sabato 28 dicembre 2013

LA POLITICA SI RIPOSIZIONA MA NON PUO’ ELUDERE IL CONFRONTO


 
 

C’è un gioco di posizionamento nella politica nazionale che vede i partiti politici come i ciclisti che si preparano a disputare la volata cercando le posizioni giuste per evidenziare la loro presenza.
In questa fase non potrebbe essere altrimenti visto che i sommovimenti recenti fra le forze politiche hanno rimescolato il quadro politico complessivo con conseguente riaggregazione di milioni di elettori.
Questo flusso migratorio di elettori, non ancora quantificabile sul piano numerico, non interessa soltanto i partiti all’interno degli schieramenti consolidati, ma anche nel rapporto destra – sinistra ed in ciò che questi schieramenti possono sacrificare sull’altare della contestazione umorale.
I fatti politici più rilevanti di quest’anno che passa si possono riassumere nella scissione del popolo della libertà, nel rimescolamento del centro e nell’ascesa di Renzi nel PD.
Nel centro destra, per la prima volta dopo venti anni, Berlusconi non è più il padrone assoluto delle sorti di questa fascia di elettorato, ma dovrà fare i conti con il nuovo centro destra di Alfano, ma anche con la ricostituzione della destra di tradizione missina.
Qualunque sia la presenza numerica di queste forze politiche esse saranno determinanti per la vittoria o meno di questo schieramento.
Il centro, con Forza civica, i popolari di Mauro e l’UDC di Casini, dovrà dirci cosa vorrà fare da grande e la sua scelta potrà essere determinante per la vittoria o meno di uno degli schieramenti competitivi nel sistema maggioritario.
Il centro sinistra di Renzi, per la prima volta, nella storia del PD, vede il proprio segretario insofferente verso un Governo che è espressione del suo stesso partito.
Ma lo vede molto sul piano dell’ascesa personale di Renzi piuttosto che su quello della proposta che, allo stato attuale se si spoglia del manto parolaio, appare poco incisiva.
Con questo scenario lo stallo politico appare la soluzione più a portata di mano, ma allo stesso tempo, è la soluzione peggiore perché si rischia lo tsunami politico.
Ecco perché la proposta di Alfano di un programma alla tedesca sulle cose da fare appare la più conducente per lasciare una traccia seria di questo Governo risolvendo quello che obiettivamente è possibile risolvere.
I riflettori quindi si spostano sulle future proposte ai problemi e sarà un lavoro serio se tutti usciranno dalla illusione di essere protagonisti nell’elencazione delle sole cose da fare senza assumersi la responsabilità, anche impopolare, del fare.
In questi giorni, che speriamo passino presto, sono tutti nella fase dello studio reciproco affilando le armi per il prossimo confronto.
Dovranno però capire che un fallimento avrà conseguenze catastrofiche sulla politica e sulle istituzioni italiane, mentre una riuscita, anche parziale di questo progetto di accordo programmatico, potrà avere effetti positivi anche sconvolgenti nel sistema politico e delle alleanze.
Questo tema lo tratteremo in un prossimo intervento.
Pippo Bufardeci
28.12. 2013

 

venerdì 20 dicembre 2013


FINANZIAMNETO AI PARTITI, IL GIOCO DELLE PARTI

 

