Domenica 25 maggio prossimo, oltre che per le elezioni
europee, nella provincia di Siracusa si voterà anche per eleggere i consigli
comunali ed i sindaci dei comuni di Pachino e Portopalo di Capo Passero.
Sarà un evento che metterà in secondo piano le elezioni
europee e quasi le ignorerà in quanto tutta la lotta politica sarà concentrata
sulle problematiche sociali e sulla pletora di candidati sindaci e consiglieri
comunali che aspirano a sedersi sugli scranni del potere comunale.
E’ ormai cosa risaputa e constatata che ad ogni elezione
locale aumenta il numero delle liste che si presentano nonché i candidati che
aspirano a cimentarsi nella lotta politica locale e nella gestione della cosa
pubblica.
L’esponenziale aumento delle liste, soprattutto civiche, è
dovuta all’assenza di partiti capaci di interpretare le istanze della società e
soprattutto di creare le condizioni per essere riferimento di interessi
collettivi e di obiettivi condivisi.
La personalizzazione della rappresentanza politica a scapito
della partecipazione dei cittadini nella
individuazione e gestione delle fasi operative per raggiungere gli obiettivi
per cui si sceglie un soggetto politico, ha generato una disaffezione verso il
soggetto politico di rappresentanza ed ha creato sia dei cittadini che delegano
solo su basi emotive sia altri che
decidono di non cimentarsi in nessuna azione politica in quanto ritengono
ininfluente il loro apporto.
Tutti e due le posizioni portano alla negazione della
democrazia e generano momenti di confusione ed anche di convincimento che le
regole democratiche hanno validità solo se capaci di rispondere alle esigenze
personali e non alla ricerca di obiettivi comuni per migliorare la qualità del
vivere sociale.
Questa convinzione, a mio avviso, sta anche alla base della
ricerca del fai da te a livello della gestione delle comunità locali dove gli
interessi personali hanno maggiore visibilità e dove si è convinti che non
basta delegare in un virtuoso sistema di rappresentanza democratica in quanto è
meglio essere loro stessi i diretti difensori dei propri interessi.
Ecco allora il sorgere delle numerose liste civiche che
costellano ogni elezione locale, il numero spropositato di soggetti che si
propongono come sindaci gestori della cosa pubblica e miriadi di candidati per
far parte di un consiglio comunale di cui, non solo ignorano compiti e
competenze, ma anche l’ubicazione fisica del luogo.
Se in un sistema di democrazia realmente partecipata e
sostanzialmente conosciuta dai vari soggetti sarebbe una dimostrazione dell’attaccamento
al bene comune. In un sistema di
vagabondaggio politico e di incultura ed ignoranza dei compiti gestionali della
cosa pubblica, è solamente una dimostrazione del livellamento in basso che
caratterizza le istituzioni ed i gestori degli interessi comuni.
Difatti, poiché la qualità culturale e la credibilità dei
vari candidati a gestire la cosa pubblica ha subito più i riflessi
dell’ignoranza che quelli dell’intelligenza e della preparazione, chiunque si
sente in grado di essere capace di gestire meglio degli altri. Soprattutto se
il termine di paragone delle capacità sta nella ricchezza personale che si può
accumulare e nel potere di interdizione delle cose degli altri.
E’, difatti impensabile che, in un paese come Pachino con
meno di undicimila voti validi espressi, ci possano essere 9 candidati a
Sindaco, 22 assessori designati nella prima fase, 24 liste concorrenti e 474
persone che si sfidano per 20 posti di consigliere comunale.
E’ normale tutto questo?
Anche studiando e condividendo tutti i trattati di democrazia
che osannano la partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica
verrebbe difficile credere che tutto questo sia frutto della normalità
democratica e non di un impazzimento collettivo che ha eretto l’ improvvisazione
a capo del proprio impegno nel politico e nel sociale.
Sia chiaro che non demonizziamo la partecipazione di larghi
strati di cittadini a gestire la cosa pubblica perché sarebbe un grande
successo per la democrazia, ma il fatto che ciò avvenga senza nessuna
preparazione, conoscenza dei problemi e
riconoscimento che è l’inclusione dei più alle proprie idee e non lo
strombazzare di frasi fatte e carpite qua e là che determinano le necessarie
capacità.
Il tutto condito di ulteriori effetti negativi per tutti i cittadini che saranno
amministrati.
E’ quindi giunto il momento che si attuino riforme
istituzionali capaci di regolarizzare in positivo l’accesso di tutti alla
gestione della cosa pubblica creando anche le condizioni che le sorti delle
comunità locali siano affidati a persone che abbiano le competenze, la capacità
e la preparazione per bene operare pur fra le enormi difficoltà che detta
attività comporta.
Solo se anche nella politica e nella gestione della cosa
pubblica locale si ricominci a riproporre una certa professionalità che
abbandoni l’improvvisazione e l’ignoranza si può sperare che si possa arrivare
ad una soluzione dei problemi che privilegi la cosa pubblica e dia risposte
positive nell’esclusivo interesse dei cittadini amministrati.
Il perdurare dell’ignoranza, dell’incompetenza e degli
affarismi non lascia presagire niente di buono per le attuali e per le future
generazioni.
Pippo Bufardeci
19.05.2014