mercoledì 30 dicembre 2020

 

DOPO ELEZIONI E REFERENDUM, ADESSO L’ITALIA REALE

 

l’abbuffata elettorale ha attraversato il Paese e la politica con la solita scia di inutili discussioni frutto del degrado in cui si trova ormai la società italiana nel suo complesso.

Tutti vincitori, tutti capaci di essere gli unici depositari del consenso e della volontà dei cittadini, tutti con il carniere pieno di ricette miracolose per risolvere i problemi del Paese, ma nessuno in grado di indicare una prospettiva concreta e fattibile di ripresa del nostro sistema sociale ed economico.

Tutto questo in una fase storica che dovrà necessariamente distinguersi per la capacità di individuare e realizzare una visione strategica del progetto di crescita del nostro Paese alla luce del futuro riassetto degli equilibri mondiali.

Ciò dopo la forte crisi economica che abbiamo vissuto nel decennio precedente e la subdola incidenza del coronavirus che dobbiamo metabolizzare come un tornado non solo di natura sanitaria, ma sociale, economico e politico – istituzionale.

Serve quindi un Governo che abbandoni i retaggi di natura ideologica su alcune scelte importanti che rischiano di bloccare decisioni capaci di incidere su vitali settori del sistema Paese e serve soprattutto una visione del fare che non punti a mettere l’etichetta di questa o di quella forza che sostiene l’esecutivo, ma l’insieme della maggioranza che ne permette la tenuta.

Per fare questo serve una riquadratura organizzativa e propositiva di tutte le forze politiche capaci di privilegiare il progetto complessivo di crescita dell’intero Paese non subordinato agli interessi dei territori forti né agli slogans ad effetto.

Ma serve anche una opposizione che si cimenti per essere forza di Governo e non semplicemente barricadiera, amplificatrice di timori e paure o conflittuale con tutti e su tutto.

E’ difficile costruire dopo che si è distrutto anche da parte di chi si ritiene capace di risolvere tutti i problemi.

Ritengo che nei due schieramenti di governo e di opposizione ci siano forze politiche ed elementi singoli capaci di svolgere un ruolo di moderazione e di azione che veda come prioritario l’interesse del Paese rispetto a quello delle singole forze politiche.

Il confronto sulle strategie da mettere in campo e sulle cose da fare diventa ancora più necessario ed utile se si considera che, alla fine della tornata elettorale, finita in parità numerica, il rapporto Stato Regioni non può essere imposto da nessuno in quanto la variegata gestione politica delle regioni, impone un confronto serrato, ma serio e conducente allo sviluppo globale dell’intera comunità nazionale.

Le recenti elezioni hanno anche evidenziato una debolezza politica del Governo che, paradossalmente, diventa la sua forza d’azione in quanto l’esito del referendum che diminuisce il numero dei parlamentari assicura una durata d’azione che potrà portare fino alla data di chiusura costituzionale della legislatura.

Ecco perché, da parte del Governo, è necessario rendere noto il programma di cose da fare con tempi e finanziamenti individuati per permettere il controllo da parte delle opposizioni, ma soprattutto da parte dei cittadini che devono essere partecipi e corresponsabili degli sforzi che necessita l’attuale momento storico per rimettere in carreggiata, tutti insieme, il veicolo Italia.                                                                                 

Ma assieme alla individuazione dei progetti di sviluppo da realizzare, bisogna che il Governo elabori una nuova normativa sugli enti locali che ne permetta il funzionamento e la capacità finanziaria per rispondere ai problemi del mantenimento della struttura e dei servizi da erogare ai cittadini.

La normativa deve dare assicurazioni che non venga mai meno il controllo popolare dell’ente locale in quanto essendo il primo organo costituzionale che si confronta con le esigenze dei cittadini non può subire, per normative poco accorte come lo scioglimento o per motivi di mafia non appurati da organismi della magistratura o per negligenza degli amministratori e consiglieri che determinano lo scioglimento degli Enti, si possa arrivare a gestioni solitarie dei sindaci o di commissari nominati per gestire comunità senza confronto con i cittadini.

 Nell’un caso o nell’altro bisogna che, rimasti solo i sindaci, si provveda all’immediata rielezione dei consigli comunali o nel caso dei commissari si elegga una rappresentanza cittadina capace di essere attiva sia nel controllo che nelle proposte.

