lunedì 19 maggio 2014

ELEZIONI COMUNALI ED INTERESSI PERSONALI





Domenica 25 maggio prossimo, oltre che per le elezioni europee, nella provincia di Siracusa si voterà anche per eleggere i consigli comunali ed i sindaci dei comuni di Pachino e Portopalo di Capo Passero.
Sarà un evento che metterà in secondo piano le elezioni europee e quasi le ignorerà in quanto tutta la lotta politica sarà concentrata sulle problematiche sociali e sulla pletora di candidati sindaci e consiglieri comunali che aspirano a sedersi sugli scranni del potere comunale.
E’ ormai cosa risaputa e constatata che ad ogni elezione locale aumenta il numero delle liste che si presentano nonché i candidati che aspirano a cimentarsi nella lotta politica locale e nella gestione della cosa pubblica.
L’esponenziale aumento delle liste, soprattutto civiche, è dovuta all’assenza di partiti capaci di interpretare le istanze della società e soprattutto di creare le condizioni per essere riferimento di interessi collettivi e di obiettivi condivisi.
La personalizzazione della rappresentanza politica a scapito della partecipazione  dei cittadini nella individuazione e gestione delle fasi operative per raggiungere gli obiettivi per cui si sceglie un soggetto politico, ha generato una disaffezione verso il soggetto politico di rappresentanza ed ha creato sia dei cittadini che delegano solo su basi emotive  sia altri che decidono di non cimentarsi in nessuna azione politica in quanto ritengono ininfluente il loro apporto.
Tutti e due le posizioni portano alla negazione della democrazia e generano momenti di confusione ed anche di convincimento che le regole democratiche hanno validità solo se capaci di rispondere alle esigenze personali e non alla ricerca di obiettivi comuni per migliorare la qualità del vivere sociale.
Questa convinzione, a mio avviso, sta anche alla base della ricerca del fai da te a livello della gestione delle comunità locali dove gli interessi personali hanno maggiore visibilità e dove si è convinti che non basta delegare in un virtuoso sistema di rappresentanza democratica in quanto è meglio essere loro stessi i diretti difensori dei propri interessi.
Ecco allora il sorgere delle numerose liste civiche che costellano ogni elezione locale, il numero spropositato di soggetti che si propongono come sindaci gestori della cosa pubblica e miriadi di candidati per far parte di un consiglio comunale di cui, non solo ignorano compiti e competenze, ma anche l’ubicazione fisica del luogo.
Se in un sistema di democrazia realmente partecipata e sostanzialmente conosciuta dai vari soggetti sarebbe una dimostrazione dell’attaccamento al bene comune.  In un sistema di vagabondaggio politico e di incultura ed ignoranza dei compiti gestionali della cosa pubblica, è solamente una dimostrazione del livellamento in basso che caratterizza le istituzioni ed i gestori degli interessi comuni.
Difatti, poiché la qualità culturale e la credibilità dei vari candidati a gestire la cosa pubblica ha subito più i riflessi dell’ignoranza che quelli dell’intelligenza e della preparazione, chiunque si sente in grado di essere capace di gestire meglio degli altri. Soprattutto se il termine di paragone delle capacità sta nella ricchezza personale che si può accumulare e nel potere di interdizione delle cose degli altri.
E’, difatti impensabile che, in un paese come Pachino con meno di undicimila voti validi espressi, ci possano essere 9 candidati a Sindaco, 22 assessori designati nella prima fase, 24 liste concorrenti e 474 persone che si sfidano per 20 posti di consigliere comunale.
E’ normale tutto questo?
Anche studiando e condividendo tutti i trattati di democrazia che osannano la partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica verrebbe difficile credere che tutto questo sia frutto della normalità democratica e non di un impazzimento collettivo che ha eretto l’ improvvisazione a capo del proprio impegno nel politico e nel sociale.
Sia chiaro che non demonizziamo la partecipazione di larghi strati di cittadini a gestire la cosa pubblica perché sarebbe un grande successo per la democrazia, ma il fatto che ciò avvenga senza nessuna preparazione, conoscenza dei problemi e  riconoscimento che è l’inclusione dei più alle proprie idee e non lo strombazzare di frasi fatte e carpite qua e là che determinano le necessarie capacità.
Il tutto condito di ulteriori effetti  negativi per tutti i cittadini che saranno amministrati.
E’ quindi giunto il momento che si attuino riforme istituzionali capaci di regolarizzare in positivo l’accesso di tutti alla gestione della cosa pubblica creando anche le condizioni che le sorti delle comunità locali siano affidati a persone che abbiano le competenze, la capacità e la preparazione per bene operare pur fra le enormi difficoltà che detta attività comporta.
Solo se anche nella politica e nella gestione della cosa pubblica locale si ricominci a riproporre una certa professionalità che abbandoni l’improvvisazione e l’ignoranza si può sperare che si possa arrivare ad una soluzione dei problemi che privilegi la cosa pubblica e dia risposte positive nell’esclusivo interesse dei cittadini amministrati.
Il perdurare dell’ignoranza, dell’incompetenza e degli affarismi non lascia presagire niente di buono per le attuali e per le future generazioni.
Pippo Bufardeci
19.05.2014


