Stiamo già preparando l'edizione 2008 del "Premio Internazionale di Giornalismo Vitaliano Brancati" che ampi consensi e lusinghieri apprezzamenti ha ricevuto nell'edizione 2007.
Quest'anno il Presidente dell'Associazione, Gianni Firera ed il Direttore artistico Corrado DiPietro,asssieme al sottoscritto nella qualità di segretario del premio,si sono messi alacramente al lavoro anche se scottati dall'esperienza dello scorso anno.
Difatti la passata edizione, che ha visto la premiazione, fra gli altri, di Gianni Minoli, Paola Salluzzi e Franco Siddi, non ha avuto alcun contributo da parte degli enti pubblici nonostante le assicurazioni ricevute.
Poichè riteniamo che trattasi, così come ha dimostrato la vasta eco avuta sulla stampa nazionale, di una iniziativa culturalmente importante per la nostra città ad un costo irrisorio, riteniamo utile perseverare ed essere fiduciosi che anche gli enti locali siracusani ne scoprano l'importanza.
Con un prossimo comunicato, appena acquisite tutte le disponibilità, vi svelerò i nomi dei premiati per il 2008 che, vi posso assicurare,sono di assoluto rispetto nel panorama giornalistico e culturale italiano.
venerdì 22 agosto 2008
GLI ANZIANI IN VISITA AI SITI ARCHEOLOGICI
Presso i locali della Sovrintendenza di Siracusa ai Beni Culturali si è svolta stamani la conferenza stampa per la presentazione ufficiale del progetto che permette agli anziani della nostra Provincia di visitrare gratuitamente e con percorsi guidati alcuni siti archeologici.
Il progetto s'inquadra nell'ambito di un'iniziativa dell'Assessorato Regionale ai Beni Culturali che, a livello locale, è organizzativamente cutato dalla dottoressa Teresa DiBlasi con un gruppo di collaboratori che hanno frequentato gli staig presso la Sovrintendenza.
Alla conferenza stampa erano presenti sia la sovrintendente arc. Mariella Muti che il dott. Guzzardi che hanno evidenzaito l'importanza dell'iniziativa che permette un'apertura della Sovrintendenza verso l'esterno sfatando così la concezione di istituzione chiusa che ne ha il grande pubblico.
Erano altresì presenti numerosi presidenti di associazioni culturali.
Nel corso del suo intervento la dottoressa DiBlasi ha anche avuto parole di ringraziamento nei miei confronti per la amichevole collaborazione prestata nel contattare alcuni centri anziani della nostra provincia che hanno prenotato le loro visite guidate.
Il progetto s'inquadra nell'ambito di un'iniziativa dell'Assessorato Regionale ai Beni Culturali che, a livello locale, è organizzativamente cutato dalla dottoressa Teresa DiBlasi con un gruppo di collaboratori che hanno frequentato gli staig presso la Sovrintendenza.
Alla conferenza stampa erano presenti sia la sovrintendente arc. Mariella Muti che il dott. Guzzardi che hanno evidenzaito l'importanza dell'iniziativa che permette un'apertura della Sovrintendenza verso l'esterno sfatando così la concezione di istituzione chiusa che ne ha il grande pubblico.
Erano altresì presenti numerosi presidenti di associazioni culturali.
Nel corso del suo intervento la dottoressa DiBlasi ha anche avuto parole di ringraziamento nei miei confronti per la amichevole collaborazione prestata nel contattare alcuni centri anziani della nostra provincia che hanno prenotato le loro visite guidate.
martedì 12 agosto 2008
AL COMUNE SI ASSEGNANO LE DELEGHE ALLA PROVINCIA SI PROFILANO PROBLEMI
Finalmente anche al comune di Siracusa sono state assegnate le deleghe ai vari assessori.
L’auspicio è che ci si metta subito al lavoro nell’interesse della città perchè i problemi non possono aspettare.
La nostra preoccupazione è dovuta al fatto che, fra gli assessori, ve sono alcuni che conoscono poco il funzionamento della macchina amministrativa ed altri che non la conoscono affatto.
Speriamo che imparino presto.
Non sembra si respiri aria politicamente potabile invece in seno all’Amministrazione provinciale dove, agli stessi problemi che si riscontrano per gli assessori al Comune di Siracusa, se ne aggiunge un altro dovuto nientemeno che al Presidente.