In tutti e due i casi si eviterebbe il sospetto che, senza un controllo istituzionale da parte dei cittadini, si possa avere il sospetto che l’interlocuzione non controllata democraticamente possa lasciare la gestione dell’Ente all’influenza di gruppi economici, massonici o delinquenziali che potrebbero avere vita più facile nel convincere pochi esponenti delle istituzioni.

Anzi, gli organismi elettivi, a livello locale, dovrebbero essere più numerosi nel numero dei rappresentanti per evitare connivenze dei pochi e indicare una normativa chiara su compiti e responsabilità.

Anche l’aspetto giuridico relativo al compenso va inquadrato come attività di servizio del consigliere verso il proprio paese e remunerato solo con il gettone di presenza nelle riunioni di consiglio comunale.

Vi è molta carne al fuoco che presuppone capacità politica e gestionale da parte dei rappresentanti dei cittadini che devono essere, non solo preparati al ruolo che dovranno svolgere, ma anche scelti direttamente dagli elettori con la preferenza e non nominati dai capi e capetti di turno dei partiti.

 Pippo Bufardeci 28/09/2020

(Per il periodico Timeout di Siracusa)

 

 

 

 

 

 

sabato 31 ottobre 2020

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

XVIII LEGISLATURA

 

 

DISEGNO DI LEGGE

d'iniziativa del Senatore Faraone

 

 

 

Riconoscimento del luogo familiare di origine



 

( Su mia proposta il sen. Davide Faraone, presidente del gruppo del Senato di Italia Viva, ha presentato il disegno di legge con il quale si propone che i comuni riprendano il loro diritto di registrare i propri cittadini come nati nel comune di provenienza e non come imposizione del luogo di nascita nel comune in cui è ubicato l'ospedale nel quale viene effettuato il parto)

 

Onorevoli Senatrici e Senatori. - Il presente disegno di legge mira a tutelare il diritto di ogni individuo al riconoscimento del luogo familiare di origine e, al contempo, a preservarne il radicamento territoriale.

Con la presente proposta di legge, pertanto, si mira a tutelare la duplice finalità di contrastare l'imposizione del comune di nascita, inteso come luogo ove è ubicato l'ospedale nel quale è avvenuto il parto, a favore di una libera scelta tra il suddetto e il comune familiare di origine e, al contempo, di evitare la perdita della memoria storica delle molteplici piccole realtà che da sempre caratterizzano il nostro Paese.

L'anagrafe è un registro della popolazione, una fonte informativa di primaria importanza che adempie a molteplici scopi, quali fini statistici, elettorali, tributari, ma soprattutto, tramite la denuncia della nascita dei neonati, fornisce uno stato giuridico e conferisce una identità a questi ultimi, inquadrandoli in un determinato territorio.

Sebbene l'istituzione dell'anagrafe, nella sua più moderna accezione, costituisca un fatto relativamente recente, questa affonda in realtà le sue radici in tempi ben più remoti, riconducibili ai tempi della pratica dei censimenti.

Difatti, nonostante avessero una portata più limitata e scopi non del tutto analoghi, già nell'antico Egitto, nell'antica Grecia e nell'antica Roma furono messi a punto sistemi di rilevazione e di registrazione censuaria al fine di stilare delle liste che consentissero di determinare la numerosità della popolazione, la loro composizione sociale e i mutamenti demografici, a fini tributari, militari, etc.

Tale pratica cominciò a decadere nel Medio Evo, quando i censimenti non furono più effettuati su vasti territori ma piuttosto su singole località, per poi ripresentarsi con maggior vigore con il Concilio di Trento del 1563, grazie al quale le rilevazioni demografiche divennero uno strumento utilizzato in maniera diffusa e sistematica.

In Italia il servizio anagrafico, funzionante sulla base di registri comunali della popolazione e dotato di un apposito ufficio di riferimento denominato "Ufficio delle Anagrafi", fu istituito con il regio decreto del 31 dicembre 1864, n. 2015. Tuttavia, l'implementazione di tale servizio risultò più ardua della sua stessa istituzione e così, prima che divenne effettivamente ed uniformemente operativo su tutto il territorio nazionale, furono adottati altri regi decreti e si dovette attendere fino al 1873, quando venne pubblicato il nuovo regolamento.

Ad oggi, funzione dell'anagrafe è quella di registrare nominativamente gli abitanti di un determinato Comune, sia come singoli individui sia come componenti di un nucleo familiare, illustrandone anche le caratteristiche naturali e sociali, allo scopo di rilevare i mutamenti demografici.

