sabato 31 ottobre 2020

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

XVIII LEGISLATURA

 

 

DISEGNO DI LEGGE

d'iniziativa del Senatore Faraone

 

 

 

Riconoscimento del luogo familiare di origine



 

( Su mia proposta il sen. Davide Faraone, presidente del gruppo del Senato di Italia Viva, ha presentato il disegno di legge con il quale si propone che i comuni riprendano il loro diritto di registrare i propri cittadini come nati nel comune di provenienza e non come imposizione del luogo di nascita nel comune in cui è ubicato l'ospedale nel quale viene effettuato il parto)

 

Onorevoli Senatrici e Senatori. - Il presente disegno di legge mira a tutelare il diritto di ogni individuo al riconoscimento del luogo familiare di origine e, al contempo, a preservarne il radicamento territoriale.

Con la presente proposta di legge, pertanto, si mira a tutelare la duplice finalità di contrastare l'imposizione del comune di nascita, inteso come luogo ove è ubicato l'ospedale nel quale è avvenuto il parto, a favore di una libera scelta tra il suddetto e il comune familiare di origine e, al contempo, di evitare la perdita della memoria storica delle molteplici piccole realtà che da sempre caratterizzano il nostro Paese.

L'anagrafe è un registro della popolazione, una fonte informativa di primaria importanza che adempie a molteplici scopi, quali fini statistici, elettorali, tributari, ma soprattutto, tramite la denuncia della nascita dei neonati, fornisce uno stato giuridico e conferisce una identità a questi ultimi, inquadrandoli in un determinato territorio.

Sebbene l'istituzione dell'anagrafe, nella sua più moderna accezione, costituisca un fatto relativamente recente, questa affonda in realtà le sue radici in tempi ben più remoti, riconducibili ai tempi della pratica dei censimenti.

Difatti, nonostante avessero una portata più limitata e scopi non del tutto analoghi, già nell'antico Egitto, nell'antica Grecia e nell'antica Roma furono messi a punto sistemi di rilevazione e di registrazione censuaria al fine di stilare delle liste che consentissero di determinare la numerosità della popolazione, la loro composizione sociale e i mutamenti demografici, a fini tributari, militari, etc.

Tale pratica cominciò a decadere nel Medio Evo, quando i censimenti non furono più effettuati su vasti territori ma piuttosto su singole località, per poi ripresentarsi con maggior vigore con il Concilio di Trento del 1563, grazie al quale le rilevazioni demografiche divennero uno strumento utilizzato in maniera diffusa e sistematica.

In Italia il servizio anagrafico, funzionante sulla base di registri comunali della popolazione e dotato di un apposito ufficio di riferimento denominato "Ufficio delle Anagrafi", fu istituito con il regio decreto del 31 dicembre 1864, n. 2015. Tuttavia, l'implementazione di tale servizio risultò più ardua della sua stessa istituzione e così, prima che divenne effettivamente ed uniformemente operativo su tutto il territorio nazionale, furono adottati altri regi decreti e si dovette attendere fino al 1873, quando venne pubblicato il nuovo regolamento.

Ad oggi, funzione dell'anagrafe è quella di registrare nominativamente gli abitanti di un determinato Comune, sia come singoli individui sia come componenti di un nucleo familiare, illustrandone anche le caratteristiche naturali e sociali, allo scopo di rilevare i mutamenti demografici.

Alla luce delle funzioni fondamentali ricoperte dall'anagrafe, la legge italiana prevede l'obbligo di denunciare la nascita dei neonati entro il termine di tre giorni dalla nascita direttamente presso la struttura sanitaria nella quale è nato, oppure entro dieci giorni presso l'ufficio di stato civile del comune dove è avvenuta la nascita o in quello del comune di residenza dei genitori, in conformità con quanto disposto dall'articolo 30, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica del 3 novembre 2000, n. 396.

Tuttavia, se i genitori del neonato sono residenti in un comune differente rispetto a quello dove è ubicata la struttura sanitaria in cui è avvenuta la nascita, l'ufficiale di stato civile trascrive d'ufficio l'atto nel comune di residenza dei genitori. Ciò che ne consegue è che il neonato viene registrato come nato in un comune diverso rispetto a quello dove viene iscritta la sua residenza.

Considerato che la primaria funzione dell'anagrafe è quella di attribuire un riconoscimento e uno stato giuridico al neonato, appare paradossale conferire a quest'ultimo un comune di nascita differente da quello dove avrà luogo la sua prima residenza e che, soprattutto, non coincide con la sua identità geografica.

Tale situazione, lungi dall'essere sporadica, si verifica costantemente in moltissime realtà presenti sull'intero territorio nazionale e, per la precisione, ogni qualvolta la nascita avvenga in un Comune privo di una struttura ospedaliera o comunque sprovvisto di una struttura adeguatamente attrezzata.

