SENATO DELLA REPUBBLICA
XVIII LEGISLATURA
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del Senatore Faraone
Riconoscimento del luogo familiare
di origine
( Su mia proposta il sen. Davide Faraone, presidente del gruppo del Senato di Italia Viva, ha presentato il disegno di legge con il quale si propone che i comuni riprendano il loro diritto di registrare i propri cittadini come nati nel comune di provenienza e non come imposizione del luogo di nascita nel comune in cui è ubicato l'ospedale nel quale viene effettuato il parto)
Onorevoli Senatrici e Senatori.
- Il presente disegno di legge mira a tutelare il diritto di ogni individuo al
riconoscimento del luogo familiare di origine e, al contempo, a preservarne il
radicamento territoriale.
Con la presente proposta di
legge, pertanto, si mira a tutelare la duplice finalità di contrastare
l'imposizione del comune di nascita, inteso come luogo ove è ubicato l'ospedale
nel quale è avvenuto il parto, a favore di una libera scelta tra il suddetto e
il comune familiare di origine e, al contempo, di evitare la perdita della
memoria storica delle molteplici piccole realtà che da sempre caratterizzano il
nostro Paese.
L'anagrafe è
un registro della popolazione, una fonte informativa di primaria importanza che
adempie a molteplici scopi, quali fini statistici, elettorali, tributari, ma
soprattutto, tramite la denuncia della nascita dei neonati, fornisce uno stato
giuridico e conferisce una identità a questi ultimi, inquadrandoli in un
determinato territorio.
Sebbene
l'istituzione dell'anagrafe, nella sua più moderna accezione, costituisca un
fatto relativamente recente, questa affonda in realtà le sue radici in tempi
ben più remoti, riconducibili ai tempi della pratica dei censimenti.
Difatti, nonostante
avessero una portata più limitata e scopi non del tutto analoghi, già
nell'antico Egitto, nell'antica Grecia e nell'antica Roma furono messi a punto sistemi
di rilevazione e di registrazione censuaria al fine di stilare delle liste che
consentissero di determinare la numerosità della popolazione, la loro
composizione sociale e i mutamenti demografici, a fini tributari, militari, etc.
Tale pratica
cominciò a decadere nel Medio Evo, quando i censimenti non furono più
effettuati su vasti territori ma piuttosto su singole località, per poi
ripresentarsi con maggior vigore con il Concilio di Trento del 1563, grazie al
quale le rilevazioni demografiche divennero uno strumento utilizzato in maniera
diffusa e sistematica.
In Italia il
servizio anagrafico, funzionante sulla base di registri comunali della
popolazione e dotato di un apposito ufficio di riferimento denominato
"Ufficio delle Anagrafi", fu istituito con il regio decreto del 31
dicembre 1864, n. 2015. Tuttavia, l'implementazione di tale servizio risultò
più ardua della sua stessa istituzione e così, prima che divenne effettivamente
ed uniformemente operativo su tutto il territorio nazionale, furono adottati
altri regi decreti e si dovette attendere fino al 1873, quando venne pubblicato
il nuovo regolamento.
Ad oggi, funzione
dell'anagrafe è quella di registrare nominativamente gli abitanti di un
determinato Comune, sia come singoli individui sia come componenti di un nucleo
familiare, illustrandone anche le caratteristiche naturali e sociali, allo
scopo di rilevare i mutamenti demografici.
Alla luce delle
funzioni fondamentali ricoperte dall'anagrafe, la legge italiana prevede
l'obbligo di denunciare la nascita dei neonati entro il termine di tre giorni
dalla nascita direttamente presso la struttura sanitaria nella quale è nato,
oppure entro dieci giorni presso l'ufficio di stato civile del comune dove è
avvenuta la nascita o in quello del comune di residenza dei genitori, in
conformità con quanto disposto dall'articolo 30, comma 4, del decreto del
Presidente della Repubblica del 3 novembre 2000, n. 396.
