La nuova situazione
politica che si è creata con la scissione dalla destra berlusconiana del gruppo
di Alfano, rimette in movimento il quadro politico complessivo ed apre nuovi
scenari che, al momento, non sono prevedibili in tutte le loro sfaccettature.
Se a questo aggiungiamo
il travaglio interno al PD, che è in fase di scelta del nuovo segretario e
sicuramente di una nuova politica, possiamo affermare che la prospettiva di
Governo, al servizio degli interessi dei cittadini, necessita di grande senso
di equilibrio e di responsabilità.
Le frenesie di Renzi,
eventuale vincitore, sommate ad un partito che non si rivede totalmente nel suo
nuovo leader, possono determinare condizioni non sofferte di stabilità politica?
Riteniamo che sarà
difficile per cui si sente il bisogno di una terza forza che abbia senso di
Governo e dello Stato per potere essere equilibratrice all’interno di un
sistema di potenziali forze centrifughe
che, se avranno il sopravvento, potrebbero nuocere al sistema ed alla
credibilità delle istituzioni difronte ai cittadini.
C’è bisogno di
stabilità per realizzare un minimo di programma che ci risollevi dalle secche
economiche, politiche e sociali in cui si trova il nostro Paese anche se in un
sistema più complessivo di situazione mondiale.
Tutto questo è agli
antipodi del personalismo, del velleitarismo e della convinzione di sapere
risolvere tutto da soli.
Manca la forte presenza
di una forza equilibratrice e di responsabilità che sia stabile riferimento
strategico per i nuovi scenari che si andranno verificando.
Riteniamo che questo
ruolo possa svolgerlo il nuovo centro politico post berlusconiano che,
prendendo atto delle nefaste conseguenze di una politica leaderistica,
populista e personalistica, possa riaggregare larghi strati di elettori delusi
o che si rivogliano scommettere politicamente.
Per svolgere questo
ruolo bisogna essere elettoralmente consistenti e politicamente credibili.
Per essere credibili il
nuovo centro destra deve marcare ed attuare le diversità rispetto a Forza
Italia; prospettare un programma politico – amministrativo attuabile da
sottoporre all’attenzione degli elettori; organizzarsi sul territorio come un
partito plurale che dal territorio ne ricava le istanze; proporre una classe
dirigente non oligarchica, ma aperta a quanto di nuovo e di serio vi è nel
tessuto sociale del Paese.
Per essere forte ed
avere consensi deve essere rappresentativa delle istanze della società, ma
avere un elettorato privilegiato di riferimento.
Secondo una vecchia, ma
sempre attuale terminologia deve collocarsi, a mio avviso, fra i portatori
privilegiati delle istanze del ceto medio che è quello che maggiormente soffre
le contraddizioni dell’attuale momento storico.
Un ceto medio che ha
subìto tutta la negatività delle contrapposizioni ottuse che hanno
caratterizzato i rapporti politici della seconda Repubblica ed hanno
contribuito a determinare la decadenza economica e sociale nonché la decadenza
democratica delle istituzioni.
Ciò è avvenuto
attraverso una sempre più marcata concezione della politica che ha privilegiato
i rapporti di casta rispetto a quelli del diritto dei cittadini di essere protagonisti diretti
nella scelta dei loro rappresentanti.
Quindi in un quadro
complessivo degli interessi obiettivi di tutti i cittadini non si può non
mettere in atto un sistema di rappresentanza delle legittime istanze di una
parte della società, il ceto medio, composto di commercianti, artigiani,
piccoli professionisti ed operatori economici che, sia pure ridotti a soggetti
marginali, possono ancora determinare le condizioni per una seria prospettiva
lavorativa per le giovani generazioni.
Parafrasando un vecchio
detto della sinistra di morettiana memoria possiamo chiedere al nuovo centrodestra di dire qualcosa da ceto
medio.
Nell’attesa aspettiamo
le prossime mosse.
Pippo Bufardeci
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