IL VOTO DEMOCRATICO VA SEMPRE
RISPETTATO
MA VANNO RISOLTI I GRAVI PROBLEMI DEL
SUD
Sarebbe superfluo dirlo, ma di
questi tempi politici è opportuno rimarcare che, in tutte le democrazie, il
dato elettorale va rispettato perché trattasi sempre della espressione della
volontà del popolo sovrano.
Ciascuno è anche libero di non
condividere, di verificare le ipotesi di governabilità ed i programmi dei
vincitori nonché le motivazioni che hanno eventualmente delegato la propria
parte politica a svolgere un ruolo diverso dalla maggioranza, ma il dato
incontrovertibile che esce dalle urne va sempre rispettato.
Detto questo, nel prendere atto dei
risultati delle recenti elezioni politiche, dobbiamo evidenziare subito che
esse sono state uno spartiacque nel sistema politico degli ultimi anni e quindi
lo potrebbero essere anche nella gestione delle istituzioni nazionali e nei
rapporti con il sistema complessivo dell’unione europea di cui facciamo parte
integrante.
Sul piano strettamente elettorale
dobbiamo evidenziare che l’affermazione del movimento Cinque Stelle ed in forma
più ridotta della Lega, evidenziano che gli elettori si sono affidati a chi ha
acceso speranze nel grigiore della situazione sociale, politica ed economica in
cui si trova da parecchi anni il nostro Paese e che gli indubbi spiragli di
ripresa non sono stati ancora percepiti dai cittadini che si sentono senza
certezze per il futuro.
Certamente bisogna capire poi se
le speranze saranno esaudite o se sarebbe stato meglio affidarsi agli spiragli
secondo un percorso di piccoli passi, ma sicuri, rispetto alle volate che
portano in se il rischio di inciampare.
Sta di fatto che i cittadini
elettori hanno scelto di sposare i buoni propositi, anche se aleatori, ma
spinti anche da una mancanza di fiducia e di credibilità verso le altre forze
politiche che, avendo gestito le istituzioni in molti anni, non sono state
capaci di rispondere positivamente alle mutate esigenze sociali ed alle nuove
situazioni di difficoltà nella gestione della vita di tutti i giorni.
Ciò anche se la vittoria dei
cinque stelle e della Lega ha una base attrattiva diversa per zone diverse di
elettorato che ha problemi diversi di vivibilità nel proprio territorio.
Non per niente i Cinque Stelle
hanno vinto nella fascia del Paese che rappresenta il meridione e la Lega in
quella più settentrionale dove i problemi, le aspettative e la vivibilità delle
rispettive popolazioni sono molto differenti.
Quindi anche nella espressione
del voto e nel radicamento territoriale delle forze politiche non vi è una
omogeneità di presenza su tutto il territorio nazionale per cui si manifesta
con più visibilità la presenza politica e sociale di due Italie che si
esprimono in modo diverso, che hanno problemi diversi e che si chiudono nel
loro particolare a difesa dei loro interessi o delle loro aspirazioni generando
quindi partiti espressione del particolare e non della omogeneità strategica di
una visione collettiva nazionale.
I partiti cosiddetti nazionali,
quali Forza Italia e Partito Democratico, hanno anche nel loro fardello della
sconfitta il non avere saputo omogeneizzare un quadro strategico nazionale
capace di sviluppare il senso di appartenenza in un contesto nazionale con
uguali diritti e doveri che si concretizzano in un quadro di sviluppo economico,
di servizi, di opportunità e di vivibilità sociale uguale fra tutti i cittadini
indipendentemente dalla zona di residenza.
Poiché questa esigenza di
uguaglianza, sommata alle contingenze riguardanti i nuovi fenomeni di massa
dell’emigrazione, della sopravvenuta povertà e dell’accentuato bisogno di
sicurezza, non è stata assicurata dalle classi politiche governanti, il
cittadino ha cercato di farsi sentire attraverso l’utilizzo di contenitori
capaci di coagulare i differenti malcontenti del meridione e del settentrione
messi a disposizione dai Cinque Stelle e dalla Lega.
Personalmente non ritengo che il
voto del meridione sia dovuto alla promessa effimera e irrealizzabile del
reddito di cittadinanza, così come all’abboccare alle menzogne della
comunicazione politica che pur c’è stata in modo preponderante rispetto alle
proposte concrete, ciò pur ammettendo che non effimere percentuali di cittadini
abbiano risposto con entusiasmo a questi messaggi psicologici da paradiso arabo
estremistico.