Alla luce delle funzioni fondamentali ricoperte dall'anagrafe, la legge italiana prevede l'obbligo di denunciare la nascita dei neonati entro il termine di tre giorni dalla nascita direttamente presso la struttura sanitaria nella quale è nato, oppure entro dieci giorni presso l'ufficio di stato civile del comune dove è avvenuta la nascita o in quello del comune di residenza dei genitori, in conformità con quanto disposto dall'articolo 30, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica del 3 novembre 2000, n. 396.

Tuttavia, se i genitori del neonato sono residenti in un comune differente rispetto a quello dove è ubicata la struttura sanitaria in cui è avvenuta la nascita, l'ufficiale di stato civile trascrive d'ufficio l'atto nel comune di residenza dei genitori. Ciò che ne consegue è che il neonato viene registrato come nato in un comune diverso rispetto a quello dove viene iscritta la sua residenza.

Considerato che la primaria funzione dell'anagrafe è quella di attribuire un riconoscimento e uno stato giuridico al neonato, appare paradossale conferire a quest'ultimo un comune di nascita differente da quello dove avrà luogo la sua prima residenza e che, soprattutto, non coincide con la sua identità geografica.

Tale situazione, lungi dall'essere sporadica, si verifica costantemente in moltissime realtà presenti sull'intero territorio nazionale e, per la precisione, ogni qualvolta la nascita avvenga in un Comune privo di una struttura ospedaliera o comunque sprovvisto di una struttura adeguatamente attrezzata.

Tale fenomeno, però, si è andato ulteriormente intensificando nel tempo, in seguito all'adozione di una serie di provvedimenti regionali che si inseriscono nel quadro del "Patto per la salute 2010-2012" siglato il 3 dicembre 2009 tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzato a promuovere un processo di riorganizzazione delle reti regionali di assistenza ospedaliera, al fine di migliorare la qualità dei servizi e delle prestazioni offerte e di ottimizzare e non disperdere le risorse a disposizione.

In particolare, l'allegato 1 dell'accordo della conferenza unificata del 16 dicembre 2010, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, prevede il mantenimento o l'attivazione dei punti nascita in base a degli standard prettamente quantitativi, fissando a 1000 nascite annuali il parametro cui tendere, prevedendo delle eccezioni per i punti nascita con numerosità inferiore, ma comunque non al di sotto di 500 parti annui, sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità territoriali.

In conseguenza della chiusura dei punti nascita impossibilitati a rispettare la suddetta soglia, unitamente al fatto che le pratiche di assistenza domiciliari alla nascita sono oramai da tempo in disuso, si assiste a un flusso sempre più abbondante delle future madri costrette a spostarsi dai propri comuni di residenza verso comuni di maggiori dimensioni muniti di strutture ospedaliere adeguate a prestare assistenza al parto.

Di conseguenza, i casi di discrasia tra il luogo di origine, ovvero il luogo di provenienza della propria famiglia, e quello di nascita, sono destinati ad aumentare nel tempo.

Tale situazione non è però rimasta priva di conseguenze, in quanto ha determinato un ingorgo anagrafico, oltre a tangibili incongruenze storico-sociali.

L'ingorgo anagrafico è dovuto al fatto che i genitori dei nuovi nati sono obbligati ad indicare quale luogo di nascita il comune in cui è ubicato l'ospedale. Tra i principali problemi riscontrabili e imputabili a tale ingorgo anagrafico, vi è che in tali comuni si registra uno scostamento tra le nuove nascite che vengono registrate e le persone che sono effettivamente residenti, generando significativi effetti distorsivi anche a fini statistici. Inoltre, ciò comporta un disfunzionamento amministrativo per tutti i cittadini residenti in un comune diverso da quello di nascita, in quanto, per qualsiasi pratica che necessita del documento di nascita, devono richiederlo nel comune di ubicazione dell'ospedale.

Infine, tale situazione crea e alimenta tangibili incongruenze storico-sociali. Difatti, si sta manifestando una situazione paradossale: da un lato, vi è la volontà politica di rivalorizzare i borghi e i piccoli paesi, anche attraverso una politica di mantenimento degli iscritti nelle rispettive anagrafi, dall'altro, la scelta di far coincidere il comune di nascita con quello ove è ubicato l'ospedale piuttosto che con quello di residenza familiare rende le località più piccole dei paesini fantasma, con borghi che non avranno nessun ricordo storico futuro, privi di cittadini e con solo meri residenti.

