sabato 6 aprile 2013

AUTONOMIA POLITICA E PROGRAMMATICA DELL’UDC PER ESSERE DI NUOVO PROTAGONISTI




Più passano i giorni e più mi convinco che l’UDC, anche quello regionale, non ha ancora superato la batosta elettorale delle recenti elezioni politiche.
Non si spiegherebbe altrimenti la sua pedissequa posizione di subordinazione nei confronti del presidente Crocetta che sta imponendo alla coalizione le sue scelte ed i suoi uomini per realizzare un progetto strategico che non ci appartiene.
Crocetta, che si muove secondo una sua visione personale, sta monopolizzando la politica regionale e occupando le istituzioni mentre l’UDC  sta ripercorrendo la strada nazionale della difesa ad oltranza di Monti e, anche a livello regionale, non mette in evidenza e non si differenzia sulle cose che non vanno dando l’impressione di nascondersi dietro l’operato del presidente.
Questa politica ci porterà ad una nuova sconfitta elettorale se non si evidenzierà la nostra proposta politica, la nostra incidenza nel contesto regionale, la nostra peculiarità politica, il nostro modo di essere come partito e la nostra presenza nel territorio.
Sull’abolizione delle province abbiamo aspettato le ondulazioni del presidente Crocetta e solo alla fine abbiamo timidamente detto che era una nostra vittoria averle abolite.Magari sarà vero nei discorsi di corridoio, ma la gente non l’ha percepito.
Sulla legge elettorale abbiamo fatto il gioco di Crocetta votando un provvedimento di basso profilo che contempla solo un discutibile voto di genere sulla scia mediatica degli impegni presidenziali, ma non abbiamo imposto un disegno più ampio di modifiche e di rinnovamento. Magari diremo che il voto di genere ci appartiene, ma il marchio lo ha messo Crocetta.
Sulle alleanze per le prossime elezioni comunali sosteniamo la riproposizione della maggioranza regionale  senza considerare le realtà locali sia dal punto di vista politico che dei rapporti fra le classi dirigenti locali ed il buono o cattivo governo operato.
E peggio ancora fa capolino un presunto accordo di spartizione delle candidature a Sindaco sulla base di una spartizione regionale dei comuni fra i partiti della maggioranza crocettiana, con insensato allargamento a SEL, che ci riporta indietro di anni e che non ci mete in sintonia con le richieste di trasparenza che ci chiedono gli elettori.
In questo contesto sarebbe giusto che l’UDC facesse subito sapere il proprio pensiero sull’ipotesi di Crocetta di nominare Ingroia ambasciatore della Sicilia a Roma perché i nostri dirigenti ed i nostri elettori che non hanno scelto di votare o di allearsi con il movimento politico di Ingroia devono capire con chi stanno e perché. Sul piano interno del partito ci siamo anchilosati su una posizione di stasi continua che non premia chi si spende per il partito e per il territorio.
Continua a privilegiare il mantenimento di posizioni e di uomini che danneggiano il partito sul piano della credibilità e non sono in condizione di dare alcun apporto per la sua crescita elettorale e di proposizione chiara e rinnovata  con i cittadini elettori.
Penso sia venuto il momento di un forte chiarimento che porti ad una ripresa politica ed elettorale del partito  senza perdere ulteriore tempo che sarebbe nefasto per il proseguo di una presenza importante quale deve essere quella dell’UDC nel contesto regionale e nazionale.           PIPPO BUFARDECI ( 6.4.2013)