La vittoria dei Cinque Stelle non
può essere dovuta solo a queste cose perché la massiccia adesione dei cittadini
alle liste pentastellate di diversa cultura e sensibilità sociale, dimostra che
la rabbia interiore creatrice del dissenso ha argomenti più seri ed importanti.
E’ più realistico pensare che la
rabbia è frutto della visione dei trasporti obsoleti che non funzionano, dei
paesi isolati per anni dalle frane, dalla viabilità inesistente, dalla sanità
peggio dell’era borbonica, dalla scuola alloggiata nei tuguri dei paesi, dagli
impianti sportivi inesistenti, dal soddisfacimento dei bisogni sociali degli
anziani e delle categorie più diseredate lasciati sulle spalle delle famiglie,
così come l’impoverimento sempre più marcato per l’assenza di lavoro o per il
venir meno degli affetti dovuti alla forzata emigrazione o del depauperamento
culturale per l’abbandono dei giovani intellettuali e per lo spopolamento dei
nostri paesi che fanno morire le radici del nostro essere e della voglia di
futuro.
Basterebbero solo alcuni aspetti
di quelli elencati per giustificare una rivoluzione seria delle popolazioni
meridionali.
Il problema delle rivoluzioni sta
negli eccessi ingiustificabili che esse producono e quelle della scelta del
contenitore politico per canalizzare il dissenso sta nella capacità della forza
politica di tradurre in fatti concreti e rispondenti ai desiderata dei
cittadini le problematiche evidenziate con la rivoluzione politica.
Su questo, pur augurandomi
risultati positivi, nutro forti dubbi e vedo nuove illusioni per i cittadini.
La vittoria della Lega nel
settentrione, con la scomparsa della egemonia di Forza Italia nel
raggruppamento del centro destra, è il frutto dell’intercettamento delle
aspettative di miglioramento delle esigenze di vita di quelle popolazioni e
l’interpretazione di una visione egoistica dei loro interessi che Bossi
manifestava in modo rozzo e grossolano e che Salvini ha saputo rendere più
moderno, con un partito che toglie la parola nord per essere più nazionale e
più forte, con una irruenza politica che mette in evidenza le divisioni non più
territoriali, ma sociali e umane fra tutti i cittadini – attori della nazione e
fra questi e coloro che cercano rifugio o lavoro nel nostro territorio sia per
fuggire ai sommovimenti politici e alle guerre
e sia per cercare maggiori possibilità di vita migliore nel nostro
territorio o in Europa.
Il tutto per soddisfare la sua
sfrenata voglia di diventare leader politico nazionale quale passaggio
necessario per guidare il Paese da presidente del Consiglio.
Ciò per il coronamento di un
disegno strategico delle classi dirigenti del nord che hanno scientificamente
contribuito, sia sul piano politico che economico, a creare sempre le
condizioni per allocare al nord tutti gli strumenti necessari per arricchire ancora
di più quelle regioni e portarli a livello di sviluppo economico delle regioni
più evolute dell’Europa.
Il tutto lasciando nella povertà
economica, infrastrutturale, sociale, sanitaria, scolastica e scientifica le
regioni del meridione assorbendone anche le migliori espressioni umane perché
localizzando le opportunità di lavoro in una sola zona del paese impone
l’emigrazione intellettuale che rende sempre più ricche le regioni di arrivo e
sempre più povere quelle di partenza.
Ciò è stato possibile con la
compiacenza di una classe politica e dirigenziale del meridione asservita alle
indicazioni delle classi dominanti settentrionali sia per soddisfare un
effimero tornaconto personale, sia per incapacità culturale e propositiva
secondo un retaggio di nuovo ascarismo.
Adesso non possiamo che prendere
atto dei risultati elettorali e sperare che si possano creare le condizioni per
la formazione di un Governo che tenti di mettere in atto le difficili e
contraddittorie promesse elettorali, ma il dato di lungo periodo e di strategie
politica deve essere ricercato in un soggetto politico che prenda atto della
sostanza del dissenso del meridione e non solo dell’aspetto folcloristico e
propagandistico di un meridione solo asservito alle effimere proposte di un reddito
senza lavorare e sappia invece cogliere l’essenza interiore di un dissenso
reale ed ineludibile per proporre e realizzare le giuste soluzioni per colmare,
in tempi brevi, le diseguaglianze gravi e profonde.
Se non saranno date risposte
serie e concrete ai problemi vitali di convivenza anche politica e sociale, dei
cittadini del Meridione, la fluidità del consenso potrebbe tradursi in aspetti
non controllabili facilmente dallo svolgersi della tranquillità del quadro
sociale, politico ed istituzionale.
Pippo Bufardeci
06/03/ 2018
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