Pertanto i comuni di piccole dimensioni, se la situazione dovesse rimanere immutata, sarebbero destinati alla perdita della propria memoria storica, assoggettati a un ineluttabile fenomeno di sparizione delle nascite, mentre al contempo, i neonati, continuerebbero a essere privati di un comprovato legame con il vero luogo di origine della propria famiglia.

Con il presente progetto di legge, pertanto, si intende tutelare il diritto di ogni individuo di scegliere se mantenere o meno il proprio luogo familiare di origine, e porre in tal modo rimedio ad una esigenza sentita da moltissimi cittadini attualmente privati della facoltà di scegliere.

Nello specifico, l'articolo 1 della presenta proposta di legge si compone di tre commi. Il primo comma attribuisce ai genitori la facoltà di indicare, nella dichiarazione di nascita di cui all'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, il luogo familiare di origine, in aggiunta al comune ove è ubicato l'ospedale nel quale è effettivamente avvenuta la nascita.

Il secondo comma espone cosa si intende per "luogo familiare di origine", specificando che esso coincide con la residenza dei genitori o, previo accordo, di uno solo di essi; qualora invece non venga raggiunto un accordo, non è possibile indicare il luogo familiare di origine e deve essere indicato solo il luogo effettivo di nascita.

Il terzo comma puntualizza che, qualora i genitori scelgano di avvalersi della facoltà di indicare anche il luogo familiare di origine, il nuovo nato dovrà essere iscritto all'anagrafe del comune corrispondente.

L'articolo 2, invece, inquadra sistematicamente e coordina le norme con quanto già disposto in materia di anagrafe e di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396, adottato sulla base delle disposizioni di cui al comma 12 dell'articolo 2 della legge 15 maggio 1997, n. 127.

L'articolo 3, infine, prevede la clausola di invarianza finanziaria, in quanto dall'attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

DISEGNO DI LEGGE

 

Articolo 1

(Istituzione del luogo familiare di origine)

1. Al fine di tutelare il diritto al riconoscimento del luogo di origine della propria famiglia e di preservare il radicamento territoriale con il luogo di origine, nella dichiarazione di nascita di cui all'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, da rendere all'ufficiale di stato civile, è attribuita ai genitori la facoltà di indicare il luogo familiare di origine, in aggiunta al comune ove è ubicato l'ospedale nel quale è avvenuta la nascita.

2. Il luogo familiare di origine corrisponde al comune italiano ove risiedono i genitori, o uno solo di essi. Nel caso in cui i genitori non risiedano nello stesso comune, il luogo familiare di origine è stabilito di comune accordo. In mancanza di accordo, è dichiarato solo il luogo ove è avvenuta la nascita. Se la dichiarazione di nascita è resa da uno solo dei genitori, il luogo familiare di origine corrisponde alla residenza di quest'ultimo. Agli effetti della presente legge, per la residenza si applica l'articolo 43, secondo comma, del codice civile.

3. Qualora i genitori scelgano di avvalersi della facoltà di cui al comma 1, il figlio viene iscritto all'anagrafe del comune corrispondente.

 

Articolo 2

(Adeguamento delle norme regolamentari)

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono apportate le necessarie modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, al fine di coordinarne le disposizioni con quelle della presente legge.

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della giustizia, con proprio decreto, di concerto con il Ministero dell'interno, provvede all'adeguamento dei modelli dei documenti di identità e delle certificazioni di nascita, anagrafiche e di stato civile alle disposizioni introdotte dalla presente legge.

 

Articolo 3

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

venerdì 16 ottobre 2020

 


LA FILOSOFIA SBAGLIATA DELLA SPAZZATURA

 

Molti amministratori non hanno capito che l’aspetto più visibile su cui giocano la loro reputazione di bravi o cattivi amministratori sta nella gestione del servizio della spazzatura.

E’ questo il comparto più evidente dove è più visibile ai cittadini il rapporto spesa – servizio che, essendo sotto gli occhi di tutti, determina un continuo controllo indiretto da parte dei cittadini nel doppio ruolo di usufruitori del servizio e di pagatori dello stesso.