Secondo notizie UDC sembra che il presidente ed i partiti della sua maggioranza siano come dei separati in casa perchè viene rimproverata un’eccessiva autonomia decisionale a Nicola Bono.
I critici dicono di essere preoccupati perchè a questa autonomia non si accompagna una sufficiente conoscenza della macchina amministrativa per cui le decisioni non concordate provocano danni politici nei rapporti con la struttura e di sviluppo del territorio nelle scelte operative.
Speriamo che si tratti solo di qualche malinteso altrimenti l’orizzonte non sembra essere foriero di bel tempo.
L’auspicio è che ci si metta subito al lavoro nell’interesse della città perchè i problemi non possono aspettare.
La nostra preoccupazione è dovuta al fatto che, fra gli assessori, ve sono alcuni che conoscono poco il funzionamento della macchina amministrativa ed altri che non la conoscono affatto.
Speriamo che imparino presto.
Non sembra si respiri aria politicamente potabile invece in seno all’Amministrazione provinciale dove, agli stessi problemi che si riscontrano per gli assessori al Comune di Siracusa, se ne aggiunge un altro dovuto nientemeno che al Presidente.
Secondo notizie UDC sembra che il presidente ed i partiti della sua maggioranza siano come dei separati in casa perchè viene rimproverata un’eccessiva autonomia decisionale a Nicola Bono.
I critici dicono di essere preoccupati perchè a questa autonomia non si accompagna una sufficiente conoscenza della macchina amministrativa per cui le decisioni non concordate provocano danni politici nei rapporti con la struttura e di sviluppo del territorio nelle scelte operative.
Speriamo che si tratti solo di qualche malinteso altrimenti l’orizzonte non sembra essere foriero di bel tempo.
sabato 2 agosto 2008
L'UNICA COSA STABILE E' LO STATUS DI PRECARIO
Anche i precari della nostra città hanno manifestato pubblicamente contro gli emendamenti in finanziaria che frappongono ulteriori ostacoli alla possibilità che si arrivi all’agognato lavoro stabile.
Da parte sua il Governo ha cercato di rettificare e rendere meno traumatico il frettoloso emendamento della maggioranza che ha suscitato tante proteste da parte degli interessati e dei partiti di opposizione.
Sicuramente si arriverà ad una riformulazione meno invasiva rispetto all’emendamento originale, ma resta il focolaio attestante la permanenza, anche se sotto traccia, di un incendio di più vaste proporzioni.
Non vi è dubbio, in premessa, che apportare flessibilità alle norme che regolano il lavoro nel nostro ordinamento è importante perchè in una situazione di economia globale è giusto che le aziende interessate possano usufruire di regole comuni ed essere, per quanto possibile, nelle stesse condizioni di partenza rispetto alle altre.
Naturalmente anche il lavoro flessibile deve avere delle regole che possano permettere un intervento di natura sociale a garanzia del lavoratore che effettua, in tempi più o meno brevi, il passaggio da un lavoro ad un altro e deve essere assicurata tutta la copertura normativa dei lavoratori a tempo indeterminato.
Altro conto è invece il lavoro precario sopratutto nei termini come esso si è configurato negli ultimi decenni nel nostro Paese che si connota come compressione dei diritti dei lavoratori che determina una usura della qualità della vita perchè toglie agli interessati ogni progettualità personale e relazionale.
Non possono accendere un mutuo per comprarsi una propria abitazione, non possono usufruire di servizi soggetti alla stabilità del reddito così come non possono programmare serenamente il proprio bilancio familiare.
Difatti, nel contesto in cui operiamo nella situazione lavorativa italiana il precario non può mettere a frutto il proprio titolo di studio, la propria professionalità, dequalifica il proprio profilo personale e non ha un reddito adeguato all’apporto professionale che da alle aziende che, di contro, aumentano i propri profitti anche grazie allo sfruttamento lavorativo ed intellettivo di questi lavoratori.
Una situazione aggravata ulteriormente se questa contesto di precariato, per molte famiglie, diventa la vera stabilità lavorativa senza una sicura prospettiva in termini di stabilità lavorativa e di continuità ed adeguamento del reddito personale.
Ma ancora più grave si configura il fenomeno sia in termini sociali che personali se a sfruttare la situazione di precariato non è l’azienda privata, ma lo Stato che, direttamente o attraverso i suoi Enti periferici, crea e mantiene le forme di precariato per trarne ricchezza il più delle volte indebita.
