è stata proprio l’immagine negativa che  ha qualificato questi due comuni  nell’immaginario collettivo recandogli nocumento sia sul piano turistico che economico e sociale.
La mia esperienza personale mi porta a dire che i cosiddetti brogli non si possono etichettare come tali perché manca la consapevolezza del dolo da parte di chi li commette in quanto sono semplicemente errori conseguenza dell’ignoranza, dell’impreparazione e mancata conoscenza dell’importanza del servizio che si è chiamati a svolgere in un seggio elettorale.
La normativa introdotta alcuni lustri fa, su iniziativa politica dei radicali, di scegliere i componenti dei seggi elettorali sulla base di un sorteggio non selettivo degli aspiranti scrutatori, ha generato  un livellamento in basso sul piano culturale e ha reso dominante l’ignoranza di coloro che sono chiamati a svolgere detto importante compito, sul piano della conoscenza della normativa e della tecnica elettorale.
La mancata conoscenza della normativa da parte di coloro che sono chiamati a svolgere il ruolo di garanti del rispetto di detta normativa e della salvaguardia della democrazia elettiva genera errori e decisioni che inficiano il concetto stesso di partecipazione e di libera espressione della volontà popolare in quanto i loro errori rendono spesso alterata la libera espressione della volontà popolare nella scelta legittima dei propri rappresentanti.
Ma tutto questo avviene perché manca la preparazione di tante persone che svolgono il compito di scrutatore solo per potere usufruire del compenso economico previsto e sono lasciate in balia di se stesse anche se esistono severe normative, anche di natura penale, per gli errori commessi spesso nella più assoluta buona fede.
Anche lasciando stare il periodo in cui erano i partiti a scegliere i componenti dei seggi elettorali ed a istruirli con appositi corsi, non possiamo non richiamare l’attenzione del legislatore in merito ad una serie di supporti da dare a questi ignoranti del compito cui sono chiamati al fine di evitare brogli e inficiare la corretta espressione della volontà popolare.
Si potrebbe istituire un apposito albo comunale  degli scrutatori dopo la partecipazione a specifici corsi tecnIco – giuridici e sorteggiare da questi albi gli scrutatori.
Anche i presidenti di seggio non dovrebbero essere nominati senza esperienza, solo per il fatto di avere presentato apposita richiesta, ma dovrebbero avere fatto prima esperienza come scrutatori e frequentato appositi corsi per presidenti.
Infine vanno sfoltiti tutti i passaggi burocratici e la complessità della modulistica necessaria per riportare i dati emersi dallo scrutinio limitandosi a riportare in modo chiaro le voci fondamentali.
Va altresì evitato che sia la prima sezione del comune di votazione ad esaminare tutti i verbali degli altri seggi per potere effettuare la proclamazione, ma si passi tutta la documentazione a dei professionisti quali i dipendenti comunali dell’ufficio elettorale che dovrebbero conoscere tutta la relativa normativa in quanto impegnati giornalmente in questo settore.
Avremmo meno improvvisazione, meno incompetenza ed ignoranza, meno brogli e maggiore rispondenza delle decisioni alla normativa vigente ed al concetto di reale rispondenza fra volontà espressa dagli elettori e risultati finali che determinano gli eletti.
Pippo Bufardeci
07/10/2014