Come si sa la bolletta è il frutto, diviso fra tutti gli utenti, del costo complessivo che sostiene il comune in un anno per tutti i servizi, diretti ed indiretti, per tenere in piedi il carrozzone del servizio di spazzatura.

Più il comune spende in un anno, più alta sarà la bolletta per i cittadini perché non si tratta di una tassa stabilita a priori, ma di un costo e di una spesa variabili.

La filosofia che, da qualche anno, ha prevalso nella raccolta della spazzatura in molte città italiane, è quella della raccolta porta a porta che, a mio avviso, si è dimostrata incapace di assicurare la pulizia delle città.

Essa si basa sul concetto degli abitanti che usufruiscono di un servizio a giorni stabiliti per conferire la diversa tipologia della spazzatura in appositi contenitori sparsi su tutto il territorio comunale al servizio esclusivo dei nuclei familiari autonomi e dei condomini.

Questa filosofia riempie le città di innumerevoli contenitori che deturpano ancora di più, non elimina, ma aumenta la visione di spazzatura conferita in contenitori pieni da giorni e non impedisce i sacchetti lasciati in ogni dove.

Sono anche convinti che, avendo un adempimento ogni giorno, non ci dovremmo spostare da casa nostra se non per qualche ora ed essere sempre puntuali nella consegna dei sacchetti o dei contenitori.

Per la ditta di raccolta diventa più oneroso effettuare fermate e svuotamento in ogni porta della città con costi maggiori che si riversano sulla bolletta dei cittadini.

Bisogna mettere i cittadini nelle condizioni di essere puliti con una organizzazione idonea che giustifichi le multe che devono essere fatte a coloro che continuano a sporcare dopo che, a causa del servizio razionalizzato, non esistono più alibi.

Altro aspetto trascurato per le città ed i comuni su cui si riversano cittadini di altri paesi per turismo o brevi soste è l’assenza di un servizio diretto a questa fascia di utenti provvisori che, non avendo dove conferire la loro momentanea spazzatura, la riversano in ogni dove sporcando ancora di più la città ed aumentando ancora di più il costo della bolletta finale dei cittadini che pagano.

E’ in ogni caso necessario che si creino parecchie zone di raccolta con cassonetti e cassoni dove conferire la spazzatura, sia differenziata che non, ed evitare la squallida visione di tanti contenitori sporchi e strapieni in ogni momento della giornata e potere usare il pugno duro nei confronti dei menefreghisti che non avrebbero più nessun alibi in merito alla mancanza di posti dove conferire.

E’ chiaro che queste zone di conferimento non avrebbero necessità di personale stabile, ma solo l’esigenza che la ditta ne operi lo svuotamento con continuità rapportata alla tipologia di quanto conferito.

 Se poi il cittadino vuole lo sconto bolletta, potrà sempre utilizzare i centri comunali di conferimento come avviene adesso. Comunque vista l’esperienza alquanto negativa, non si potrà continuare ancora così.

             Sr. 16/10/2020                                                Pippo Bufardeci

martedì 2 giugno 2020




FESTA DELLA REPUBBLICA 2020 E DELLA COSTITUZIONE.

IL RICORDO DI UNA GRANDE DONNA DELLA POLITICA SICILIANA E DELLA COSTITUZIONE IN UN MIO ARTICOLO SULLA RIVISTA "TALE' " DEL 2011