Difatti i lavoratori precari impegnati nella pubblica amministrazione svolgono, quasi sempre in modo autonomo, le stesse mansioni e lo stesso lavoro di altri dipendenti che, inquadrati nella giusta logica contrattuale, percepiscono un salario molto superiore rispetto a quello dei lavoratori precari.
Vi è già violato il principio costituzionale che dovrebbe garantire uguale retribuzione ed uguali benefici a tutti i cittadini a parità di lavoro svolto.
Altro principio costituzionale violato è quello delle pari opportunità che dovrebbero avere tutti i cittadini nel concorrere , con le stesse condizioni di partenza, alla loro realizzazione personale attraverso l’accesso al mondo del lavoro senza alcuna discriminazione.
Di questa discriminazione, sopratutto nel pubblico impiego, ne sono vittima tutti i cittadini che hanno avuto sbarrata la strada per concorrere ad una lavoro che, di fatto, è stato coperto dal precariato senza l’accesso tramite un concorso, ma spesso frutto del clientelismo dissennato.
Non si tratta solo di un problema politico per cui potremmo avere lo sfizio di individuare il colpevole, ma purtroppo di un”modus operanti” che crea, da una parte, cittadini vittime dell’ingiustizia che gli nega la possibilità di concorrere in modo paritario per l’accesso al mondo del lavoro e, dall’altra parte, eterni clienti politici che, nell’attesa di vedere risolto il loro problema lavorativo in modo stabile per un ritorno di “grazia ricevuta” diventano politicamente asserviti a chi prospetta, anche solo strumentalmente, un bagliore di probabile stabilità lavorativa.
Questa logica perversa, che può essere la punta dell’iceberg di un modo perverso di intendere la gestione della cosa pubblica, porta ad un perpetuarsi dei problemi dell’intera collettività e ad un’assenza di prospettiva e di progettualità sia sociale che politica ed economica che rabbuia qualsiasi scenario di crescita anche democratica.
E’ necessario quindi che, da parte delle forze più attente ai grandi temi della nostra società ed alla prospettiva di sviluppo complessivo del sistema Paese, si veda, in una rivendicazione che pur partendo da valutazioni negative anche sul piano giuridico,ma diventa tuttavia giusta per l’aberrazione del suo negativo processo di evoluzione, un ritrovato spirito di responsabilità ed un nuovo senso del fare politica che la possa riscattare e ritornare a svolgere il suo ruolo originario di servizio e di esclusivo interesse della collettività amministrata.
L'UNICA COSA STABILE E' LO STATUS DI PRECARIO
Anche i precari della nostra città hanno manifestato pubblicamente contro gli emendamenti in finanziaria che frappongono ulteriori ostacoli alla possibilità che si arrivi all’agognato lavoro stabile.
Da parte sua il Governo ha cercato di rettificare e rendere meno traumatico il frettoloso emendamento della maggioranza che ha suscitato tante proteste da parte degli interessati e dei partiti di opposizione.
Sicuramente si arriverà ad una riformulazione meno invasiva rispetto all’emendamento originale, ma resta il focolaio attestante la permanenza, anche se sotto traccia, di un incendio di più vaste proporzioni.
Non vi è dubbio, in premessa, che apportare flessibilità alle norme che regolano il lavoro nel nostro ordinamento è importante perchè in una situazione di economia globale è giusto che le aziende interessate possano usufruire di regole comuni ed essere, per quanto possibile, nelle stesse condizioni di partenza rispetto alle altre.
Naturalmente anche il lavoro flessibile deve avere delle regole che possano permettere un intervento di natura sociale a garanzia del lavoratore che effettua, in tempi più o meno brevi, il passaggio da un lavoro ad un altro e deve essere assicurata tutta la copertura normativa dei lavoratori a tempo indeterminato.
Altro conto è invece il lavoro precario sopratutto nei termini come esso si è configurato negli ultimi decenni nel nostro Paese che si connota come compressione dei diritti dei lavoratori che determina una usura della qualità della vita perchè toglie agli interessati ogni progettualità personale e relazionale.
Non possono accendere un mutuo per comprarsi una propria abitazione, non possono usufruire di servizi soggetti alla stabilità del reddito così come non possono programmare serenamente il proprio bilancio familiare.
Difatti, nel contesto in cui operiamo nella situazione lavorativa italiana il precario non può mettere a frutto il proprio titolo di studio, la propria professionalità, dequalifica il proprio profilo personale e non ha un reddito adeguato all’apporto professionale che da alle aziende che, di contro, aumentano i propri profitti anche grazie allo sfruttamento lavorativo ed intellettivo di questi lavoratori.