Tuttavia, se
i genitori del neonato sono residenti in un comune differente rispetto a quello
dove è ubicata la struttura sanitaria in cui è avvenuta la nascita, l'ufficiale
di stato civile trascrive d'ufficio l'atto nel comune di residenza dei genitori.
Ciò che ne consegue è che il neonato viene registrato come nato in un comune
diverso rispetto a quello dove viene iscritta la sua residenza.
Considerato
che la primaria funzione dell'anagrafe è quella di attribuire un riconoscimento
e uno stato giuridico al neonato, appare paradossale conferire a quest'ultimo un
comune di nascita differente da quello dove avrà luogo la sua prima residenza e
che, soprattutto, non coincide con la sua identità geografica.
Tale
situazione, lungi dall'essere sporadica, si verifica costantemente in
moltissime realtà presenti sull'intero territorio nazionale e, per la
precisione, ogni qualvolta la nascita avvenga in un Comune privo di una
struttura ospedaliera o comunque sprovvisto di una struttura adeguatamente
attrezzata.
Tale
fenomeno, però, si è andato ulteriormente intensificando nel tempo, in seguito
all'adozione di una serie di provvedimenti regionali che si inseriscono nel
quadro del "Patto per la salute 2010-2012" siglato il 3 dicembre 2009
tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzato a
promuovere un processo di riorganizzazione delle reti regionali di assistenza
ospedaliera, al fine di migliorare la qualità dei servizi e delle prestazioni
offerte e di ottimizzare e non disperdere le risorse a disposizione.
In particolare, l'allegato 1
dell'accordo della conferenza unificata del 16 dicembre 2010, ai sensi
dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, prevede il
mantenimento o l'attivazione dei punti nascita in base a degli standard
prettamente quantitativi, fissando a 1000 nascite annuali il parametro cui
tendere, prevedendo delle eccezioni per i punti nascita con numerosità
inferiore, ma comunque non al di sotto di 500 parti annui, sulla base di
motivate valutazioni legate alla specificità territoriali.
In conseguenza della
chiusura dei punti nascita impossibilitati a rispettare la suddetta soglia, unitamente
al fatto che le pratiche di assistenza domiciliari alla nascita sono oramai da
tempo in disuso, si assiste a un flusso sempre più abbondante delle future
madri costrette a spostarsi dai propri comuni di residenza verso comuni di maggiori
dimensioni muniti di strutture ospedaliere adeguate a prestare assistenza al
parto.
Di conseguenza, i casi di discrasia
tra il luogo di origine, ovvero il luogo di provenienza della propria famiglia,
e quello di nascita, sono destinati ad aumentare nel tempo.
Tale situazione non è però rimasta
priva di conseguenze, in quanto ha determinato un ingorgo anagrafico, oltre a tangibili
incongruenze storico-sociali.
L'ingorgo anagrafico è
dovuto al fatto che i genitori dei nuovi nati sono obbligati ad indicare quale
luogo di nascita il comune in cui è ubicato l'ospedale. Tra i principali
problemi riscontrabili e imputabili a tale ingorgo anagrafico, vi è che in tali
comuni si registra uno scostamento tra le nuove nascite che vengono registrate e
le persone che sono effettivamente residenti, generando significativi effetti
distorsivi anche a fini statistici. Inoltre, ciò comporta un disfunzionamento
amministrativo per tutti i cittadini residenti in un comune diverso da quello
di nascita, in quanto, per qualsiasi pratica che necessita del documento di
nascita, devono richiederlo nel comune di ubicazione dell'ospedale.
Infine, tale situazione crea
e alimenta tangibili incongruenze storico-sociali. Difatti, si sta manifestando
una situazione paradossale: da un lato, vi è la volontà politica di rivalorizzare
i borghi e i piccoli paesi, anche attraverso una politica di mantenimento degli
iscritti nelle rispettive anagrafi, dall'altro, la scelta di far coincidere il
comune di nascita con quello ove è ubicato l'ospedale piuttosto che con quello
di residenza familiare rende le località più piccole dei paesini fantasma, con
borghi che non avranno nessun ricordo storico futuro, privi di cittadini e con solo
meri residenti.