Si è ricominciato, in termini concreti, a parlare di finanziamento pubblico ai partiti in quanto  il Governo Letta ha trasformato in decreto legge l’intesa già raggiunta dai gruppi parlamentari con l’approvazione di una proposta in seno alla Camera dei deputati.
La proposta prevede che l’effetto dell’assenza di denaro pubblico venga spalmato in quattro anni per cessare definitivamente nel 2017.
Ma sono subito sorte le polemiche da parte di tutti i gruppi politici che si sono sbizzarriti nel  rivendicare la genitura di altre proposte capaci di accorciare i tempi di attuazione della legge pur pensando di perdere ulteriore tempo per non attuarla.
Secondo me Letta è stato troppo responsabile, ma anche  poco accorto nel capire gli umori della gente e nell’anticipare le speculazioni dei suoi avversari politici.
Troppo responsabile perché il finanziamento pubblico ha purtroppo innescato meccanismi di speculazione e di latrocinio che i cittadini non sopportano più soprattutto se rapportano lo scialo di alcuni alle loro ristrettezze di vita.
Non nascondiamo però che questa responsabilità è dovuta anche a problemi che riguardano la partecipazione democratica alla vita politica e anche i lavoratori che in essa operano.
Il latrocinio è fortemente scaturito dalla gestione dei soldi dei gruppi parlamentari ai vari livelli e per questo bisogna approvare leggi molto severe per i trasgressori e condanne esemplari perché bisogna che si instauri una certa sacralità del bene comune.
La motivazione democratica sta nel fatto, che condivido, che la politica non può essere appannaggio solo di chi ha i soldi, ma le varie libere espressioni democratiche della società vanno aiutate e salvaguardate con appositi interventi.
Allo stato attuale vi è anche un problema di lavoro per coloro che, al di la della politica e dei partiti, prestano la loro opera lavorativa per il necessario funzionamento di una struttura che deve dare risposte e supporto alle proposte degli aderenti.

Secondo me Letta rischia di non essere compreso nello sforzo che in ogni caso ha fatto per porre il problema all’attenzione delle Camere e per porre un limite massimo alla sua definizione.
Bisognava  essere più drastici per evitare  prese di posizioni strumentali da parte di chi forse non vuole che cessi detto finanziamento.
Bisognava abolirlo subito per mettere tutti sul fatto compiuto e capirne le strategie.
Inserendo successivamente i temi del lavoro e della Democrazia.
Adesso Alfano ha detto che il suo partito è pronto ad una abolizione immediata e non dilazionata, ma gli altri hanno fatto finta di non sentire.

Bisogna che ci siano regole chiare sull’utilizzo dei fondi pubblici perché non possono essere lasciati alla discrezionalità della Corte dei Conti o della magistratura in  generale, ma è soprattutto necessario che chi si appropria di soldi o beni della collettività sappia che la sua pena deve essere applicata sempre in modo esemplare senza sconti né riabilitazioni.
Per questo riteniamo che l’abolizione immediata avrebbe trovato più consensi fra i cittadini.
Pippo Bufardeci ( 20.12.2013 )

 

domenica 15 dicembre 2013


IL MATTARELLUM ADESSO PIACE MA ATTENTI ALLE FURBATE

Con la recente sentenza della Corte Costituzionale che, ha cassato alcune parti dell’attuale legge elettorale, detta Porcellum, è iniziato il teatrino delle proposte e delle controproposte.
Non tutti coloro che si cimentano in questo nuovo gioco di indicare le prossime regole della lotta politica capiscono di cosa parlano.
Abbiamo così letto che, una volta cassata la legge in vigore, sarebbe subentrata quella precedente e cioè il Mattarellum come se ci trovassimo in presenza di eletti e non eletti.
Allo stesso modo abbiamo ascoltato interviste ed interventi confusionari e poco conducenti ad una vera e seria legge elettorale perché ciascuno vede il pezzo che più si potrebbe sposare con i propri interesse personali e di parte politica.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza basta partire dalle cose più elementari.
La prima è che  una legge elettorale deve rispondere agli interessi della stragrande maggioranza dei cittadini che, nelle regole che essa esprime, devono ritrovarsi per difendere le istituzioni indipendentemente se si svolge il compito di maggioranza o di opposizione.

