mercoledì 30 dicembre 2020

 

DOPO ELEZIONI E REFERENDUM, ADESSO L’ITALIA REALE

 

l’abbuffata elettorale ha attraversato il Paese e la politica con la solita scia di inutili discussioni frutto del degrado in cui si trova ormai la società italiana nel suo complesso.

Tutti vincitori, tutti capaci di essere gli unici depositari del consenso e della volontà dei cittadini, tutti con il carniere pieno di ricette miracolose per risolvere i problemi del Paese, ma nessuno in grado di indicare una prospettiva concreta e fattibile di ripresa del nostro sistema sociale ed economico.

Tutto questo in una fase storica che dovrà necessariamente distinguersi per la capacità di individuare e realizzare una visione strategica del progetto di crescita del nostro Paese alla luce del futuro riassetto degli equilibri mondiali.

Ciò dopo la forte crisi economica che abbiamo vissuto nel decennio precedente e la subdola incidenza del coronavirus che dobbiamo metabolizzare come un tornado non solo di natura sanitaria, ma sociale, economico e politico – istituzionale.

Serve quindi un Governo che abbandoni i retaggi di natura ideologica su alcune scelte importanti che rischiano di bloccare decisioni capaci di incidere su vitali settori del sistema Paese e serve soprattutto una visione del fare che non punti a mettere l’etichetta di questa o di quella forza che sostiene l’esecutivo, ma l’insieme della maggioranza che ne permette la tenuta.

Per fare questo serve una riquadratura organizzativa e propositiva di tutte le forze politiche capaci di privilegiare il progetto complessivo di crescita dell’intero Paese non subordinato agli interessi dei territori forti né agli slogans ad effetto.

Ma serve anche una opposizione che si cimenti per essere forza di Governo e non semplicemente barricadiera, amplificatrice di timori e paure o conflittuale con tutti e su tutto.

E’ difficile costruire dopo che si è distrutto anche da parte di chi si ritiene capace di risolvere tutti i problemi.

Ritengo che nei due schieramenti di governo e di opposizione ci siano forze politiche ed elementi singoli capaci di svolgere un ruolo di moderazione e di azione che veda come prioritario l’interesse del Paese rispetto a quello delle singole forze politiche.

Il confronto sulle strategie da mettere in campo e sulle cose da fare diventa ancora più necessario ed utile se si considera che, alla fine della tornata elettorale, finita in parità numerica, il rapporto Stato Regioni non può essere imposto da nessuno in quanto la variegata gestione politica delle regioni, impone un confronto serrato, ma serio e conducente allo sviluppo globale dell’intera comunità nazionale.

Le recenti elezioni hanno anche evidenziato una debolezza politica del Governo che, paradossalmente, diventa la sua forza d’azione in quanto l’esito del referendum che diminuisce il numero dei parlamentari assicura una durata d’azione che potrà portare fino alla data di chiusura costituzionale della legislatura.

Ecco perché, da parte del Governo, è necessario rendere noto il programma di cose da fare con tempi e finanziamenti individuati per permettere il controllo da parte delle opposizioni, ma soprattutto da parte dei cittadini che devono essere partecipi e corresponsabili degli sforzi che necessita l’attuale momento storico per rimettere in carreggiata, tutti insieme, il veicolo Italia.                                                                                 

Ma assieme alla individuazione dei progetti di sviluppo da realizzare, bisogna che il Governo elabori una nuova normativa sugli enti locali che ne permetta il funzionamento e la capacità finanziaria per rispondere ai problemi del mantenimento della struttura e dei servizi da erogare ai cittadini.

La normativa deve dare assicurazioni che non venga mai meno il controllo popolare dell’ente locale in quanto essendo il primo organo costituzionale che si confronta con le esigenze dei cittadini non può subire, per normative poco accorte come lo scioglimento o per motivi di mafia non appurati da organismi della magistratura o per negligenza degli amministratori e consiglieri che determinano lo scioglimento degli Enti, si possa arrivare a gestioni solitarie dei sindaci o di commissari nominati per gestire comunità senza confronto con i cittadini.

 Nell’un caso o nell’altro bisogna che, rimasti solo i sindaci, si provveda all’immediata rielezione dei consigli comunali o nel caso dei commissari si elegga una rappresentanza cittadina capace di essere attiva sia nel controllo che nelle proposte.

In tutti e due i casi si eviterebbe il sospetto che, senza un controllo istituzionale da parte dei cittadini, si possa avere il sospetto che l’interlocuzione non controllata democraticamente possa lasciare la gestione dell’Ente all’influenza di gruppi economici, massonici o delinquenziali che potrebbero avere vita più facile nel convincere pochi esponenti delle istituzioni.

Anzi, gli organismi elettivi, a livello locale, dovrebbero essere più numerosi nel numero dei rappresentanti per evitare connivenze dei pochi e indicare una normativa chiara su compiti e responsabilità.

Anche l’aspetto giuridico relativo al compenso va inquadrato come attività di servizio del consigliere verso il proprio paese e remunerato solo con il gettone di presenza nelle riunioni di consiglio comunale.

Vi è molta carne al fuoco che presuppone capacità politica e gestionale da parte dei rappresentanti dei cittadini che devono essere, non solo preparati al ruolo che dovranno svolgere, ma anche scelti direttamente dagli elettori con la preferenza e non nominati dai capi e capetti di turno dei partiti.

 Pippo Bufardeci 28/09/2020

(Per il periodico Timeout di Siracusa)

 

 

 

 

 

 

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