Pertanto i comuni di piccole
dimensioni, se la situazione dovesse rimanere immutata, sarebbero destinati
alla perdita della propria memoria storica, assoggettati a un ineluttabile
fenomeno di sparizione delle nascite, mentre al contempo, i neonati,
continuerebbero a essere privati di un comprovato legame con il vero luogo di
origine della propria famiglia.
Con il presente progetto di
legge, pertanto, si intende tutelare il diritto di ogni individuo di scegliere
se mantenere o meno il proprio luogo familiare di origine, e porre in tal modo
rimedio ad una esigenza sentita da moltissimi cittadini attualmente privati
della facoltà di scegliere.
Nello specifico, l'articolo
1 della presenta proposta di legge si compone di tre commi. Il primo comma
attribuisce ai genitori la facoltà di indicare, nella dichiarazione di nascita
di cui all'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, il luogo familiare di
origine, in aggiunta al comune ove è ubicato l'ospedale nel quale è
effettivamente avvenuta la nascita.
Il secondo comma espone cosa
si intende per "luogo familiare di origine", specificando che esso
coincide con la residenza dei genitori o, previo accordo, di uno solo di essi;
qualora invece non venga raggiunto un accordo, non è possibile indicare il
luogo familiare di origine e deve essere indicato solo il luogo effettivo di
nascita.
Il terzo comma puntualizza
che, qualora i genitori scelgano di avvalersi della facoltà di indicare anche
il luogo familiare di origine, il nuovo nato dovrà essere iscritto all'anagrafe
del comune corrispondente.
L'articolo 2, invece,
inquadra sistematicamente e coordina le norme con quanto già disposto in
materia di anagrafe e di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396, adottato sulla
base delle disposizioni di cui al comma 12 dell'articolo 2 della legge 15
maggio 1997, n. 127.
L'articolo 3, infine,
prevede la clausola di invarianza finanziaria, in quanto dall'attuazione della
presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.
DISEGNO
DI LEGGE
Articolo
1
(Istituzione del luogo familiare di origine)
1. Al fine di tutelare il
diritto al riconoscimento del luogo di origine della propria famiglia e di
preservare il radicamento territoriale con il luogo di origine, nella
dichiarazione di nascita di cui all'articolo 30, comma 1, del regolamento di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, da
rendere all'ufficiale di stato civile, è attribuita ai genitori la facoltà di
indicare il luogo familiare di origine, in aggiunta al comune ove è ubicato
l'ospedale nel quale è avvenuta la nascita.
2. Il luogo familiare di
origine corrisponde al comune italiano ove risiedono i genitori, o uno solo di
essi. Nel caso in cui i genitori non risiedano nello stesso comune, il luogo
familiare di origine è stabilito di comune accordo. In mancanza di accordo, è
dichiarato solo il luogo ove è avvenuta la nascita. Se la dichiarazione di
nascita è resa da uno solo dei genitori, il luogo familiare di origine
corrisponde alla residenza di quest'ultimo. Agli effetti della presente legge,
per la residenza si applica l'articolo 43, secondo comma, del codice civile.
3. Qualora i genitori
scelgano di avvalersi della facoltà di cui al comma 1, il figlio viene iscritto
all'anagrafe del comune corrispondente.
Articolo
2
(Adeguamento delle norme regolamentari)
1. Entro tre mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, con regolamento ai sensi dell'articolo
17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti
Commissioni parlamentari, sono apportate le necessarie modifiche al regolamento
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, al
fine di coordinarne le disposizioni con quelle della presente legge.
2. Entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della giustizia, con
proprio decreto, di concerto con il Ministero dell'interno, provvede
all'adeguamento dei modelli dei documenti di identità e delle certificazioni di
nascita, anagrafiche e di stato civile alle disposizioni introdotte dalla
presente legge.
Articolo
3
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione della
presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.