Quindi essa non si può attuare a colpi di maggioranza o con le furbate di qualche politichetto che si sente primo della classe, ma va ricercata un’ampia convergenza anche su un progetto di società che si intende costruire con lo strumento elettorale.
Seconda cosa è che non subentra automaticamente nessuna legge elettorale a quella attuale, ma si deve procedere alla approvazione parlamentare di una nuova legge anche se si dovesse scegliere di ritornare ad applicare, in toto, una precedentemente utilizzata.
In questa fase il vero problema di fondo, che molti tentano di offuscare, è quello che riguarda la scelta dei rappresentanti parlamentari direttamente da parte degli elettori oppure da parte dei capi bastone e delle strutture partitiche.
Non vi è dubbio che chi adesso propone di ritornare al Mattarellum, secondo la versione originaria, non fa altro che impedire la scelta diretta da parte dei cittadini evitando le preferenze.
Difatti, sia i candidati nei vari collegi che quelli indicati per la lista proporzionale del 25% degli eletti, sono tutti scelti dagli apparati e non dai cittadini.
E non si venga a parlare di primarie che, come si svolgono adesso, sono solo un momento propagandistico di qualche partito e non una sicurezza per gli elettori.
Basterebbe solo ricordarsi le polemiche sui brogli elettorali e sulle tessere che determinano la poco affidabile platea elettorale.
Allora la soluzione più rispondente ad un sistema democratico che possa fare ritornare ai cittadini il gusto dell’importanza della politica deve essere quella che, attraverso le preferenze, li possa  fare risentire protagonisti.
Allo stesso modo bisogna riagganciare gli eletti al territorio ed alle esigenze dei cittadini e non renderli vassalli o servi sciocchi di chi detiene il potere di ricandidarli.
Il Mattarellum è una buona base di partenza se lo si rinnova inquadrandolo nella logica della maggiore partecipazione dei cittadini nella scelta degli eletti senza le furbate di chi vorrebbe cambiare per continuare a fare il padre padrone degli eletti.
Pippo Bufardeci
15/12/2013

mercoledì 11 dicembre 2013


BERLUSCONI, UN POVERO CALIGOLA? 

Che Silvio Berlusconi abbia il culto della sua personalità e che ami atteggiarsi a reinterpretare di alcuni personaggi che hanno lasciato tracce storiche nel loro peregrinare sulla terra, è un fatto ormai noto.
I suoi atteggiamenti sono tutti improntati alla “grander” personale che fanno a pugni con la “ pocher ” in cui si trova l’Italia è un altro fatto altrettanto noto.
E’ un istrione direbbero i molti cittadini che lo hanno scelto come leader politico mentre non sarebbero dello stesso parere i numerosi cittadini che non lo hanno mai votato.
Gli uni e gli altri hanno sentito, in negativo o positivo, tutto ed il contrario di tutto, da Silvio e su Silvio.
Per fortuna che Silvio c’è, Silvio pensaci tu, Club forza Silvio e tanti altri apprezzamenti come dicono i suoi fan o tante puttanate come dicono i suoi avversari.
Ma forse né gli uni né gli altri avrebbero mai pensato che il Silvio nazionale reincarnasse anche l’imperatore Caligola.
Certo, visti i tempi magri per gli italiani e molto meno per lui il Silvio nazionale  si è data una “diminuzio”  rispetto a Caligola.
L’imperatore, quello vero, nominò senatore il suo cavallo mentre quello meneghino si è limitato a costituire i club per il suo cagnolino Dudù  che, con grande fantasia, si chiamano Forza Dudù.
Certo Caligola virilmente nominò il suo cavallo in quanto espressione di forza, di coraggio e di combattimento.
Il Silvio nazionale va un po’ sul tenero con i cagnolini che sono più affettuosi e fedeli per cui, mentre Caligola nominò un solo senatore, lui ha riempito molti scranni dei due rami del Parlamento.
Pippo Bufardeci
11-12-13

 

lunedì 9 dicembre 2013

ATTENZIONE A NON CONFONDERE RENZI CON IL RE D’ITALIA


 Nel periodo politico attuale, dove alla razionalità si è sostituito il tifo da stadio, la elezione di un segretario di partito assume il significato di un grande evento simbolico nazionale alimentando ancora di più la confusione in cui siamo caduti.
Qualsiasi partito è sempre, anche per definizione, una parte di un sistema rappresentativo più ampio che riguarda milioni di cittadini.
Il 70% trionfante di Renzi bisogna calcolarlo sul totale del 100% degli elettori del partito che lo hanno espresso.
Poiché questi ultimi sono stati meno di 3 milioni, possiamo affermare, ad abbundanziam, che il fenomeno Renzi rappresenta circa 2 milioni e 100 mila cittadini iscritti al suo partito. Con una proiezione esterna essi equivalgono ad un effimero partitino che forse non raggiungerebbe il 5% su scala nazionale per avere una propria rappresentanza in Parlamento.
Per di più il PD, partito  che Renzi dirigerà, non ha una platea elettorale tale da renderlo protagonista assoluto del destino del Paese, ma si attesta su percentuali che vanno dal 20 al 30% nella migliore delle ipotesi.
Rimane un 60 - 70 % di italiani che Renzi non può rappresentare perché non sono con il suo partito.
Quindi siamo in presenza di una minoranza, importante, ma minoranza, che non deve illudersi di avere partorito il Re d’Italia o l’uomo della provvidenza perché in una democrazia plurale sono numerosi i soggetti che hanno titolo a rappresentare spicchi diversi ed articolati della società italiana.

