Il dibattito sul prossimo referendum che si è svolto negli
studi televisivi della 7 ha dimostrato e confermato quello che è il motivo
bivalente di questa dura campagna elettorale e mediatica.
Il segretario della Lega nord, Salvini, ha sviluppato quasi
per intero il suo motivo propagandistico referendario trattando tutti gli
argomenti che possano colpire la pancia degli elettori e nessun argomento
sviluppato in merito alla sostanza degli articoli referendari che vengono
proposti all’attenzione dei cittadini.
Ci siamo ormai abituati, ma abbiamo ulteriormente avuto
l’ulteriore dimostrazione come la politica che si sviluppa in questo
particolare momento del nostro Paese punta alla forma propagandistica per
accaparrarsi i voti dei cittadini piuttosto che sviluppare i veri problemi che
interessano la nostra comunità.
Quando Salvini afferma che tutto sommato la riforma non è
male e che il quesito referendario scritto sulla scheda elettorale è giusto, ma
che lui vota no per non perdere l’occasione di mandare a casa Renzi e il suo
governo, esplicita tutta la strategia che evidenzia maggiormente l’interesse di
parte e di partito piuttosto che quello della collettività.
La ministra per le riforme Boschi ha, evidenziato
l’importanza della riforma oggetto del quesito referendario con maggiore
concretezza rispetto a Salvini cercando di puntare sulla riflessione degli
elettori che andranno a votare, ma non ha nemmeno evitato di accaparrarsi le
simpatie di coloro che votano di pancia ripetendo in modo ossessivo gli slogan
dei fautori del referendum.
Forse, come dicono numerosi esperti dei flussi culturali nel
nostro paese, la politica dell’effetto mediatico che punta all’umore degli
elettori piuttosto che alla loro capacità di discernere fra le varie proposte
politiche, è frutto del depauperamento culturale in cui si trova il nostro
Paese e soprattutto le giovani generazioni.
Purtroppo leggendo molti giornali e vedendo su facebook molti
spot condivisi, si ha l’impressione che la capacità critica delle persone
intelligenti sia stata messa in soffitta in quanto si condividono anche le
puttanate più sfacciate senza nessuna coscienza critica.
Quindi ritornare a riappropriarci della nostra, anche minima
capacità di discernere fra le varie proposte, ci farà riscoprire l’obiettività
delle scelte soggettive e la necessità collettiva di avere cittadini capaci di
capire i problemi, approfondire le cause e di proporre soluzioni conducenti
alla reale valenza dei problemi stessi.
Ciò senza l’incultura del copia- incolla che ci permette di
avere qualche “mi piace” momentaneo, ma sciupa la nostra naturale propensione
all’intelligenza.
Il referendum, da qualsiasi parte lo si sviluppi può,
paradossalmente, darci l’opportunità per essere meno dipendenti dagli altri e
riaccendere la nostra capacità critica che è l’anticamera dell’intelligenza
singola e collettiva che può portare a scelte obiettive, serene e serie
nell’interesse del Paese.
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