NUOVA LEGGE ELETTORALE SICILIANA UN PARTO TROPPO AL RIBASSO
Dopo tre rinvii della data di
svolgimento delle elezioni comunali in Sicilia si è finalmente approvata una
modifica alla legge elettorale che, di fatto, permette di dare corso a tutti
gli adempimenti necessari per fare
svolgere dette elezioni.
Però si potrebbe subito dire che
la montagna ha partorito il classico topolino perché la Sicilia ha bisogno di
una profonda modifica della sua legge elettorale amministrativa e non solo di
un emendamento dal sapore più folcloristico che di sostanza perché non penso
che da solo risolva dignitosamente il problema della rappresentanza femminile
nelle istituzioni senza relegarla involontariamente al ruolo di feticcio
politico.
E non ha bisogno solo di un
interesse per l’aspetto meramente tecnico – elettorale, ma anche di una
modifica del quadro d’insieme per dare maggiore credibilità al sistema
normativo e politico degli enti locali in Sicilia.
Per la verità qualche emendamento
già presentato in questa fase sarebbe stato degno di attenzione, ma la prassi di affrontare sempre i problemi
all’ultimo minuto utile crea una legislazione sempre più di basso equilibrio
piuttosto che di permettere di volare alto con riforme più profonde e
sostanziali.
La doppia scheda per separare l’
elezione del Sindaco dai consiglieri dei
partiti collegati sarebbe stato un buon passo avanti verso la scelta di un
Sindaco più verificabile sulla base della sua personalità e credibilità piuttosto che su quella della
forza delle liste che lo appoggiano.
Quanti sindaci incapaci sono
stati eletti perché trasportati dai voti dei candidati consiglieri e quanti
danni hanno recato ala collettività.
Di grande importanza mi sono sembrati anche
gli emendamenti relativi alla limitazione del mandato di consigliere comunale e
della limitazione dei rimborsi lavorativi ai consiglieri stessi.
Sul primo emendamento sono
favorevole perché ritengo che dette limitazioni, anche se graduali in base al tipo di Ente elettivo, dovrebbero
essere estese a tutti gli eletti ai vari livelli per evitare di bloccare la
Democrazie, di creare incrostazioni istituzionali o di consolidare gruppi di
potere.
Altro importante inizio per un
discorso più serio ed articolato poteva rappresentarlo l’emendamento relativo
alla abolizione del doppio stipendio per i consiglieri comunali che ottengono
un lavoro dopo la loro elezione e che,
di fatto, si trasforma in un esborso di denaro pubblico da parte dell’Ente di
elezione.
Ma questo argomento però
meriterebbe un discorso più approfondito e più articolato e profondo
nell’intervento se non si vuole correre il rischio che il cambiamento non sia
di forte moralità, ma di facciata propagandistica senza concreti effetti
pratici.
Meno favorevole vedo
l’emendamento che tendeva ad abbassare la soglia di sbarramento dal 5 al 4% per
accedere alla divisione dei seggi del consiglio comunale perché già il 5%
determina una presenza politica
frastagliata in consiglio comunale che spesso lo rende ingovernabile, figuriamoci
con maggiore possibilità di accesso anche a piccole formazioni.
Ma se veramente si vuole mettere
mano ad una modifica più sostanziale e maggiormente rispondente all’attuale
dinamica politica e sociale che coinvolge gli enti elettivi e le istituzioni in
generale, bisognerebbe affrontare altri temi, forse più importanti, e
legiferare in merito
Mi riferisco al problema dei
controlli degli atti della pubblica amministrazione che sono inesistenti se
non, dopo anni dell’avvenuto atto amministrativo, da parte del potere
giudiziario secondo la logica della ricerca del dolo e delle responsabilità e
molto meno in quella dell’aiuto e della collaborazione, con gli amministratori
e gli enti locali, per agire correttamente.
Bisognerebbe ripristinare, magari
aggiornati nelle funzioni, organismi regionali di consulenza e di controllo
degli atti pubblici al fine di capire da subito la rispondenza degli stessi
alla corretta applicazione della legge e potere intervenire per riformularli
correttamente o sventare sul nascere eventuali azioni illegali.
Vi sarebbe anche da porre mano ai
problemi delle incompatibilità fra il potere politico – elettivo e chi svolge
funzioni di dipendente ai vari livelli nell’Ente stesso.
Ritengo sia, come spesso
accaduto, destabilizzante che dipendenti dell’Ente possano ricoprire incarichi
politici elettivi o di nomina in Giunta nello stesso Ente ed essere quindi controparte
politica degli amministratori di turno accendendo conflittualità piuttosto che
corretta collaborazione, nel rispetto dei ruoli, fra eletti e dipendenti.
Infine, anche se non si può considerare esaustivo il discorso
delle modifiche e delle proposte, sul piano della legge elettorale non mi è
sembrato secondario l’emendamento proposto dai grillini in merito allo spoglio
delle schede.
Essi chiedevano che lo spoglio
delle schede non avvenisse più per singola sezione, ma per comune in un unico
posto al fine di non rendere individuabile la scelta elettorale dell’elettore
con conseguenti possibili contaminazioni nell’espressione del voto stesso.
Sappiamo già che in un seggio
elettorale, con una sola preferenza espressa, spesso si può capire chi ha
votato o chi non ha votato per tizio o per caio.
Effettuare lo spoglio in un unico
ambiente con le schede complessive renderebbe più difficile questa
individuazione anche se mi sembrerebbe più opportuno che venissesvolta per
plessi elettorali e non per comune, come proposto, perché creerebbe caos ed
allungherebbe i tempi dello spoglio.
Come si vede il problema della
modifica della legge elettorale non investe solo la preferenza di genere, ma
tanti altri aspetti anche più importanti che necessitano di forte volontà
politica e di tempo più lunghi per concretizzarli, ma che non si possono più
eludere.
Pippo Bufardeci
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