lunedì 20 aprile 2015



LA LEGGE ELETTORALE OSTAGGIO DELLE DIATRIBE POLITICHE

Certamente la riforma elettorale non è fra quelle che avranno un impatto diretto sull’economia e con i problemi legati alla soluzione della disoccupazione, ma essa ha un impatto importante in merito alla credibilità nazionale sulla capacità di portare a compimento il capitolo importante delle riforme.
In questa funzione, sapere che viene colmata la vacatio legislativa in merito alla elezione degli organismi elettivi e di Governo, nonché della possibile individuazione degli interlocutori politici che l’Italia proporrà nel contesto internazionale, agevola la fiducia sull’economia interna e, soprattutto, sugli investitori internazionali che sono la più importante linfa economica per riprendere la strada dello sviluppo.
Come tutte le nostre cose, anche questa importante riforma, è rientrata nel contesto delle beghe fra partiti ed all’interno degli stessi nelle battaglie per le varie leadership.
La gestazione della proposta di riforma della legge elettorale, a seguito della nota sentenza della Corte Costituzionale, è stata lunga e travagliata, ma ha presentato aspetti anche chiari nell’iter percorso.
Innanzitutto essa, nella formulazione approvata dal Senato e in discussione alla Camera, ha risposto alla esigenza politica di essere il frutto di convergenze più ampie possibili perché le regole vanno scritte e condivise per essere riconosciute da tutti coloro che danno la loro disponibilità alla stesura.
Questa proposta è il frutto dell’accordo passato alla cronaca politica con il nome del Nazareno fra la maggioranza di Governo e l’opposizione berlusconiana. E’ stata ulteriormente modificata per esigenze di rapporti interni al partito democratico e riapprovata da coloro che l’avevano elaborata nella prima fase.
Sono però, in corso d’opera, cambiate le condizioni politiche relative agli interessi di partiti e gruppi per cui ciascuno degli inseminatori artificiali dell’embrione elettorale vorrebbe che abortisse subito per essere liberi di intraprendere nuove e diverse relazioni amorose.
Forza Italia, scioccata dal rapido declino dei consensi, lacerata da una forte diatriba interna sulla spartizione dei resti testamentali e accerchiata dall’alleato storico che è la Lega in fase crescente, si sente sempre più subalterna ed incapace di mostrare la spavalderia berlusconiana che è stata la base dei consensi adesso perduti.
Ecco perché cerca di svincolarsi dai rapporti avuti con l’attuale Governo renziano e dell’assenso alla legge elettorale che, pur avendola elaborata e condivisa in precedenza, può rappresentare lo strumento della disfatta, nelle condizioni attuali, del partito in quanto potrebbe avvicinare la data di svolgimento delle elezioni politiche e quindi della debauche accertata.
Berlusconi quindi è disposto, ancora una volta, a rimangiarsi quanto detto e sottoscritto perché spera, in assenza dello strumento elettorale adatto, che si possa allungare la data delle elezioni ed avere tempo per riorganizzarsi.
L’avversità alla riforma elettorale ha quindi, come sempre, una motivazione di convenienza politica personale e di Movimento che prescinde dalla stesura e dai contenuti della legge stessa.
Una situazione quasi speculare avviene all’interno del partito democratico dove il vecchio gruppo dirigente ha preso coscienza che è fortemente mutato il rapporto di forza interno, ma anche il contenuto culturale del partito e la relativa proposta politica.
Sul piano dei rapporti interni la presenza di Renzi, vincitore in fase congressuale, ha portato ad una emarginazione della vecchia classe dirigente che non si traduce solo in termini di poca incidenza nelle scelte di gestione del partito, ma soprattutto nella individuazione delle linee guida dell’azione di Governo che si discostano marcatamente dalla vecchia concezione dei duri e puri di estrazione comunista e dalla storicizzata idea che, in quanto tali, avessero sempre ragione.
Se a questo aggiungiamo che il segretario del partito, Renzi, non rappresenta per niente l’anima ideologica e schematizzata della sinistra storica, ma è sempre più espressione degli altri soci costituenti del partito democratico che sono di estrazione popolare e democristiana se ne deduce che la battaglia non è sulla bontà delle norme elettorali, ma sulla predominanza culturale nella gestione del partito e del Governo.
Tutto ciò è già sufficiente ad intraprendere la battaglia anti renziana senza scomodare il più prosaico motivo che è quello della sopravvivenza personale di tanti politici di lunga carriera che pensano di essere veramente rottamati e non candidati alle prossime elezioni politiche.
Quindi la necessità tutta berlusconiana di non approvare la legge elettorale per evitare le elezioni politiche a breve scadenza si sposa con gli interessi interni ai gruppi del partito democratico che intendono allungare la loro vita politica avendo il tempo di organizzare le difese passando attraverso lo stop alla legge elettorale che anche loro hanno concorso a stilarla nella stesura attuale.
Tutti questi interessi personali e di gruppo prescindono dalla sostanza della legge stessa in quanto rappresenta solo uno strumento individuato come campo di battaglia per una guerra che ha radici in campi diversi.
Se si potesse avere la possibilità di discutere con serenità ed obiettività della normativa elettorale e delle finalità istituzionali che essa permette o meno di raggiungere si farebbe cosa utile al Paese ed accenderebbe una seria discussione sul merito della legge stessa che presenta lacune evidenti assieme a proposte serie ed obiettivi condivisibili.
Pippo Bufardeci
20/04/2015





mercoledì 1 aprile 2015

ANCHE BAFFETTO S'INCAZZA COME GLI ALTRI





La recente inchiesta sulla corruzione e delle presunte tangenti che hanno visto l’arresto del sindaco dell’isola d’Ischia assieme ad altri presunti complici hanno fatto incazzare il baffetto nazionale, Massimo D’ Alema, leader un po’ appannato della storica tradizione comunista e post comunista del nostro paese.
Non si è però incazzato per la corruttela di un esponente importante del suo partito, ma del fatto che sono state pubblicate delle intercettazioni che lo riguardavano anche se non è indagato nel malaffare scoperto dai magistrati.
Ha tuonato contro la pubblicazione delle intercettazioni della persone non coinvolte direttamente nelle indagini, contro l’uso quasi allegro che certi magistrati e certa stampa fa delle intercettazioni ed ha chiesto l’intervento urgente e quasi sanzionatorio del consiglio superiore della magistratura e del sindacato dei magistrati.
Ciò per la giusta tutela delle persone non indagate che hanno il diritto di non essere coinvolti in fatti in cui si evidenzia la marginalità della propria posizione accusando, indirettamente magistratura e stampa, di avere inserito il suo nominativo per la notorietà del personaggio che avrebbe dato più risalto mediatico all’indagine stessa.
Irriconoscibile il sarcastico e sferzante moralista dei tempi passati e recenti quando le stesse cose succedevano a persone diverse da se stesso.
Diciamo che adesso, per se, dice molte cose condivisibili, peccato che il bello o l’importanza delle cose non si capisce quando riguardano altre persone e si scoprono certi principi quando il discorso è pro domo sua.
Non è mai troppo tardi.

SR 01/04/2015