Una situazione aggravata ulteriormente se questa contesto di precariato, per molte famiglie, diventa la vera stabilità lavorativa senza una sicura prospettiva in termini di stabilità lavorativa e di continuità ed adeguamento del reddito personale.
Ma ancora più grave si configura il fenomeno sia in termini sociali che personali se a sfruttare la situazione di precariato non è l’azienda privata, ma lo Stato che, direttamente o attraverso i suoi Enti periferici, crea e mantiene le forme di precariato per trarne ricchezza il più delle volte indebita.
Difatti i lavoratori precari impegnati nella pubblica amministrazione svolgono, quasi sempre in modo autonomo, le stesse mansioni e lo stesso lavoro di altri dipendenti che, inquadrati nella giusta logica contrattuale, percepiscono un salario molto superiore rispetto a quello dei lavoratori precari.
Vi è già violato il principio costituzionale che dovrebbe garantire uguale retribuzione ed uguali benefici a tutti i cittadini a parità di lavoro svolto.
Altro principio costituzionale violato è quello delle pari opportunità che dovrebbero avere tutti i cittadini nel concorrere , con le stesse condizioni di partenza, alla loro realizzazione personale attraverso l’accesso al mondo del lavoro senza alcuna discriminazione.
Di questa discriminazione, sopratutto nel pubblico impiego, ne sono vittima tutti i cittadini che hanno avuto sbarrata la strada per concorrere ad una lavoro che, di fatto, è stato coperto dal precariato senza l’accesso tramite un concorso, ma spesso frutto del clientelismo dissennato.
Non si tratta solo di un problema politico per cui potremmo avere lo sfizio di individuare il colpevole, ma purtroppo di un”modus operanti” che crea, da una parte, cittadini vittime dell’ingiustizia che gli nega la possibilità di concorrere in modo paritario per l’accesso al mondo del lavoro e, dall’altra parte, eterni clienti politici che, nell’attesa di vedere risolto il loro problema lavorativo in modo stabile per un ritorno di “grazia ricevuta” diventano politicamente asserviti a chi prospetta, anche solo strumentalmente, un bagliore di probabile stabilità lavorativa.
Questa logica perversa, che può essere la punta dell’iceberg di un modo perverso di intendere la gestione della cosa pubblica, porta ad un perpetuarsi dei problemi dell’intera collettività e ad un’assenza di prospettiva e di progettualità sia sociale che politica ed economica che rabbuia qualsiasi scenario di crescita anche democratica.
E’ necessario quindi che, da parte delle forze più attente ai grandi temi della nostra società ed alla prospettiva di sviluppo complessivo del sistema Paese, si veda, in una rivendicazione che pur partendo da valutazioni negative anche sul piano giuridico,ma diventa tuttavia giusta per l’aberrazione del suo negativo processo di evoluzione, un ritrovato spirito di responsabilità ed un nuovo senso del fare politica che la possa riscattare e ritornare a svolgere il suo ruolo originario di servizio e di esclusivo interesse della collettività amministrata.
Da parte sua il Governo ha cercato di rettificare e rendere meno traumatico il frettoloso emendamento della maggioranza che ha suscitato tante proteste da parte degli interessati e dei partiti di opposizione.
Sicuramente si arriverà ad una riformulazione meno invasiva rispetto all’emendamento originale, ma resta il focolaio attestante la permanenza, anche se sotto traccia, di un incendio di più vaste proporzioni.
Non vi è dubbio, in premessa, che apportare flessibilità alle norme che regolano il lavoro nel nostro ordinamento è importante perchè in una situazione di economia globale è giusto che le aziende interessate possano usufruire di regole comuni ed essere, per quanto possibile, nelle stesse condizioni di partenza rispetto alle altre.
Naturalmente anche il lavoro flessibile deve avere delle regole che possano permettere un intervento di natura sociale a garanzia del lavoratore che effettua, in tempi più o meno brevi, il passaggio da un lavoro ad un altro e deve essere assicurata tutta la copertura normativa dei lavoratori a tempo indeterminato.
Altro conto è invece il lavoro precario sopratutto nei termini come esso si è configurato negli ultimi decenni nel nostro Paese che si connota come compressione dei diritti dei lavoratori che determina una usura della qualità della vita perchè toglie agli interessati ogni progettualità personale e relazionale.