Quindi riportiamo i fatti alla loro natura originaria che è quella dello svolgimento di una elezione di un leader di un partito che non è l’unico, ma concorre, assieme ad altri, a determinare i destini del Paese.
Allora molto ghiaccio sulla testa dell’ “euforismo” per evitare di suscitare aspettative fuori dalla logica ed è nello stesso interesse del PD che questo partito non cada nel sistema di Forza Italia con un padre padrone alla Berlusconi in sedicesima.
Un partito plurale, quale è diventato il PD dopo avere abiurato il centralismo comunista proletario, produrrebbe effetti traumatici, sia all’interno che fra gli elettori, se si scoprisse con un centralismo borghese simile all’odiato berlusconismo predecessore dell’eventuale nuovo renzismo.
Allora, se non confondiamo Renzi con il nuovo Re d’Italia, ma lo inquadriamo nella giusta direzione gli faremo anche un favore, sia politico che personale, perché lo inquadreremmo nel contesto dei soggetti politici che si vogliono spendere per il bene del Paese confrontandosi con tutti i soggetti del sistema democratico.
Se Renzi pensa che tutto ciò che ha detto, a proposito ed a sproposito, per conquistare la piccola platea di elettori che lo ha eletto a segretario di un partito politico nazionale sia la verità assoluta, sicuramente si andrà incontro ad ulteriori periodi destabilizzanti del nostro sistema politico ed istituzionale che è già di per se quasi saturo di destabilizzatori.

Pippo Bufardeci

 

mercoledì 4 dicembre 2013

CONTRIBUTO PER UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE


 

Questa proposta permette di:

- Conciliare le modalità delle primarie codificandole con le elezioni pubbliche.

-  Inserire le preferenze e la possibilità di scelta degli elettori

- Rimanere nel sistema maggioritario

- Assicurare la elezione anche a realtà locali che superano, nel collegio, il 50 +1% dei voti come avviene per i sindaci

 

1)   SISTEMA ELETTORALE PER COLLEGI MAGGIORITARI E LISTA PROPORZIONALE

 

Il 75% dei seggi viene assegnato con il sistema maggioritario ed il 25% con il proporzionale con lista concorrente.

Le preferenze vengono espresse sia nei collegi che nel proporzionale.

Le liste che non raggiungono, su scala nazionale, il 5% dei voti validi non partecipano al riparto dei seggi.

 

 COLLEGI PER LA ELEZIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI:

 

Il territorio nazionale viene diviso in tanti collegi quanti sono i deputati da eleggere con il sistema maggioritario

NEL PRIMO TURNO DI VOTAZIONE GLI ELETTORI VOTANO, CON LA PREFERENZA SINGOLA,  SU UNA LISTA PLURIMA DI CANDIDATI E NEL NUMERO STABILITO IN RAPPORTO AI CITTADINI RESIDENTI NEL COLLEGIO STESSO.

Il primo turno serve come  PRIMARIE  fra i candidati che  concorrono al secondo turno per la elezione nel Collegio.

Il candidato che ottiene il maggior numero di preferenze sarà quello che, da solo, parteciperà al secondo turno di votazione nel Collegio per essere eletto deputato.

