REGIONE, SUPERATO IL MOMENTO RIMANE L’OBLIO
DELLA POLITICA E DELL’AZIONE
Il presidente della
Regione Crocetta può tirare un sospiro di sollievo perché la mozione di
sfiducia intentata contro di lui ha avuto un esito negativo.
E’ stata respinta con
un numero di voti superiore a quanto si pensasse anche perché gli sfiducianti
hanno avuto meno voti delle firme apposte al documento di sfiducia.
E’ la solita litania
che si ripete e che non ha portato a nessuna mandata a casa di presidente eletto con il sistema diretto che trascina
con se anche i parlamentari che gli hanno votato la sfiducia.
Nessuno vuole andare a
casa per cui la mozione di sfiducia, pur rappresentando un forte atto politico,
la si tiene in vita fino a quando si è sicuri che non passerà.
Mettiamoci il cuore in
pace perché dobbiamo tenerci gli eletti, di qualsiasi colore siano, per tutti i
cinque anni della legislatura.
Il problema diventa
difficile e mal digeribile se questo cuore in pace ce lo dobbiamo tenere anche
per le cose che non faranno e per il danno che potranno provocare alla Sicilia
vista l’incapacità dimostrata nell’affrontare i gravi problemi dell’isola.
Ma dobbiamo ancora
perseverare nell’imporci l’illusione che qualcosa cambierà puntando sulla
capacità della classe dirigente di sapere discernere fra ciò che sia giusto
fare e ciò che bisogna evitare?
L’improvvisazione,
l’incompetenza, la mancata memoria storica e l’incapacità di sapere adoperare
gli strumenti amministrativi e politici capaci di svolgere con capacità ed
incidenza l’azione amministrativa al servizio dei cittadini, sta alla base della
mancata soluzione dei problemi e dell’assenza di strategia progettuale.
Anche accedere alla
gestione della cosa pubblica a livello regionale è diventato, così come nei
comuni, un modo di riduzione della disoccupazione assegnando un incarico ben
remunerato a soggetti che non hanno nemmeno le basi più elementari per svolgere
il compito importante per cui vengono chiamati.
Lo sono i giovani senza
nessuna esperienza che per lo sbandierato feticcio del ringiovanimento e del
rinnovamento vengono piazzati in posti di alta responsabilità senza conoscere
nemmeno l’ubicazione fisica della struttura che dovranno governare.
Lo sono anche le
cosiddette personalità che vengono rimosse dai loro piedistalli professionali e
portati a gestire cose che sconoscono come si trattasse di una gratifica o di una pensione aggiuntiva a quanto da loro
prodotto finora nell’ambiente nel quale sono vissuti e dal quale hanno avuto
lauti riconoscimenti.
Ma la gestione del bene
comune è tutt’ altra cosa.
Bisogna avere una
cultura del bene comune che fa dell’individuo un vero politico e una conoscenza
della macchina amministrativa che lo possa rendere produttivo ai fini
dell’interesse collettivo e delle esigenze dei cittadini.
Abbiamo avuto eclatanti
esempi, anche con la recente vita del governo Crocetta, ove personaggi di
opulenta fama nel loro ambiente di attività si sono dimostrati puerili
interpreti della gestione della cosa pubblica.
La conseguenza di tutta
questa incapacità ed improvvisazione si estrinseca, oltre che nel danno alla
collettività, nell’assegnare la vera conduzione politico – istituzionali a
soggetti della burocrazia occulta che, ai vari livelli, può essere portatrice
di attività non sempre limpide e trasparenti anche nelle possibili collusioni.
Il problema rimane
sempre quello atavico di come si riesce ad uscire da questa situazione e dal
corraggio che bisogna mettere nell’andare controcorrente in un mondo politico
dove vale di più l’esteriorità che la sostanza, il messaggio dell’azione
rispetto alla stessa, le conoscenze e la solidità finanziaria personale
rispetto alla capacità ed al servizio gratuito e disinteressato del bene
comune.
Bisogna riprendere il
senso vero della politica e indirizzare i giovani che vogliono impegnarsi nelle
istituzioni verso la sostanza delle cose rispetto alla loro apparenza.
La sostanza impone la
conoscenza dei problemi, lo studio delle loro dinamiche, il senso di appartenenza ad un territorio che si vuole
rappresentare, la gratuità del lavoro per il bene comune, l’onestà
intellettuale della conoscenza dei propri limiti e la individuazione di
soggetti di cui conti poco l’anagrafe e sempre più la rispondenza del soggetto
al compito che deve svolgere..
Ma in questa logica del
vivere quotidiano di questo modo di intendere la gestione della società
e del morire quotidiano della vera politica e della difesa del bene comune, chi
dovrebbero essere i maestri?
Siracusa
31.10.2014
Pippo Bufardeci