Tale fenomeno, però, si è andato ulteriormente intensificando nel tempo, in seguito all'adozione di una serie di provvedimenti regionali che si inseriscono nel quadro del "Patto per la salute 2010-2012" siglato il 3 dicembre 2009 tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzato a promuovere un processo di riorganizzazione delle reti regionali di assistenza ospedaliera, al fine di migliorare la qualità dei servizi e delle prestazioni offerte e di ottimizzare e non disperdere le risorse a disposizione.

In particolare, l'allegato 1 dell'accordo della conferenza unificata del 16 dicembre 2010, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, prevede il mantenimento o l'attivazione dei punti nascita in base a degli standard prettamente quantitativi, fissando a 1000 nascite annuali il parametro cui tendere, prevedendo delle eccezioni per i punti nascita con numerosità inferiore, ma comunque non al di sotto di 500 parti annui, sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità territoriali.

In conseguenza della chiusura dei punti nascita impossibilitati a rispettare la suddetta soglia, unitamente al fatto che le pratiche di assistenza domiciliari alla nascita sono oramai da tempo in disuso, si assiste a un flusso sempre più abbondante delle future madri costrette a spostarsi dai propri comuni di residenza verso comuni di maggiori dimensioni muniti di strutture ospedaliere adeguate a prestare assistenza al parto.

Di conseguenza, i casi di discrasia tra il luogo di origine, ovvero il luogo di provenienza della propria famiglia, e quello di nascita, sono destinati ad aumentare nel tempo.

Tale situazione non è però rimasta priva di conseguenze, in quanto ha determinato un ingorgo anagrafico, oltre a tangibili incongruenze storico-sociali.

L'ingorgo anagrafico è dovuto al fatto che i genitori dei nuovi nati sono obbligati ad indicare quale luogo di nascita il comune in cui è ubicato l'ospedale. Tra i principali problemi riscontrabili e imputabili a tale ingorgo anagrafico, vi è che in tali comuni si registra uno scostamento tra le nuove nascite che vengono registrate e le persone che sono effettivamente residenti, generando significativi effetti distorsivi anche a fini statistici. Inoltre, ciò comporta un disfunzionamento amministrativo per tutti i cittadini residenti in un comune diverso da quello di nascita, in quanto, per qualsiasi pratica che necessita del documento di nascita, devono richiederlo nel comune di ubicazione dell'ospedale.

Infine, tale situazione crea e alimenta tangibili incongruenze storico-sociali. Difatti, si sta manifestando una situazione paradossale: da un lato, vi è la volontà politica di rivalorizzare i borghi e i piccoli paesi, anche attraverso una politica di mantenimento degli iscritti nelle rispettive anagrafi, dall'altro, la scelta di far coincidere il comune di nascita con quello ove è ubicato l'ospedale piuttosto che con quello di residenza familiare rende le località più piccole dei paesini fantasma, con borghi che non avranno nessun ricordo storico futuro, privi di cittadini e con solo meri residenti.

Pertanto i comuni di piccole dimensioni, se la situazione dovesse rimanere immutata, sarebbero destinati alla perdita della propria memoria storica, assoggettati a un ineluttabile fenomeno di sparizione delle nascite, mentre al contempo, i neonati, continuerebbero a essere privati di un comprovato legame con il vero luogo di origine della propria famiglia.

Con il presente progetto di legge, pertanto, si intende tutelare il diritto di ogni individuo di scegliere se mantenere o meno il proprio luogo familiare di origine, e porre in tal modo rimedio ad una esigenza sentita da moltissimi cittadini attualmente privati della facoltà di scegliere.

Nello specifico, l'articolo 1 della presenta proposta di legge si compone di tre commi. Il primo comma attribuisce ai genitori la facoltà di indicare, nella dichiarazione di nascita di cui all'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, il luogo familiare di origine, in aggiunta al comune ove è ubicato l'ospedale nel quale è effettivamente avvenuta la nascita.

Il secondo comma espone cosa si intende per "luogo familiare di origine", specificando che esso coincide con la residenza dei genitori o, previo accordo, di uno solo di essi; qualora invece non venga raggiunto un accordo, non è possibile indicare il luogo familiare di origine e deve essere indicato solo il luogo effettivo di nascita.

Il terzo comma puntualizza che, qualora i genitori scelgano di avvalersi della facoltà di indicare anche il luogo familiare di origine, il nuovo nato dovrà essere iscritto all'anagrafe del comune corrispondente.

L'articolo 2, invece, inquadra sistematicamente e coordina le norme con quanto già disposto in materia di anagrafe e di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396, adottato sulla base delle disposizioni di cui al comma 12 dell'articolo 2 della legge 15 maggio 1997, n. 127.

L'articolo 3, infine, prevede la clausola di invarianza finanziaria, in quanto dall'attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

DISEGNO DI LEGGE

 

Articolo 1

(Istituzione del luogo familiare di origine)

1. Al fine di tutelare il diritto al riconoscimento del luogo di origine della propria famiglia e di preservare il radicamento territoriale con il luogo di origine, nella dichiarazione di nascita di cui all'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, da rendere all'ufficiale di stato civile, è attribuita ai genitori la facoltà di indicare il luogo familiare di origine, in aggiunta al comune ove è ubicato l'ospedale nel quale è avvenuta la nascita.