Se nel primo turno un Partito o una Coalizione raggiunge il 50% + 1 dei voti validi viene già eletto il candidato che ha ottenuto il maggior numero di preferenze all’interno della lista plurima vincente. ( Questo sistema permette a forti realtà politiche locali, o forti personalità, di avere una loro rappresentanza )

Negli altri collegi che non hanno raggiunto il 50 % +1 si procede a nuova elezione avente come candidato unico per lista o coalizione quello più votato nel precedente turno.

Il seggio viene assegnato alla lista che ottiene il maggior numero di voti.

L’elettore ha così la possibilità di scegliere, oltre al  gruppo politico, anche il candidato attraverso la preferenza, ma  rimanendo sempre nell’ambito di un sistema maggioritario.

 

PROPORZIONALE:

 

Nel primo turno di votazione il 25% dei seggi viene attribuito a liste, con candidature multiple e con voto di preferenza, presentate in apposite circoscrizioni elettorali.

Le liste del proporzionale che, su base nazionale, hanno superato il 5% dei voti validi, partecipano all’assegnazione dei seggi che avviene, all’interno della circoscrizione, con il metodo D’Hondt.

 

 

NORME GENERALI:

E’ previsto uno sbarramento del 5%  a livello nazionale sia per accedere al secondo turno elettorale nei collegi, sia per l’assegnazione dei seggi nel proporzionale.

La lista elettorale che  non raggiunge il 5% su scala nazionale, ma ha ottenuto al primo turno l’elezione in un collegio per avere superato il 50% +1 dei voti, mantiene il candidato eletto.

 

 

SENATO:

 

Le liste che superano il 5% dei voti validi su base nazionale per la elezione del Senato della Repubblica concorrono all’assegnazione dei seggi su base regionale.

Vengono assegnati tutti i seggi dei collegi ove viene superata la % del 50% +1 dei voti validi.

Se in un collegio un candidato, anche di lista non ammessa al riparto, supera il 50% + 1 dei voti validi, mantiene il seggio senatoriale.

I rimanenti seggi vengono assegnati, alle liste concorrenti, con il  metodo D’Hondt.

Risultano eletti, all’interno della lista dei candidati fra loro collegati, coloro che hanno le maggiori percentuali di cifra individuale e fino alla copertura dei seggi spettanti alla lista stessa.

Pippo Bufardeci

 

lunedì 2 dicembre 2013


LE PALLONATE CHE CI AFFOSSANO 

Mi sa che la mania di chi la spara più grossa prende tutti i politici che devono affrontare importanti scadenze che incideranno sulla loro carriera politica.
Dopo una serie di media dimensione di sparate a colpi di “ parole d’ordine” o di messaggi alla pancia della gente, anche Renzi sta operando il suo crescendo rossiniano in attesa della fatidica data dell’8 dicembre dove si giocherà tutte le sue carte per essere consacrato leader del PD.
Nell’ultima sparata di cancellare di un miliardo di euro il finanziamento ai partiti ho avuto l’impressione di sentire echeggiare le sparate del “ milione di posti di lavoro” da parte del più capace sparatore di tutti e cioè di Silvio Berlusconi.
Il finanziamento ai partiti si deve togliere e basta.
Allo stesso modo è prioritario e non rinviabile la legalizzazione, come da costituzione, dei partiti politici.
Purtroppo la storia recente ci ha dimostrato che più alte sono state le sparate di certi politici e maggiore è stato lo sprofondamento del Paese sotto tutti i punti di vista.
Non abbiamo bisogno di chi la spara più grossa, ma di chi realizzi anche una piccola cosa che sia utile per lo sviluppo e la crescita della nostra società e dia serie speranze soprattutto ai giovani.
Meglio impiegare il tempo necessario per costruire una casa solida mettendo mattone su mattone che un effetto speciale che ci dia solo la sensazione di avere subito una casa che non esiste.
Ecco perché ritengo che se non inizi ad avere il sopravvento la concretezza e l’intelligenza del fare da parte delle persone serie e disponibili ad agire per l’interesse collettivo,  non possiamo  uscire dalla grave situazione in cui ci troviamo perché le pallonate non risolvono niente in quanto ci danno solo il primato dell’arroganza e dell’inconcludenza.
Pippo Bufardeci

sabato 30 novembre 2013


La nuova situazione politica che si è creata con la scissione dalla destra berlusconiana del gruppo di Alfano, rimette in movimento il quadro politico complessivo ed apre nuovi scenari che, al momento, non sono prevedibili in tutte le loro sfaccettature.