martedì 22 aprile 2014


RENZI, SOLO UN CICLONE O ANCHE UN COSTRUTTORE?

Non vi è dubbio che l’attuale presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha portato una maggiore dinamicità all’azione politica e legislativa del nostro Paese.
Se questo alla lunga si dimostrerà un bene o un male lo vedremo.
Allo stato delle cose era necessaria una spinta di fattibilità e decisionale che non percorresse i canoni tradizionali delle decisioni concordate e decise con tutti i gruppi.
Anche se contrapposti e portatori di interessi contrastanti che rendevano poco incisive decisioni che necessitavano di urgenza e rapidità.
Possiamo non condividere le modalità da guascone del suo modus operandi, l’atteggiamento personalizzante della sua azione politica o la presenza di una reggia troppo poco avvezza a gestire carichi di responsabilità gravosi come quelli governativi, ma non possiamo non prendere atto che ha attuato una scossa importante e forse determinante nella prassi politica e governativa.
Ha iniziato dal suo partito emarginando in pochi mesi l’intero establishment che era arroccato da decenni nelle alte sfere decisionali rendendolo una specie di riserva indiana.
Ha cioè operato una rivoluzione senza effetti devastanti, quali una eventuale scissione, ed ha limitato i danni a qualche sporadica resistenza in sede di commissioni parlamentari o di direzione di partito.
Ha rotto il cordone ombellicale con i partitini e gruppetti della sinistra estrema spostando il PD su posizioni di centro.
Ha ignorato il forte potere di interdizione dei sindacati, soprattutto di quello storicamente più vicino alla sinistra e cioè la potente CGIL, proponendo interventi sul tema del lavoro e della politica sociale di stretta marca governativa.
Ha iniziato ad affrontare il tema della potente e impantanante burocrazia colpendola sia economicamente che nella struttura di potere.
Sta iniziando ad affrontare il problema giustizia non più in termini di contrapposizione personale, ma di capacità di rispondenza della stessa al servizio della Stato iniziando a discutere la parte economica del potere della casta giudiziaria.
Ha dato un segnale forte  a quanti si sono ecclissati nell’attesa di aspettare la sua caduta in tempi brevi spostando al 2018 la data della durata del suo Governo.
Parla di azione di governo popolare e non di classe o di casta come non sentivamo dai tempi della prima Repubblica.
Insomma una serie di cose che danno un volto nuovo ad un’azione politica e di Governo che il nostro Paese ha tanto bisogno che si realizzino per uscire dalla drammatica situazione in cui si trova per motivi interni ed internazionali.
Molti commendatori politici hanno parlato, come fatto positivo o negativo, delle sue origini di boy scout, di dirigente democristiano e popolare o di personaggio di spettacolo.
Certamente la cultura di ciascuno di noi non può essere eliminabile se in essa crediamo ed intorno ad essa costruiamo le nostre convinzioni di convivenza civile, ma non possiamo non prendere atto che, se Renzi saprà anche dialogare con coloro che possono remare nella giusta direzione, potremo sperare in  una nuova e positiva prospettiva degli interessi comuni.
Pippo Bufardeci
22/04/2014
  