Non possono accendere un mutuo per comprarsi una propria abitazione, non possono usufruire di servizi soggetti alla stabilità del reddito così come non possono programmare serenamente il proprio bilancio familiare.
Difatti, nel contesto in cui operiamo nella situazione lavorativa italiana il precario non può mettere a frutto il proprio titolo di studio, la propria professionalità, dequalifica il proprio profilo personale e non ha un reddito adeguato all’apporto professionale che da alle aziende che, di contro, aumentano i propri profitti anche grazie allo sfruttamento lavorativo ed intellettivo di questi lavoratori.
Una situazione aggravata ulteriormente se questa contesto di precariato, per molte famiglie, diventa la vera stabilità lavorativa senza una sicura prospettiva in termini di stabilità lavorativa e di continuità ed adeguamento del reddito personale.
Ma ancora più grave si configura il fenomeno sia in termini sociali che personali se a sfruttare la situazione di precariato non è l’azienda privata, ma lo Stato che, direttamente o attraverso i suoi Enti periferici, crea e mantiene le forme di precariato per trarne ricchezza il più delle volte indebita.
Difatti i lavoratori precari impegnati nella pubblica amministrazione svolgono, quasi sempre in modo autonomo, le stesse mansioni e lo stesso lavoro di altri dipendenti che, inquadrati nella giusta logica contrattuale, percepiscono un salario molto superiore rispetto a quello dei lavoratori precari.
Vi è già violato il principio costituzionale che dovrebbe garantire uguale retribuzione ed uguali benefici a tutti i cittadini a parità di lavoro svolto.
Altro principio costituzionale violato è quello delle pari opportunità che dovrebbero avere tutti i cittadini nel concorrere , con le stesse condizioni di partenza, alla loro realizzazione personale attraverso l’accesso al mondo del lavoro senza alcuna discriminazione.
Di questa discriminazione, sopratutto nel pubblico impiego, ne sono vittima tutti i cittadini che hanno avuto sbarrata la strada per concorrere ad una lavoro che, di fatto, è stato coperto dal precariato senza l’accesso tramite un concorso, ma spesso frutto del clientelismo dissennato.
Non si tratta solo di un problema politico per cui potremmo avere lo sfizio di individuare il colpevole, ma purtroppo di un”modus operanti” che crea, da una parte, cittadini vittime dell’ingiustizia che gli nega la possibilità di concorrere in modo paritario per l’accesso al mondo del lavoro e, dall’altra parte, eterni clienti politici che, nell’attesa di vedere risolto il loro problema lavorativo in modo stabile per un ritorno di “grazia ricevuta” diventano politicamente asserviti a chi prospetta, anche solo strumentalmente, un bagliore di probabile stabilità lavorativa.
Questa logica perversa, che può essere la punta dell’iceberg di un modo perverso di intendere la gestione della cosa pubblica, porta ad un perpetuarsi dei problemi dell’intera collettività e ad un’assenza di prospettiva e di progettualità sia sociale che politica ed economica che rabbuia qualsiasi scenario di crescita anche democratica.
E’ necessario quindi che, da parte delle forze più attente ai grandi temi della nostra società ed alla prospettiva di sviluppo complessivo del sistema Paese, si veda, in una rivendicazione che pur partendo da valutazioni negative anche sul piano giuridico,ma diventa tuttavia giusta per l’aberrazione del suo negativo processo di evoluzione, un ritrovato spirito di responsabilità ed un nuovo senso del fare politica che la possa riscattare e ritornare a svolgere il suo ruolo originario di servizio e di esclusivo interesse della collettività amministrata.
L'UNICA COSA STABILE E' LO STATUS DI PRECARIO
Anche i precari della nostra città hanno manifestato pubblicamente contro gli emendamenti in finanziaria che frappongono ulteriori ostacoli alla possibilità che si arrivi all’agognato lavoro stabile.
Da parte sua il Governo ha cercato di rettificare e rendere meno traumatico il frettoloso emendamento della maggioranza che ha suscitato tante proteste da parte degli interessati e dei partiti di opposizione.
Sicuramente si arriverà ad una riformulazione meno invasiva rispetto all’emendamento originale, ma resta il focolaio attestante la permanenza, anche se sotto traccia, di un incendio di più vaste proporzioni.