Se a questo aggiungiamo il travaglio interno al PD, che è in fase di scelta del nuovo segretario e sicuramente di una nuova politica, possiamo affermare che la prospettiva di Governo, al servizio degli interessi dei cittadini, necessita di grande senso di equilibrio e di responsabilità.

Le frenesie di Renzi, eventuale vincitore, sommate ad un partito che non si rivede totalmente nel suo nuovo leader, possono determinare condizioni non  sofferte di stabilità politica?

Riteniamo che sarà difficile per cui si sente il bisogno di una terza forza che abbia senso di Governo e dello Stato per potere essere equilibratrice all’interno di un sistema di potenziali  forze centrifughe che, se avranno il sopravvento, potrebbero nuocere al sistema ed alla credibilità delle istituzioni difronte ai cittadini.

C’è bisogno di stabilità per realizzare un minimo di programma che ci risollevi dalle secche economiche, politiche e sociali in cui si trova il nostro Paese anche se in un sistema più complessivo di situazione mondiale.

Tutto questo è agli antipodi del personalismo, del velleitarismo e della convinzione di sapere risolvere tutto da soli.

Manca la forte presenza di una forza equilibratrice e di responsabilità che sia stabile riferimento strategico per i nuovi scenari che si andranno verificando.

Riteniamo che questo ruolo possa svolgerlo il nuovo centro politico post berlusconiano che, prendendo atto delle nefaste conseguenze di una politica leaderistica, populista e personalistica, possa riaggregare larghi strati di elettori delusi o che si rivogliano scommettere politicamente.

Per svolgere questo ruolo bisogna essere elettoralmente consistenti e politicamente credibili.

Per essere credibili il nuovo centro destra deve marcare ed attuare le diversità rispetto a Forza Italia; prospettare un programma politico – amministrativo attuabile da sottoporre all’attenzione degli elettori; organizzarsi sul territorio come un partito plurale che dal territorio ne ricava le istanze; proporre una classe dirigente non oligarchica, ma aperta a quanto di nuovo e di serio vi è nel tessuto sociale del Paese.

Per essere forte ed avere consensi deve essere rappresentativa delle istanze della società, ma avere un elettorato privilegiato di riferimento.

Secondo una vecchia, ma sempre attuale terminologia deve collocarsi, a mio avviso, fra i portatori privilegiati delle istanze del ceto medio che è quello che maggiormente soffre le contraddizioni dell’attuale momento storico.

Un ceto medio che ha subìto tutta la negatività delle contrapposizioni ottuse che hanno caratterizzato i rapporti politici della seconda Repubblica ed hanno contribuito a determinare la decadenza economica e sociale nonché la decadenza democratica delle istituzioni.

Ciò è avvenuto attraverso una sempre più marcata concezione della politica che ha privilegiato i rapporti di casta rispetto a quelli del diritto dei  cittadini di essere protagonisti diretti nella scelta dei loro rappresentanti.

Quindi in un quadro complessivo degli interessi obiettivi di tutti i cittadini non si può non mettere in atto un sistema di rappresentanza delle legittime istanze di una parte della società, il ceto medio, composto di commercianti, artigiani, piccoli professionisti ed operatori economici che, sia pure ridotti a soggetti marginali, possono ancora determinare le condizioni per una seria prospettiva lavorativa per le giovani generazioni.

Parafrasando un vecchio detto della sinistra di morettiana memoria possiamo chiedere al  nuovo centrodestra di dire qualcosa da ceto medio.

Nell’attesa aspettiamo le prossime mosse.

Pippo Bufardeci

domenica 17 novembre 2013


RIMESCOLARE LA POLITICA PER AFFRONTARE I PROBLEMI
 

La situazione politica che si è determinata, con la costituzione del nuovo gruppo politico di Alfano ed i vari movimenti interni a molte forze politiche, potrebbe portare ad un rimescolamento del quadro politico complessivo sbloccando la rigida contrapposizione fra gli attuali schieramenti.