venerdì 5 aprile 2013



NUOVA LEGGE ELETTORALE SICILIANA UN PARTO TROPPO AL RIBASSO

Dopo tre rinvii della data di svolgimento delle elezioni comunali in Sicilia si è finalmente approvata una modifica alla legge elettorale che, di fatto, permette di dare corso a tutti gli adempimenti  necessari per fare svolgere dette elezioni.
Però si potrebbe subito dire che la montagna ha partorito il classico topolino perché la Sicilia ha bisogno di una profonda modifica della sua legge elettorale amministrativa e non solo di un emendamento dal sapore più folcloristico che di sostanza perché non penso che da solo risolva dignitosamente il problema della rappresentanza femminile nelle istituzioni senza relegarla involontariamente al ruolo di feticcio politico.
E non ha bisogno solo di un interesse per l’aspetto meramente tecnico – elettorale, ma anche di una modifica del quadro d’insieme per dare maggiore credibilità al sistema normativo e politico degli enti locali in Sicilia.
Per la verità qualche emendamento già presentato in questa fase sarebbe stato degno di attenzione, ma  la prassi di affrontare sempre i problemi all’ultimo minuto utile crea una legislazione sempre più di basso equilibrio piuttosto che di permettere di volare alto con riforme più profonde e sostanziali.
La doppia scheda per separare l’ elezione del Sindaco  dai consiglieri dei partiti collegati sarebbe stato un buon passo avanti verso la scelta di un Sindaco più verificabile sulla base della sua personalità  e credibilità piuttosto che su quella della forza delle liste che lo appoggiano.
Quanti sindaci incapaci sono stati eletti perché trasportati dai voti dei candidati consiglieri e quanti danni hanno recato ala collettività.
 Di grande importanza mi sono sembrati anche gli emendamenti relativi alla limitazione del mandato di consigliere comunale e della limitazione dei rimborsi lavorativi ai consiglieri stessi.
Sul primo emendamento sono favorevole perché ritengo che dette limitazioni, anche se graduali in  base al tipo di Ente elettivo, dovrebbero essere estese a tutti gli eletti ai vari livelli per evitare di bloccare la Democrazie, di creare incrostazioni istituzionali o di consolidare gruppi di potere.
Altro importante inizio per un discorso più serio ed articolato poteva rappresentarlo l’emendamento relativo alla abolizione del doppio stipendio per i consiglieri comunali che ottengono un lavoro dopo la loro elezione  e che, di fatto, si trasforma in un esborso di denaro pubblico da parte dell’Ente di elezione.
Ma questo argomento però meriterebbe un discorso più approfondito e più articolato e profondo nell’intervento se non si vuole correre il rischio che il cambiamento non sia di forte moralità, ma di facciata propagandistica senza concreti effetti pratici.
Meno favorevole vedo l’emendamento che tendeva ad abbassare la soglia di sbarramento dal 5 al 4% per accedere alla divisione dei seggi del consiglio comunale perché già il 5% determina  una presenza politica frastagliata in consiglio comunale che spesso lo rende ingovernabile, figuriamoci con maggiore possibilità di accesso anche a piccole formazioni.
Ma se veramente si vuole mettere mano ad una modifica più sostanziale e maggiormente rispondente all’attuale dinamica politica e sociale che coinvolge gli enti elettivi e le istituzioni in generale, bisognerebbe affrontare altri temi, forse più importanti, e legiferare in merito
Mi riferisco al problema dei controlli degli atti della pubblica amministrazione che sono inesistenti se non, dopo anni dell’avvenuto atto amministrativo, da parte del potere giudiziario secondo la logica della ricerca del dolo e delle responsabilità e molto meno in quella dell’aiuto e della collaborazione, con gli amministratori e gli enti locali, per agire correttamente.
Bisognerebbe ripristinare, magari aggiornati nelle funzioni, organismi regionali di consulenza e di controllo degli atti pubblici al fine di capire da subito la rispondenza degli stessi alla corretta applicazione della legge e potere intervenire per riformularli correttamente o sventare sul nascere eventuali azioni illegali.
Vi sarebbe anche da porre mano ai problemi delle incompatibilità fra il potere politico – elettivo e chi svolge funzioni di dipendente ai vari livelli nell’Ente stesso.
Ritengo sia, come spesso accaduto, destabilizzante che dipendenti dell’Ente possano ricoprire incarichi politici elettivi o di nomina in Giunta nello stesso Ente ed essere quindi controparte politica degli amministratori di turno accendendo conflittualità piuttosto che corretta collaborazione, nel rispetto dei ruoli, fra eletti e dipendenti.
Infine, anche se  non si può considerare esaustivo il discorso delle modifiche e delle proposte, sul piano della legge elettorale non mi è sembrato secondario l’emendamento proposto dai grillini in merito allo spoglio delle schede.
Essi chiedevano che lo spoglio delle schede non avvenisse più per singola sezione, ma per comune in un unico posto al fine di non rendere individuabile la scelta elettorale dell’elettore con conseguenti possibili contaminazioni nell’espressione del voto stesso.
Sappiamo già che in un seggio elettorale, con una sola preferenza espressa, spesso si può capire chi ha votato o chi non ha votato per tizio o per caio.
Effettuare lo spoglio in un unico ambiente con le schede complessive renderebbe più difficile questa individuazione anche se mi sembrerebbe più opportuno che venissesvolta per plessi elettorali e non per comune, come proposto, perché creerebbe caos ed allungherebbe i tempi dello spoglio.
Come si vede il problema della modifica della legge elettorale non investe solo la preferenza di genere, ma tanti altri aspetti anche più importanti che necessitano di forte volontà politica e di tempo più lunghi per concretizzarli, ma che non si possono più eludere.

Pippo Bufardeci