Un nuovo ostacolo nel percorso dell’approvazione della nuova
legga elettorale.
Circa novanta donne
parlamentari di quasi tutti gli schieramenti politici hanno chiesto che venga
inserita una norma che salvaguardi le quote rosa anche attraverso la
spartizione dei capilista ch3e significherebbe elezione assicurata per le donne che rivestissero
questa posizione.
Personalmente ho sempre ritenuto concettualmente sbagliato il
discorso delle quote rosa anche se, sul piano pratico ha determinato un maggior
numero di donne nelle assemblee elettive.
In un sistema di spartizione delle poltrone anche un quota riservata alle donne
come si trattasse di categorie protette da avviare al lavoro , dopo che gli
uomini vengono scelti per grazia ricevuta dai vari capibastone politici,
potrebbe anche starci.
Però non risolverebbe il problema della dignità delle donne e
non determinerebbe alcuna idea di meritocrazia, ma le relegherebbe semplicemente
al ruolo di genere protetto per dare agli uomini la stura per dire che sono
favorevoli alla valorizzazione delle donne anche se sanno che la sostanza è
quella della considerazione di oggetto da mostrare in vetrina.
Allora, se l’assunto è quello che giustamente le qualità delle
donne devono essere valorizzate ovunque al pari degli uomini, è necessario
introdurre, anche in politica, altri sistemi di selezione che non siano frutto
di benevola concessione della controparte maschile.
Ritengo che, per rimanere nell’ambito della legge elettorale,
potrebbero essere due i capisaldi su cui condurre una battaglia politica
obiettiva e conducente.
Il primo riguarda l’introduzione delle preferenze che
determina la elezione di chi riceve più consensi dagli elettori che deve
rappresentare e non essere eletti solo per una posizione geometrica da occupare
in una lista.
Il secondo riguarda una norma che stabilisca un limite
temporale alla permanenza in una assemblea elettiva che determinerebbe un vero
rinnovamento capace di esaltare le capacità dei singoli.
Non è possibile che si svolga la funzione di parlamentari a
vita, ma è necessario che si dia un limite oltre al quale non si può essere
candidati.
Dopo venti anni di presenza in una assemblea elettiva non si
dovrebbe essere ricandidati almeno per
una o due nuove elezioni nella stessa assemblea.
Questo significherebbe per tutti la rinuncia a rendite di
posizioni e varrebbe anche per le donne che non possono contestare solo per accaparrarsi
le stesse garanzie di presenza che adesso hanno gli uomini nelle istituzioni.
Il ricambio ed il rinnovamento agevolerebbe tutti, uomini e
donne serie e preparati, che avrebbero le stesse opportunità di gestire la cosa
pubblica.
Queste opportunità
adesso sono incrostate e rese possibili solo ad una casta che è riuscita per
prima ad accaparrarsi quelle posizioni che invece devono essere di opportunità
a tutti coloro che vogliono cimentarsi nella gestione del bene pubblico
passando attraverso il consenso dei cittadini elettori.
Solo così il rinnovamento sarà assicurato e le opportunità
saranno garantite a tutti.
Pippo Bufardeci
10.03.2014
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