Ciò perché  può dare agli elettori una maggiore possibilità di scelta rispetto alla rigidità del quadro politico attuale.

Fino ad oggi, difatti, non c’è stato spazio per riconoscersi in una proposta politica, ma solo per il tifo a prescindere e ad escludendum in quanto se si era con un contendente bisognava necessariamente odiare l’altro senza confronto.

Questa rigidità nel capire le ragioni dell’altro e dar vita ad un confronto come premessa di una sana dialettica democratica è stata cercata in modo scientifico.

Solo ragionando con lo stomaco si poteva escludere la scelta politica come conseguenza di un’analisi intelligente da parte di cittadini critici, ma costruttivi.

Adesso siamo ancora agli inizi e non è stata cambiata nemmeno la legge elettorale per dare normativa più corretta alla ricerca degli interessi obiettivi della collettività rispetto a quelli personali, di gruppo o di consorteria.

Solo una maggiore consapevolezza del ruolo fondamentale dell’elettore-cittadino, che affida la soluzione dei problemi ad un rappresentante nelle istituzioni che può giudicare con il suo voto diretto, potrà ristabilire un rapporto di reciproca collaborazione e di serietà dell’azione di ciascuno.

Questa è l’unica premessa per riaprire il dialogo sulla direttrice di crescita del Paese e sugli strumenti più consoni per ripartire perché le dispute e le guerriglie portano solo all’impoverimento economico, politico e culturale di tutti senza distinzione.

  Pippo Bufardeci

mercoledì 7 agosto 2013

L’UDC siciliano e siracusano riparte ma deve scegliere una nuova, preparata e credibile classe dirigente




La conclusione del recente comitato regionale dell’UDC ,con la elezione dell’on. Giovanni Pistorio a segretario regionale,rimette in primo piano il ruolo del partito nel contesto politico regionale.
Ciò avviene dopo una prima rifondazione ,ad opera del Ministro Gianpiero D’Alia, che aveva visto l’UDC abbandonato dalla sua vecchia classe dirigente e costretto a ricominciare daccapo con sorprendenti risultati sia sul paino elettorale che politico e capace di proiettare il partito a livelli percentuali a doppia cifra in Sicilia.
La svolta delle recenti elezioni politiche, con i pessimi risultati elettorali raggiunti, ripropone una nuova strategia di riposizionamento del partito e di individuazione di una nuova e preparata classe dirigente che possa essere espressione vera dell’UDC regionale e non raccogliticcia dalle crisi degli altri schieramenti.
Il nuovo segretario regionale Pistorio, di cui conosciamo, da oltre un quarantennio, capacità e doti politiche, deve svolgere il suo compito a tempo pieno se vuole riappropriarsi degli spazi politici ed elettorali che ancora stanno nella potenzialità dell’UDC regionale.  
Uno sforzo importante di riorganizzazione e di ripresa della proposta politica dell’UDC deve compiersi anche nella  provincia di Siracusa dove, una classe dirigente poco accorta e autoreferenziale ed un nefasto dualismo Bandiera – Sorbello, hanno rinsecchito la capacità politica del partito e dilapidato un invidiabile patrimonio elettorale.
Un partito ridotto ad un potenziale 2% non può affidare la propria prospettiva a delle mezze scartine politiche  che si arrogano il diritto di essere classe dirigente snobbando tutte le realtà territoriali che si spendono, con ottimi risultati, sul territorio provinciale.
E’ dai comuni e dalle realtà sociali che deve venire fuori la nuova classe dirigente fatta di giovani, di donne e di anziani affidabili per un nuovo partito che deve fare politica alla luce del sole secondo un criterio di pluralità decisionale ed una partecipazione di tutte le realtà alla gestione della politica provinciale.
Solo così l’UDC, prendendo atto che la sua crisi siracusana non è dovuta alla mancanza di elettori disposti a votarlo,ma alla poca affidabilità della sua classe dirigente, che ha privilegiato gli interessi politici personali rispetto al partito stesso ed agli interessi dei cittadini della provincia, potrà ridiventare interlocutore serio e credibile.
Prendiamo atto che la nomina del nuovo commissario provinciale del partito è, purtroppo necessaria quale  conseguenza di questa incapacità della classe dirigente locale che, forte di un deputato e di un  segretario provinciale candidato a più elezioni, ha la necessità di un attore terzo per potere ricominciare e comunicare con dirigenti ed elettori.
Ci auguriamo che questa nuova ripartenza possa non commettere gli errori del passato e possa scegliere una nuova classe dirigente rappresentativa delle realtà territoriale ai vari livelli, credibile e preparata per rendere aggregante la propria proposta politica per la soluzione dei problemi provinciali che, fino a questo momento,non sono stati posti all’apice dell’azione politica del partito.
 Siracusa 7 agosto 2013                                                                                                        PIPPO BUFARDECI

