DOPO ELEZIONI E
REFERENDUM, ADESSO L’ITALIA REALE
l’abbuffata elettorale ha
attraversato il Paese e la politica con la solita scia di inutili discussioni
frutto del degrado in cui si trova ormai la società italiana nel suo complesso.
Tutti vincitori, tutti
capaci di essere gli unici depositari del consenso e della volontà dei
cittadini, tutti con il carniere pieno di ricette miracolose per risolvere i
problemi del Paese, ma nessuno in grado di indicare una prospettiva concreta e
fattibile di ripresa del nostro sistema sociale ed economico.
Tutto questo in una fase
storica che dovrà necessariamente distinguersi per la capacità di individuare e
realizzare una visione strategica del progetto di crescita del nostro Paese
alla luce del futuro riassetto degli equilibri mondiali.
Ciò dopo la forte crisi
economica che abbiamo vissuto nel decennio precedente e la subdola incidenza
del coronavirus che dobbiamo metabolizzare come un tornado non solo di natura
sanitaria, ma sociale, economico e politico – istituzionale.
Serve quindi un Governo
che abbandoni i retaggi di natura ideologica su alcune scelte importanti che
rischiano di bloccare decisioni capaci di incidere su vitali settori del
sistema Paese e serve soprattutto una visione del fare che non punti a mettere
l’etichetta di questa o di quella forza che sostiene l’esecutivo, ma l’insieme
della maggioranza che ne permette la tenuta.
Per fare questo serve una
riquadratura organizzativa e propositiva di tutte le forze politiche capaci di
privilegiare il progetto complessivo di crescita dell’intero Paese non
subordinato agli interessi dei territori forti né agli slogans ad effetto.
Ma serve anche una
opposizione che si cimenti per essere forza di Governo e non semplicemente
barricadiera, amplificatrice di timori e paure o conflittuale con tutti e su
tutto.
E’ difficile costruire
dopo che si è distrutto anche da parte di chi si ritiene capace di risolvere
tutti i problemi.
Ritengo che nei due
schieramenti di governo e di opposizione ci siano forze politiche ed elementi
singoli capaci di svolgere un ruolo di moderazione e di azione che veda come
prioritario l’interesse del Paese rispetto a quello delle singole forze
politiche.
Il confronto sulle
strategie da mettere in campo e sulle cose da fare diventa ancora più necessario
ed utile se si considera che, alla fine della tornata elettorale, finita in
parità numerica, il rapporto Stato Regioni non può essere imposto da nessuno in
quanto la variegata gestione politica delle regioni, impone un confronto
serrato, ma serio e conducente allo sviluppo globale dell’intera comunità
nazionale.
Le recenti elezioni hanno
anche evidenziato una debolezza politica del Governo che, paradossalmente,
diventa la sua forza d’azione in quanto l’esito del referendum che diminuisce
il numero dei parlamentari assicura una durata d’azione che potrà portare fino
alla data di chiusura costituzionale della legislatura.
Ecco perché, da parte del Governo, è necessario rendere noto il programma di cose da fare con tempi e finanziamenti individuati per permettere il controllo da parte delle opposizioni, ma soprattutto da parte dei cittadini che devono essere partecipi e corresponsabili degli sforzi che necessita l’attuale momento storico per rimettere in carreggiata, tutti insieme, il veicolo Italia.
Ma assieme alla
individuazione dei progetti di sviluppo da realizzare, bisogna che il Governo
elabori una nuova normativa sugli enti locali che ne permetta il funzionamento
e la capacità finanziaria per rispondere ai problemi del mantenimento della
struttura e dei servizi da erogare ai cittadini.
La normativa deve dare
assicurazioni che non venga mai meno il controllo popolare dell’ente locale in
quanto essendo il primo organo costituzionale che si confronta con le esigenze
dei cittadini non può subire, per normative poco accorte come lo scioglimento o
per motivi di mafia non appurati da organismi della magistratura o per
negligenza degli amministratori e consiglieri che determinano lo scioglimento
degli Enti, si possa arrivare a gestioni solitarie dei sindaci o di commissari
nominati per gestire comunità senza confronto con i cittadini.
Nell’un caso o nell’altro bisogna che, rimasti
solo i sindaci, si provveda all’immediata rielezione dei consigli comunali o
nel caso dei commissari si elegga una rappresentanza cittadina capace di essere
attiva sia nel controllo che nelle proposte.
In tutti e due i casi si
eviterebbe il sospetto che, senza un controllo istituzionale da parte dei
cittadini, si possa avere il sospetto che l’interlocuzione non controllata
democraticamente possa lasciare la gestione dell’Ente all’influenza di gruppi
economici, massonici o delinquenziali che potrebbero avere vita più facile nel
convincere pochi esponenti delle istituzioni.
Anzi, gli organismi
elettivi, a livello locale, dovrebbero essere più numerosi nel numero dei
rappresentanti per evitare connivenze dei pochi e indicare una normativa chiara
su compiti e responsabilità.
Anche l’aspetto giuridico
relativo al compenso va inquadrato come attività di servizio del consigliere
verso il proprio paese e remunerato solo con il gettone di presenza nelle
riunioni di consiglio comunale.
Vi è molta carne al fuoco
che presuppone capacità politica e gestionale da parte dei rappresentanti dei
cittadini che devono essere, non solo preparati al ruolo che dovranno svolgere,
ma anche scelti direttamente dagli elettori con la preferenza e non nominati
dai capi e capetti di turno dei partiti.
Pippo Bufardeci 28/09/2020
(Per il periodico Timeout
di Siracusa)
Nessun commento:
Posta un commento