DA PARTITO DI CLASSE A PARTITO
PLURALE
Si è fatto un gran parlare delle due anime che si sfidano all’interno
del partito democratico quasi da separate in casa e forse prossime all’abbandono
definitivo.
Se noi scremiamo quanto sta accadendo dai fronzoli delle
questioni secondarie che hanno più a che fare con la sopravvivenza, con le
schermaglie personali e con il posizionamento
e gli alibi in vista di possibili difficili e traumatici scenari futuri,
possiamo capire le vere motivazioni che stanno alla base di questa rissosità
interna.
Non vi è dubbio che l’irrompere sulla scena della sinistra di
un personaggio non ancorato ai vecchi schemi dogmatici ed alle parole guida
dell’identità comunista che sta ancora alla base dell’impegno politico di molti
dirigenti del partito democratico, ha scombussolato gli schemi predefiniti dell’azione
politica ed ha tolto l’ancora di salvataggio ad una retorica che rifiutava di
confrontarsi con le mutate esigenze della nuova società.
Oggi questo portento politico, con tutti i suoi pregi e
soprattutto con tutti i suoi difetti, si chiama Matteo Renzi che, sparigliando
gli schemi, sta cercando di posizionare il partito democratico fuori dai
modelli dogmatici e più aperto ad essere interprete della società italiana.
Con tutti i limiti ed i difetti di un nocchiero che deve fare
i conti con i forti marosi che sono rappresentati dalla gravissima situazione
economica, dalla scarsa propensione di molti ad accettare le novità dell’agire,
soprattutto se sono amare e per puntare ad una
rinnovata fiducia che farà vedere i suoi eventuali frutti molto
dilazionati nel tempo.
Per rendere credibile questa azione è necessario non
attardarsi lungo il percorso delle ritualità preesistenti in quanto il fattore
tempo è determinante per la riuscita o meno dell’azione intrapresa che dovrà
portare ad una nuova convivenza civile e ad un nuovo assetto istituzionale
quale premessa di nuovo sviluppo e di nuovo posizionamento civile.
Renzi, da segretario del partito democratico e da presidente
del consiglio è direttamente impegnato sui due fronti più caldi dell’agire
politico e di Governo sapendo che le evoluzioni di entrambi questi soggetti non
sono inscindibili fra di loro anche se agiscono su piani diversi.
Ecco perché è forte il dibattito per la gestione interna del
partito che, a volte, sembra adombrare quello più reale, complesso e
maggiormente sentito dai cittadini che è quello della gestione del governo del
Paese e delle difficoltà in cui si trova.
Ma la possibilità di riuscita di un’azione governativa che
dia speranze, ed accrediti anche certezze, necessita di un partito che non sia
ancorato su posizioni di visione settaria della società, ma che si trasformi da
difensore di interessi di parte a produttore di soluzioni agli interessi
collettivi dell’intero Paese che la gestione governativa impone.
Ciò anche perché muta la caratteristica del consenso stesso
in quanto un partito di governo che vuole essere portatore delle istanze dell’intero
Paese, in una situazione di difficoltà economica e di possibili scelte
impopolari, necessita di un consenso molto più ampio e credibile di quello
racimolato nella difesa delle nicchie sociali sia pure di forte presenza
elettorale.
Per questo vi è la necessità di passare, in tempi rapidissimi,
da partito di classe a un partito plurale che rappresenti vasti strati di
cittadini italiani fuori dagli schemi dogmatici e dalle rendite di posizione.
In questo Renzi è, in parte, agevolato dalla sua scuola
politica culturale, così come gran parte della sua nuova classe dirigente, che
non lo vede quale portatore della tradizione del vecchio PC, PDS, PD, ma più
aperto al nuovo è più propenso a fare riaffiorare la sua cultura di base che è
interclassista per avere militato prima in formazioni politiche eredi di questo
credo culturale.
Che cosa è la proposta di “partito della nazione” se non
quella, riveduta lessicalmente, del partito plurale, interclassista e
rappresentante politico della maggioranza dell’articolata società italiana?
Nel momento in cui bisogna remare uniti per raggiungere
obiettivi comuni, condivisi da molti protagonisti della società che produce,
lavora, crea, si confronta e gestisce il proprio futuro, non può, la politica,
arroccarsi su posizioni di retroguardia settari o, peggio, conflittuali in
quanto deve tornare, la politica, ad essere punto di riferimento serio e credibile.
Quindi il lavoro sul nuovo partito soggetto politico plurale,
credibile ai più che si confronta, sintetizza ed agisce, va di pari passo con
il lavoro istituzionale, economico e sociale necessario per riportare nella
giusta rotta dello sviluppo la nave Italia.
Siracusa 27.10.
2014
Pippo
Bufardeci
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