MARIA NICOTRA FIORINI VERZOTTO, DONNA DELLA COSTITUENTE 


Riteniamo interessante, nella ricorrenza del 150° anniversario dell’unità d’ Italia, evidenziare un aspetto importante di quell’avvenimento che riguarda il mondo femminile espresso attraverso la presenza delle donne sia in fase di votazione che soprattutto in seno all’Assemblea Costituente.
Fra queste donne ricordiamo una figura parlamentare molto importante per la nostra zona della Sicilia orientale e cioè l’on. Maria Nicotra Fiorini Verzotto che fu una delle 21 donne elette alla Costituente su 556 deputati.
Fu eletta nel collegio di Catania nella lista della Democrazia Cristiana con 22838 voti di preferenza rimanendo in carica dal 18 luglio del 1948 fino al 31 gennaio dello stesso anno per essere poi riconfermata nella successiva prima legislatura dello Stato repubblicano che si svolse dal 26 aprile del 1948 al 24 giugno del 1953.
Ma perché la Democrazia Cristiana, in un momento importante per la storia della Repubblica, scelse la giovane Maria Nicotra Fiorini che, nata a Catania il 6 luglio del 1913, all’atto della proclamazione avvenuta il 10 giugno del 1946 aveva appena 33 anni ed era anche donna?.
La nostra giovane politica, di professione casalinga, non era una donna qualsiasi e non lo fu nemmeno negli anni in cui svolse un ruolo politicamente non elettivo, ma negli organismi locali prima e quale moglie dopo di uno degli uomini più in vistai del dopoguerra nel panorama politico e manageriale siciliano.
Maria Nicotra Fiorini Verzotto appartiene ad una famiglia catanese che potremmo definire aristocratica e fin da giovane si distingue per le sue forti convinzioni religiose che, da fervente cattolica, la portano a ricoprire importanti incarichi nazionali nelle file dell’Azione Cattolica e delle Acli divenendo poi, nel 1958, anche vice delegata nazionale del Movimento Femminile della DC.
Il suo impegno civile si era espletato anche in diverse associazioni di volontariato fra cui la Croce Rossa Italiana nel periodo della guerra e della resistenza conseguendo la medaglia d’oro.
A Catania ricoprì anche l’incarico di segretaria provinciale della Democrazia Cristiana e di presidente dell’Istituto Autonomo per le case popolari dal 1960 al 1965.
Il 16 luglio del 1949 si sposa con un giovane funzionario della DC venuto dal Veneto ed inviato dal segretario nazionale della DC Fanfani per collaborare con il comitato provinciale di Catania e destinato a diventare, dal 1955 al 1975, l’uomo politico più importante della provincia di Siracusa ricoprendo l’incarico di segretario provinciale della DC, di Senatore eletto nel collegio di Noto, di segretario regionale del partito e di presidente dell’Ente Minerario siciliano.
Nel 1968 partecipa attivamente all’organizzazione della campagna elettorale del marito e della sua elezione a senatore così come si distingue nell’organizzazione della prima campagna elettorale dell’on. Concetto LoBello avvenuta nel 1972 che il marito sponsorizza fortemente.
 Frequenterà sempre più spesso la città di Siracusa trasferendosi definitivamente in un appartamento di corso Gelone per poi trasferirsi prima a Roma e poi in provincia di Padova dove, il 14 luglio del 2007, all’età di 94 anni, terminerà la sua intensa vita terrena dopo avere ricevuto il suo ultimo riconoscimento pubblico e cioè l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica da parte del Presidente Giorgio Napolitano il 27 ottobre 2006.
La sua presenza siracusana fu molto discreta e molto attenta allo svolgimento dei fatti politici pur senza mai interferire né manifestare pubblicamente la propria opinione se non in presenza di una ristretta e discreta cerchia di poche persone con cui intratteneva un serio rapporto di amicizia e fiducia e di cui mi onoro d’averne fatto parte.
L’unica evidente presenza pubblica si manifestò quando sostituì il marito alla presidenza del Siracusa calcio dal 1975 al 1978 diventando la prima donna in Italia a ricoprire la carica di presidente di una squadra di calcio ricevendo anche il premio dell’USSI, unione stampa sportiva italiana, che fu assegnato a sportivi e dirigenti meritevoli presso il comune di Cefalù.
Ma riprendiamo il discorso relativo all’impegno politico ed istituzionale di Maria Nicotra Fiorini che, nel 1946, la vede fra le 9 democristiane elette all’Assemblea Costituente assieme ad altre 9 rappresentanti del partito comunista italiano, a 2 socialiste e ad una rappresentante della lista dell’uomo qualunque.
Per la verità la percentuale, inferiore al 4%, delle donne presenti in Assemblea cozzava con la grande partecipazione femminile al voto che si era avuta, soprattutto nel mezzogiorno, a testimonianza di una presa di coscienza politica importante nel momento storico che vedeva nel 1946, la espressione del voto femminile per la prima volta a suffragio universale dopo venti tentativi storici di introduzione della norma andati a vuoto.
