L'ASSEMBLEA DEL PD VUOLE IL MATTARELLUM COME LEGGE ELETTORALE.
Dopo la decisione del Partito Democratico di riproporre il Mattarellum come nuova legge elettorale, mi sembra opportuno proporla ai lettori del mio blog così come riportate nel mio libro: I SISTEMI ELETTORALI, STRUMENTO DI DEMOCRAZIA.
Nel contempo, alla luce della lunga esperienza maturata e delle critiche al sistema nel periodo della sua applicazione, ritengo che bisognerebbe almeno apportare DUE MODIFICHE che propongo alla fine dello scritto.
MATTARELLUM
La prima legge elettorale
italiana per la elezione della Camera dei deputati
dopo il ventennio fascista
fu sostanzialmente di proporzionale puro e, come
abbiamo già visto, rimase
in carica fi no al 1993.
Nel 1953 vi fu il tentativo
dell’introduzione del premio di maggioranza alla
lista o coalizione che
avesse ottenuto almeno il 50 % + 1 dei voti validi, ma la
stessa venne ingiustamente
bollata come legge truffa e non se ne fece niente.
Nel 1993 si pose mano a una
modifi ca della legge elettorale anche a seguito del
referendum che aveva
decretato il passaggio dal vecchio proporzionale a un
sistema maggioritario che
garantisse maggiore stabilità politica e istituzionale
e quindi maggiore
governabilità.
Rimaneva comunque una quota
del 25 % dei seggi che veniva attribuita con
il sistema proporzionale.
Entra quindi in uso la
nuova normativa elettorale (legge 276 Camera e 277 per
il Senato del 4 agosto
1993) che è passata nella storia del linguaggio comune
come “Mattarellum” dal nome
del suo proponente on. Piersanti Mattarella e
da una indicazione del
politologo Giovanni Sartori.
Il territorio italiano fu
diviso in 475 collegi uninominali per la elezione della
Camera dei deputati e 232
per il Senato della Repubblica.
CAMERA
In ciascun collegio per la
Camera dei deputati risultava eletto il candidato
del partito o della
coalizione che avesse ottenuto il maggior numero di
voti per un totale
nazionale pari al 75 % dei deputati da eleggere.
Anche un solo voto in più,
rispetto all’avversario più prossimo, ne decretava
l’elezione.
Il rimanente 25 % non
assegnato con i collegi uninominali a sistema
maggioritario veniva
redistribuito attraverso la presentazione di una lista
a candidature multiple, ma
bloccata e senza preferenze.
32
I candidati spettanti, che
venivano eletti in base alla cifra elettorale
della lista su base
nazionale, risultavano essere quelli secondo l’ordine
progressivo di
presentazione nella lista stessa e fi no a esaurimento del
numero dei seggi spettanti.
I candidati potevano essere anche gli stessi
indicati nei collegi
uninominali.
Ma come avveniva il
rapporto fra i candidati nei collegi elettorali e quelli
della lista proporzionale?
In fase di presentazione
della candidatura i candidati nei collegi uninominali
dichiaravano di
apparentarsi fra di loro per costituire gruppo
all’interno della
circoscrizione e dichiaravano di essere collegati a una
lista che aveva presentato
propri candidati nel sistema proporzionale per
aggiudicarsi una quota del
rimanente 25 %.
Questo apparentamento, di
solito, avveniva fra liste aventi lo stesso
contrassegno e quindi lo
stesso partito o coalizione.
Ma, come vedremo, per
motivi di strategia politica e di tecnica elettorale
non sempre questo avveniva.
La dichiarazione di
apparentamento era necessaria perché la legge prevedeva
che alla lista del
proporzionale venivano tolti i voti ottenuti dai
candidati che avevano
dichiarato il collegamento e che erano già stati
eletti nei collegi maggioritari.
Siamo di fronte al
cosiddetto scorporo dei voti che aveva il solo scopo
di togliere forza numerica
alle liste più forti e permettere anche alle
formazioni più piccole di
ottenere dei seggi nel sistema proporzionale.
Ma sorse subito l’invenzione
delle liste civetta, diverse dal partito o dalla
coalizione presente nei
collegi uninominali, cui si collegavano i candidati,
per evitare che lo scorporo
potesse togliere voti e seggi al proprio partito.