giovedì 11 luglio 2013

NUOVO UDC, PARTITO DELLE AUTONOMIE E DEL RINNOVAMENTO




Gli errori commessi dall’UDC nel corso delle ultime elezioni politiche non sono assorbibili in poco tempo.
Sul piano politico si è rivelato un errore grave di strategia quello di essere stato assorbito da Lista Civica perdendo la peculiarità della propria presenza politica che, negli anni, aveva avuto il riscontro da parte dell’elettorato.
Si sapeva che i soggetti che hanno dato vita alla lista Monti, compreso lo stesso candidato Presidente del Consiglio, non sarebbero stati capaci di assorbire l’onda della contrapposizione elettorale perché impreparati sulle strategie e sulla proposta politica.
Se si aggiunge un mal celato astio nei confronti dei partiti ,che rendevano incomprensibile agli elettori l’accordo con l’UDC considerato un peso, se ne deduce che gli elettori di provenienza UDC non si riconoscevano in quell’accordo ed in quella difesa aprioristica dell’attività di Monti.
Sul piano organizzativo è stato un partito inesistente sia a livello centrale che periferico. Soprattutto al vertice, non ha saputo rinnovare e sostituire il gruppo parlamentare che è rimasto immarcescibile ed anche avulso dal rapporto con il territorio.
Non vi è stata nemmeno una valida proposta politica capace di focalizzare, come appartenenti all’UDC, alcuni punti importanti del programma di Governo.
Allo stato delle cose sarebbe pia illusione pensare che in poco tempo si possano raggiungere percentuali elettorali tali da renderlo un partito incidente e di riferimento.
Allora bisogna partire dal ritrovato 2% che i sondaggi ci danno e costruire una proposta politico – programmatica.
Avere dei punti forti di aggregazione del consenso ed una nuova incidenza sul piano operativo del Governo che ne riconfermi la peculiarità della cultura di base del partito stesso.
Allo stesso tempo bisogna seriamente iniziare un rinnovamento concreto che porti, nella responsabilità della gestione del partito, persone serie e preparate che non rispondano solo a criteri di gerontocrazia o ad illusione di demografica giovinezza, ma alle loro obiettive qualità politiche e professionali.
Ma un partito del 2%, per crescere ha la necessità di avere un continuo contatto con le varie realtà locali e con il territorio che intende rappresentare.
Per l’UDC dovrà essere un ritorno alle origini quale partito delle autonomie sturziane.
Dovrà scommettere sulla loro crescita  rappresentando e facendosene portavoce, le nuove esigenze e le nuove povertà, sociali ed economiche, cui le risposte dei partiti liberali, globalizzati, libertari o settoriali non riescono a dare con incisività e concretezza.
 Ma dovrà anche essere il partito della nuova impalcatura istituzionale dello Stato che, partendo dalle autonomie locali, proponga serie e conducenti modifiche che possano riportare le istituzioni nuovamente al servizio dei cittadini rendendoli protagonisti in un sistema di legalità,di trasparenza e di maggiore democrazia.

Bisogna, da subito, non pensare a congressi fasulli che possano legittimare ancora l’esistente con qualche parvenza di finto rinnovamento, ma operare seriamente per elaborare un quadro di proposte politiche ed una struttura interna rinnovata, presente sul territorio, capace di riconquistare la fiducia di cittadini ed elettori.
Pippo Bufardeci