Non vi è dubbio, in premessa, che apportare flessibilità alle norme che regolano il lavoro nel nostro ordinamento è importante perchè in una situazione di economia globale è giusto che le aziende interessate possano usufruire di regole comuni ed essere, per quanto possibile, nelle stesse condizioni di partenza rispetto alle altre.
Naturalmente anche il lavoro flessibile deve avere delle regole che possano permettere un intervento di natura sociale a garanzia del lavoratore che effettua, in tempi più o meno brevi, il passaggio da un lavoro ad un altro e deve essere assicurata tutta la copertura normativa dei lavoratori a tempo indeterminato.
Altro conto è invece il lavoro precario sopratutto nei termini come esso si è configurato negli ultimi decenni nel nostro Paese che si connota come compressione dei diritti dei lavoratori che determina una usura della qualità della vita perchè toglie agli interessati ogni progettualità personale e relazionale.
Non possono accendere un mutuo per comprarsi una propria abitazione, non possono usufruire di servizi soggetti alla stabilità del reddito così come non possono programmare serenamente il proprio bilancio familiare.
Difatti, nel contesto in cui operiamo nella situazione lavorativa italiana il precario non può mettere a frutto il proprio titolo di studio, la propria professionalità, dequalifica il proprio profilo personale e non ha un reddito adeguato all’apporto professionale che da alle aziende che, di contro, aumentano i propri profitti anche grazie allo sfruttamento lavorativo ed intellettivo di questi lavoratori.
Una situazione aggravata ulteriormente se questa contesto di precariato, per molte famiglie, diventa la vera stabilità lavorativa senza una sicura prospettiva in termini di stabilità lavorativa e di continuità ed adeguamento del reddito personale.
Ma ancora più grave si configura il fenomeno sia in termini sociali che personali se a sfruttare la situazione di precariato non è l’azienda privata, ma lo Stato che, direttamente o attraverso i suoi Enti periferici, crea e mantiene le forme di precariato per trarne ricchezza il più delle volte indebita.
Difatti i lavoratori precari impegnati nella pubblica amministrazione svolgono, quasi sempre in modo autonomo, le stesse mansioni e lo stesso lavoro di altri dipendenti che, inquadrati nella giusta logica contrattuale, percepiscono un salario molto superiore rispetto a quello dei lavoratori precari.
Vi è già violato il principio costituzionale che dovrebbe garantire uguale retribuzione ed uguali benefici a tutti i cittadini a parità di lavoro svolto.
Altro principio costituzionale violato è quello delle pari opportunità che dovrebbero avere tutti i cittadini nel concorrere , con le stesse condizioni di partenza, alla loro realizzazione personale attraverso l’accesso al mondo del lavoro senza alcuna discriminazione.
Di questa discriminazione, sopratutto nel pubblico impiego, ne sono vittima tutti i cittadini che hanno avuto sbarrata la strada per concorrere ad una lavoro che, di fatto, è stato coperto dal precariato senza l’accesso tramite un concorso, ma spesso frutto del clientelismo dissennato.
Non si tratta solo di un problema politico per cui potremmo avere lo sfizio di individuare il colpevole, ma purtroppo di un”modus operanti” che crea, da una parte, cittadini vittime dell’ingiustizia che gli nega la possibilità di concorrere in modo paritario per l’accesso al mondo del lavoro e, dall’altra parte, eterni clienti politici che, nell’attesa di vedere risolto il loro problema lavorativo in modo stabile per un ritorno di “grazia ricevuta” diventano politicamente asserviti a chi prospetta, anche solo strumentalmente, un bagliore di probabile stabilità lavorativa.
Questa logica perversa, che può essere la punta dell’iceberg di un modo perverso di intendere la gestione della cosa pubblica, porta ad un perpetuarsi dei problemi dell’intera collettività e ad un’assenza di prospettiva e di progettualità sia sociale che politica ed economica che rabbuia qualsiasi scenario di crescita anche democratica.
E’ necessario quindi che, da parte delle forze più attente ai grandi temi della nostra società ed alla prospettiva di sviluppo complessivo del sistema Paese, si veda, in una rivendicazione che pur partendo da valutazioni negative anche sul piano giuridico,ma diventa tuttavia giusta per l’aberrazione del suo negativo processo di evoluzione, un ritrovato spirito di responsabilità ed un nuovo senso del fare politica che la possa riscattare e ritornare a svolgere il suo ruolo originario di servizio e di esclusivo interesse della collettività amministrata.
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