2. Il luogo familiare di origine corrisponde al comune italiano ove risiedono i genitori, o uno solo di essi. Nel caso in cui i genitori non risiedano nello stesso comune, il luogo familiare di origine è stabilito di comune accordo. In mancanza di accordo, è dichiarato solo il luogo ove è avvenuta la nascita. Se la dichiarazione di nascita è resa da uno solo dei genitori, il luogo familiare di origine corrisponde alla residenza di quest'ultimo. Agli effetti della presente legge, per la residenza si applica l'articolo 43, secondo comma, del codice civile.

3. Qualora i genitori scelgano di avvalersi della facoltà di cui al comma 1, il figlio viene iscritto all'anagrafe del comune corrispondente.

 

Articolo 2

(Adeguamento delle norme regolamentari)

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono apportate le necessarie modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, al fine di coordinarne le disposizioni con quelle della presente legge.

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della giustizia, con proprio decreto, di concerto con il Ministero dell'interno, provvede all'adeguamento dei modelli dei documenti di identità e delle certificazioni di nascita, anagrafiche e di stato civile alle disposizioni introdotte dalla presente legge.

 

Articolo 3

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

venerdì 16 ottobre 2020

 


LA FILOSOFIA SBAGLIATA DELLA SPAZZATURA

 

Molti amministratori non hanno capito che l’aspetto più visibile su cui giocano la loro reputazione di bravi o cattivi amministratori sta nella gestione del servizio della spazzatura.

E’ questo il comparto più evidente dove è più visibile ai cittadini il rapporto spesa – servizio che, essendo sotto gli occhi di tutti, determina un continuo controllo indiretto da parte dei cittadini nel doppio ruolo di usufruitori del servizio e di pagatori dello stesso.

Come si sa la bolletta è il frutto, diviso fra tutti gli utenti, del costo complessivo che sostiene il comune in un anno per tutti i servizi, diretti ed indiretti, per tenere in piedi il carrozzone del servizio di spazzatura.

Più il comune spende in un anno, più alta sarà la bolletta per i cittadini perché non si tratta di una tassa stabilita a priori, ma di un costo e di una spesa variabili.

La filosofia che, da qualche anno, ha prevalso nella raccolta della spazzatura in molte città italiane, è quella della raccolta porta a porta che, a mio avviso, si è dimostrata incapace di assicurare la pulizia delle città.

Essa si basa sul concetto degli abitanti che usufruiscono di un servizio a giorni stabiliti per conferire la diversa tipologia della spazzatura in appositi contenitori sparsi su tutto il territorio comunale al servizio esclusivo dei nuclei familiari autonomi e dei condomini.

Questa filosofia riempie le città di innumerevoli contenitori che deturpano ancora di più, non elimina, ma aumenta la visione di spazzatura conferita in contenitori pieni da giorni e non impedisce i sacchetti lasciati in ogni dove.

Sono anche convinti che, avendo un adempimento ogni giorno, non ci dovremmo spostare da casa nostra se non per qualche ora ed essere sempre puntuali nella consegna dei sacchetti o dei contenitori.

Per la ditta di raccolta diventa più oneroso effettuare fermate e svuotamento in ogni porta della città con costi maggiori che si riversano sulla bolletta dei cittadini.

Bisogna mettere i cittadini nelle condizioni di essere puliti con una organizzazione idonea che giustifichi le multe che devono essere fatte a coloro che continuano a sporcare dopo che, a causa del servizio razionalizzato, non esistono più alibi.

Altro aspetto trascurato per le città ed i comuni su cui si riversano cittadini di altri paesi per turismo o brevi soste è l’assenza di un servizio diretto a questa fascia di utenti provvisori che, non avendo dove conferire la loro momentanea spazzatura, la riversano in ogni dove sporcando ancora di più la città ed aumentando ancora di più il costo della bolletta finale dei cittadini che pagano.

E’ in ogni caso necessario che si creino parecchie zone di raccolta con cassonetti e cassoni dove conferire la spazzatura, sia differenziata che non, ed evitare la squallida visione di tanti contenitori sporchi e strapieni in ogni momento della giornata e potere usare il pugno duro nei confronti dei menefreghisti che non avrebbero più nessun alibi in merito alla mancanza di posti dove conferire.

E’ chiaro che queste zone di conferimento non avrebbero necessità di personale stabile, ma solo l’esigenza che la ditta ne operi lo svuotamento con continuità rapportata alla tipologia di quanto conferito.

 Se poi il cittadino vuole lo sconto bolletta, potrà sempre utilizzare i centri comunali di conferimento come avviene adesso. Comunque vista l’esperienza alquanto negativa, non si potrà continuare ancora così.

             Sr. 16/10/2020                                                Pippo Bufardeci