sabato 22 marzo 2014



DEMOCRAZIA E SISTEMI ELETTORALI CON PIPPO BUFARDECI E ALESSIO LO GIUDICE

Importante incontro venerdì sera presso la sala della biblioteca dei padri Cappuccini di Siracusa dove si è parlato di “ Democrazia “ e di “ Sistemi elettorali “.
I lavori sono stati aperti dal direttore del giornale Timeout, Pino Nucifora, che ha organizzato l’evento e  ha illustrato le motivazioni dell’incontro.
Subito dopo ha portato il suo saluto il direttore della biblioteca fra Giuseppe.
E’ stata quindi la volta di Pippo Bufardeci che ha parlato del suo ultimo libro “ I SISTEMI ELETTORALI, STRUMENTO DI DEMOCRAZIA “ delle normative che caratterizzeranno le prossime elezioni europee.
Si è poi soffermato sulla nuova legge elettorale, L’ITALICUM che, nei giorni scorsi, è stata votata dalla Camera dei deputati.
E’ stata poi la volta del prof. Alessio Lo Giudice, docente universitario e assessore al comune di Siracusa, che si è soffermato sui concetti della Democrazia facendo riferimento al suo libro: “LA DEMOCRAZIA INFONDATA” e a quello sui sistemi elettorali.
E’ seguito un dibattito molto partecipato fra il pubblico presente e i relatori.

mercoledì 12 marzo 2014



SQUALLIDO SPETTACOLO MEDIATICO DEI DEPUTATI REGIONALI SIRACUSANI SULLA SENTENZA DEL C. G. A

 Non sono un giurista e quindi non mi incammino lungo la contorta via della interpretazione dei cavilli giuridici relativi alla sentenza del C g a che ha deciso di fare ripetere le votazioni per le elezioni regionali in sei sezioni di Pachino e tre di Rosolini.
 Ho masticato e continua a masticare di politica per  capire che mi sembra eccessiva e poco conducente la battaglia mediatica che alcuni deputati siracusani stanno conducendo in merito all’applicabilità o meno della sentenza.
La loro elezione a deputati regionali o di operatori della politica ha come conseguenza, non quella di renderli esperti giuristi, ma di impegnarli al servizio della comunità e del territorio che rappresentano.
Avrebbero tutti, ricorrenti e non, dovuto prendere atto che questa vicenda macchia la politica siracusana nel suo complesso perché non si tratta di tifare per gli eletti o per i ricorrenti, ma di prendere atto della barbarie politica che caratterizza lo svolgimento elettorale in una provincia che vede sempre più abbassarsi il livello di capacità politica e culturale dei propri rappresentanti.
Avrebbero tutti dovuto prendere atto che forse a torto, in quanto trattasi di una sentenza senza prove accertate, si stia criminalizzando una fascia di elettori e due paesi che potrebbero essere sono costretti ad essere il ventre molle al servizio delle beghe elettorali e degli interessi di qualche politico locale che invece dovrebbe essere al servizio di questi territori.
Anche gli altri comuni e le altre sezioni elettorali non citate nei ricorsi non possono essere considerati immuni da eventuali brogli commessi con dolo o in buona fede dai componenti i seggi elettorali perché oggi sono fuori dalla mischia perché chi ricorre forse non li ha attenzionati.
Se invece di comportarsi come i galli nel pollaio i nostri deputati si rendessero conto ed esaminassero le discrasie di un sistema di votazione che porta a brogli capaci di inficiare la volontà liberamente espressa dagli elettori, forse supererebbero gli interessi di pura bottega per dare risposte capaci di assicurare maggiore impermiabilità alla rappresentazione delle indicazioni democratiche dei cittadini.
Mentre riteniamo che ogni atto giuridico debba fare il suo corso e  che la sentenza del C g a, piaccia o non piaccia, deve essere attuata ,auspichiamo che i deputati risparmino le energie dai comportamenti da comari da cortile e le usino per dare risposte serie ai gravi problemi del territorio in attesa che gli organismi preposti alla giustizia operino in assoluta autonomia e senza rincorrere le sparate di turno di giuristi improvvisati.
Pippo Bufardeci
 12.03.2014