Difatti il computo dei voti
da togliere veniva fatto sulla lista civetta che
spesso era priva di
suffragi e non intaccava quelli della lista del partito
che, conservando tutta la
propria forza elettorale, concorreva per un
numero maggiore di seggi da
conquistare.
L’assegnazione dei seggi
del proporzionale per la Camera non avveniva
sulla base di collegi
regionali o coinvolgendo i collegi uninominali at33
traverso il recupero dei
non eletti (Come per il Senato), ma direttamente
sulla base delle schede
elettorali espresse dagli elettori nelle liste proporzionali
di circoscrizione.
Alla spartizione dei seggi
contribuivano le liste che avevano superato il
4 % su base nazionale.
Il Mattarellum fu
utilizzato per la elezione della Camera dei deputati del
1994, 1996 e 2001.
Questo sistema
maggioritario non raggiunse però il suo obiettivo principale
che era quello di garantire
la stabilità del Governo e delle sue
maggioranze politiche in
quanto le maggioranze, come avviene anche
adesso, si potevano subito
sciogliere dal patto di collaborazione pur
avendo avuto il benefi cio,
in termini di seggi, dell’appartenenza alla
coalizione stessa.
La mancanza di stabilità si
manifestò sia nel 1994 con il primo governo
Berlusconi che durò appena
9 mesi, dopo che la Lega Nord abbandonò la
coalizione, e fu sostituito
dal Governo Dini che ci portò a nuove elezioni.
Non fu più fortunato il
primo Governo Prodi delle elezioni successive
del 1996 in quanto durò in
carica solo due anni in quanto abbandonato
dall’alleato che era
Rifondazione comunista.
Fu sostituito da due
Governi D’Alema, che durarono rispettivamente 14
e 4 mesi, per essere
sostituiti dal Governo Amato che rimase in carica
14 mesi.
Dopo le elezioni del 2008
Berlusconi ebbe un’ampia maggioranza con
una coalizione che vedeva,
oltre a Forza Italia, anche AN, UDC e Lega
Nord.
Anche qui le cose, dal
punto di vista della stabilità, non andarono molto
bene a causa dei continui
litigi in seno alla coalizione.
Berlusconi dette vita a due
Governi di cui uno di 4 anni e un altro nell’anno
rimanente del mandato
parlamentare.
34
SENATO
Per la elezione del Senato
della Repubblica il territorio nazionale fu
diviso in 232 collegi
uninominali secondo un criterio di ripartizione
regionale basato sul
rapporto popolazione-quoziente elettorale (rapporto
fra popolazione residente e
composizione numerica del Senato).
Questi Collegi
rappresentavano il 75 % dei senatori da eleggere, mentre
il rimanente 25 % era affi
dato al collegio unico nazionale con sistema
proporzionale.
Per quanto riguarda il
Senato, gli 83 seggi proporzionali venivano assegnati
successivamente su base
regionale così come previsto dal dettato
costituzionale.
In ogni Regione venivano
sommati i voti di tutti i candidati uninominali
che non erano riusciti a
ottenere la vittoria in fase di collegio elettorale
e che si fossero collegati
in un gruppo regionale.
I seggi venivano assegnati
utilizzando il metodo D’Hondt.
Gli scranni così ottenuti
da ciascun gruppo venivano assegnati, all’interno
dello stesso gruppo, ai
candidati perdenti che avevano ottenuto le
migliori percentuali
elettorali.
Schema pratico di
attribuzione dei seggi senatoriali
Immaginiamo il caso di una
Regione cui erano stati attribuiti 8 seggi, e
nella quale,
conseguentemente, istituiti 6 collegi uninominali e 2 seggi
(25 %) sul proporzionale e
determiniamo i calcoli sulla base di 4 schieramenti
contendenti.
35
I sei seggi dei collegi
uninominali vengono così assegnati: 3 all’ “Unione”,
2 al “Blocco” e 1 al “Gruppo”.
Si procede, quindi, al
calcolo per l’attribuzione dei 2 seggi riservati alla
quota proporzionale: a tal
fi ne, si sommano i voti di tutti i candidati
perdenti delle quattro
coalizioni in gara.
Viene quindi utilizzato il
metodo D’Hondt per l’attribuzione dei due
seggi del proporzionale per cui dividiamo i
quozienti elettorali
Nessun commento:
Posta un commento