Difatti la percentuale delle donne votanti in Sicilia fu dell’86,2 % a fronte dell’84,8 % degli uomini così come in Sardegna fu rispettivamente dell’87,3 % e dell’84,4 %.
A questa alta percentuale di partecipazione femminile contribuirono vari fattori compresa una forte presa di coscienza del ruolo sociale della donna, l’esodo migratorio post bellico che non permise a molti uomini di rientrare nelle sedi d’origine per il voto e l’appello del 1945 di Papa Pio XII alle donne cattoliche a mobilitarsi fortemente.
L’attività delle donne democristiane e della Fiorini Nicotra nell’Assemblea Costituente, si svolse prevalentemente per fare riconoscere alcuni principi fondamentali quali la pari dignità sociale e l’eguaglianza difronte alla legge di tutti i cittadini, la parità di uomini e donne in ambito lavorativo, l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi all’interno del matrimonio e la parità di accesso agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza.
Come ricorda la prof. Concetta Carrà in una relazione del 2009 su “Donne e Costituente “ – Fu come un’esplosione popolare dell’animo cristiano che vedeva la politica non tanto come la si possa pensare oggi ( fatta di compromessi ), ma come la rivalutazione delle profonde radici cristiane da mettere al servizio della ricostruzione dell’Italia - .
Nella prima legislatura repubblicana, che si svolse dal 26 aprile 1948 al 24 giugno 1953, Maria Nicotra Fiorini rappresentò nuovamente la circoscrizione catanese e svolse un importante lavoro legislativo sia come proponente che come firmataria di numerose proposte di legge ed interrogazioni ed interpellanze.
Fece parte della commissione Giustizia e di quella dei Trasporti nonché della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla e della Commissione parlamentare di vigilanza sulle condizioni dei detenuti negli stabilimenti carcerari.
Fra le proposte di legge ricordiamo quella sulla concessione della indennità di buonuscita al personale ex ausiliario delle poste e per la protezione degli scolari dai pericoli della tubercolosi. Nonché l’autorizzazione al Ministero dei lavori pubblici per la spesa di lire 19.809.700.000 per case popolari per i terremotati del 28 dicembre del 1908 e del 15 gennaio 1915, la istituzione dei collegi delle infermiere professionali e delle assistenti sanitarie visitatrici e l’organizzazione e la raccolta di fondi per la lotta contro i tumori.
Vi sono poi anche numerosi interventi, sia in aula che in commissione, riguardanti importanti atti legislativi e progetti di legge.
Fra i suoi interventi in aula relativi alla illustrazione di interrogazioni vorrei solo evidenziare quello del 27 ottobre del 1948 relativo ai moti contadini che si verificarono a Lentini il 19 ottobre del 1948 e nei giorni seguenti.
L’interrogazione, di cui è prima firmataria l’on. Maria Nicotra Fiorini e che vede, fra le altre, anche la firma del deputato netino Corrado Terranova, così recita: I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’Interno per conoscere l’esatta versione dei gravi fatti verificatesi nel comune di Lentini durante i quali riportarono ferite agenti e carabinieri, venne invaso il Municipio ed ebbero a subire violenze i rappresentanti del comune, fra cui il sindaco e per conoscere quali provvedimenti siano stati presi - .
Attraverso la lettura dell’intervento della Nicotra Fiorini e dei relatori degli altri gruppi politici che avevano presentato simili interrogazioni si apre uno spaccato della vita contadina post fascista che non si limita solo alla realtà agricola del comune di Lentini, ma fotografa la situazione dei contadini siciliani sempre alla ricerca di una soluzione ai propri atavici problemi che sembrano non trovare mai punti certi di riconoscimento dei diritti che si protraggono nel tempo e si manifestano ciclicamente anche con azioni di grave impatto sociale.
Lentini, come nel tempo anche Portella delle ginestre, Avola ed altri ancora.
Il fatto specifico, che merita un approfondimento ulteriore è stato anche evidenziato di recente in un convegno svoltosi nel 2009 a Lentini.
Esso prende le mosse dalla contestata applicazione della legge sull’imponibile di manodopera in provincia di Siracusa che provocò arresti, feriti, disordini ed assalto alle istituzioni.
Una vita politica della Maria Nicotra Fiorini spesa al servizio delle istituzioni e nell’interesse delle popolazioni di cui aveva ricevuto la fiducia ed il mandato elettorale.
Possiamo tranquillamente affermare che con la scomparsa dell’on. Maria Nicotra Fiorini Verzotto viene meno un politico ed un servitore delle istituzioni che ha saputo dare testimonianza del concetto di servizio della politica così come lo furono tutti coloro che erano animati dagli ideali che professavano e che trasferivano nella gestione della cosa pubblica ed in particolare le rappresentanti del variegato e complesso mondo femminile del dopoguerra.

Pippo Bufardeci               Febbraio 2011