lunedì 10 marzo 2014

LE QUOTE ROSA GHETTIZZANO, IL RINNOVAMENTO ESALTA



Un nuovo ostacolo nel percorso dell’approvazione della nuova legga elettorale.
Circa novanta  donne parlamentari di quasi tutti gli schieramenti politici hanno chiesto che venga inserita una norma che salvaguardi le quote rosa anche attraverso la spartizione dei capilista ch3e significherebbe elezione  assicurata per le donne che rivestissero questa posizione.
Personalmente ho sempre ritenuto concettualmente sbagliato il discorso delle quote rosa anche se, sul piano pratico ha determinato un maggior numero di donne nelle assemblee elettive.
In un sistema di spartizione delle  poltrone anche un quota riservata alle donne come si trattasse di categorie protette da avviare al lavoro , dopo che gli uomini vengono scelti per grazia ricevuta dai vari capibastone politici, potrebbe anche starci.
Però non risolverebbe il problema della dignità delle donne e non determinerebbe alcuna idea di meritocrazia, ma le relegherebbe semplicemente al ruolo di genere protetto per dare agli uomini la stura per dire che sono favorevoli alla valorizzazione delle donne anche se sanno che la sostanza è quella della considerazione di oggetto da mostrare in vetrina.
Allora, se l’assunto è quello che giustamente le qualità delle donne devono essere valorizzate ovunque al pari degli uomini, è necessario introdurre, anche in politica, altri sistemi di selezione che non siano frutto di benevola concessione della controparte maschile.
Ritengo che, per rimanere nell’ambito della legge elettorale, potrebbero essere due i capisaldi su cui condurre una battaglia politica obiettiva e conducente.
Il primo riguarda l’introduzione delle preferenze che determina la elezione di chi riceve più consensi dagli elettori che deve rappresentare e non essere eletti solo per una posizione geometrica da occupare in una lista.
Il secondo riguarda una norma che stabilisca un limite temporale alla permanenza in una assemblea elettiva che determinerebbe un vero rinnovamento capace di esaltare le capacità dei singoli.
Non è possibile che si svolga la funzione di parlamentari a vita, ma è necessario che si dia un limite oltre al quale non si può essere candidati.
Dopo venti anni di presenza in una assemblea elettiva non si dovrebbe  essere ricandidati almeno per una o due nuove elezioni nella stessa assemblea.
Questo significherebbe per tutti la rinuncia a rendite di posizioni e varrebbe anche per le donne che non possono contestare solo per accaparrarsi le stesse garanzie di presenza che adesso hanno gli uomini nelle istituzioni.
Il ricambio ed il rinnovamento agevolerebbe tutti, uomini e donne serie e preparati, che avrebbero le stesse opportunità di gestire la cosa pubblica.
 Queste opportunità adesso sono incrostate e rese possibili solo ad una casta che è riuscita per prima ad accaparrarsi quelle posizioni che invece devono essere di opportunità a tutti coloro che vogliono cimentarsi nella gestione del bene pubblico passando attraverso il consenso dei cittadini elettori.
Solo così il rinnovamento sarà assicurato e le opportunità saranno garantite a tutti.
Pippo Bufardeci
10.03.2014