mercoledì 26 giugno 2013

FINITA LA COMPETIZIONE ELETTORALE SI INCOMINCI SUBITO A LAVORARE





La grande bagarre per la elezione del nuovo Sindaco della città di Siracusa si è conclusa con l’affermazione di Giancarlo Garozzo e con la non elezione di  Ezechia Paolo Reale.
Incominciamo a non parlare di vittoria e di sconfitta perché non si vince e non si perde quando si compete per la gestione della propria città e per lavorare per la sua crescita.
Ciò anche per non dare ulteriore ossigeno ad un modo di concepire la politica, soprattutto locale, come la mobilitazione di tifoserie che rispondono più alle logiche dello stomaco che a quelle del cervello.
Personalmente ho ritenuto che la proposta politica e programmatica del candidato Garozzo rispondesse di più alla mia visione politica e della gestione della città rispetto a quella del concorrente Reale.Ma ciò non deve portare ad una visione settaria della politica e degli interessi dei cittadini che dovrebbero essere il fine primario dell’impegno di ciascuno.
Purtroppo il clima della contrapposizione rispetto alla logica della collaborazione e del confronto sulle proposte programmatiche ha avuto il sopravvento ed ha fatto emergere piccoli e grandi personaggi che non avrebbero credito in un contesto più sereno e teso al bene comune.
Siamo convinti che adesso bisogna rasserenare gli animi perché chi è stato eletto deve essere il Sindaco di tutti i cittadini di Siracusa e chi non è stato eletto deve svolgere un ruolo di responsabilità, di supporto , di critica e di controllo rispetto al lavoro della nuova compagine amministrativa.
Ci auguriamo altresì che le persone scelte per far parte della nuova squadra di Governo non siano il frutto di designazioni dovute ad equilibri tattici o di compensazioni politiche, ma rispondano alla logica dell’interesse comune ed alla conoscenza effettiva delle problematiche che incombono su una città importante quale lo è Siracusa.
Sappiamo che le doti personali  di equilibrio del nuovo Sindaco sono già una garanzia per la buona amministrazione così come egli saprà tenere la compagine amministrativa fuori dalle diatribe personali e politiche.
E di diatribe e di rese dei conti interne ai partiti e fra personaggi degli stessi  ce ne saranno molte nelle prossime settimane perché la degenerazione del confronto politico ha portato alla ribalta situazioni che covavano da tempo così come ha favorito l’uscita pubblica di personaggi vecchi e nuovi non molto affidabili per la gestione della cosa pubblica.
Ma adesso è solo il momento della riflessione e della constatazione di un risultato che va subito sperimentato nel contesto istituzionale attraverso le proposte e gli atti concreti indirizzati per la oculata e seria gestione della città di Siracusa e per la tutela del suo tessuto sociale.
Per il resto ci sarà tempo e si inizierà subito dopo a constatarne le evoluzioni ed a consumare fiumi di inchiostro per la loro narrazione.
Pippo Bufardeci

martedì 4 giugno 2013



Siracusa, la bella addormentata
di Mario Barresi

La città al voto: otto gli aspiranti alla poltrona di sindaco, tra ripicche e vecchi notabili, in una campagna col silenziatore. L'arcivescovo: "Santa Lucia ci protegga dai venditori di fumo"
SIRACUSA. Basta uno specchio deformante, negli occhi di chi guarda, per trasformare una bella donna in un mostro. Metti una sera al tempio d’Apollo - fra show, comizi, camper, aggressioni ai giornalisti “prezzolati” quando non “pennivendoli”, ricche promesse e cotillons - forse la prima sera in cui questa campagna elettorale piatta, imbarazzata e quasi imbarazzante s’è vivacizzata.
Nessuno, né fra chi parteggia né fra chi semplicemente passeggia, si accorge delle meravigliose sfumature del cielo di Siracusa che, dai vicoli, si stringe giù verso il mare. Rosa fumetto, poi verde smeraldo, infine blu cobalto. E dire che basterebbero un aperitivo al bar dell’angolo e un paio d’occhi sereni, per vedere - nel vero senso della parola - quant’è unica questa città. Anche a costo di turarsi il naso per narcotizzare la puzza di munnizza accumulata dietro l’angolo in un paio di giorni di sciopero. Nonostante tutto, nonostante se stessa. Anche nella chiassosa fiera di una campagna elettorale col silenziatore sui problemi, quelli veri e anche quelli verosimili. Tagli alle indennità, tagli alle consulenze, tagli ai servizi.
Tagli, parlano tutti di tagli gli otto candidati alla scomodissima poltrona di Palazzo Vermexio. Si dà la cura da cavallo alla puledra di razza azzoppata dalla crisi, ma nessuno sa dire come farla riprendere a trottare, giusto perché di galoppo non se parla nemmeno. E dire che di gente con le idee chiare ce n’è. Come Ivan Lo Bello, presidente della Camera di Commercio. Ricorda la manifestazione di un anno e mezzo fa, la prima di altre che poi hanno invaso la Sicilia, in cui a Siracusa “scesero in piazza più di cinquemila persone, con le imprese a fianco delle parti sociali non per una mera protesta, ma per una sollecitazione al mondo politico”.
Una pars construens proseguita con il Piano strategico per lo sviluppo del territorio; concertato, scritto e consegnato al governo regionale in un pomeriggio di dure contestazioni al presidente Rosario Crocetta. “A Siracusa - rivendica Lo Bello - a differenza di altre realtà ci sono due elementi importanti dai quali ripartire: la coesione del sistema delle categorie produttive e il fatto che queste hanno ben chiaro il modello di sviluppo”. Il prossimo sindaco “dovrà avere una visione alta e strategica del futuro della città per valorizzare tutte le potenzialità, dall’agroalimentare di qualità al turismo fino a una zona industriale dove, nonostante la devastante opposizione al rigassificatore, ci sono ancora investimenti importanti “.
Lo Bello mette in guardia dal nemico numero uno dei siracusani, rappresentato “dalla vigliaccheria della politica”, chiedendo di “mettere al bando le piccole posizioni provincialiste che non hanno fatto bene a questa città”. E ci sembra di riascoltare l’arcivescovo, Salvatore Pappalardo, che nel Patrocinio di Santa Lucia ha invocato una preghiera dei siracusani alla loro amata Patrona “perché ci guardi dagli opportunisti e dai profittatori, dai cosiddetti “venditori di fumo” tanto abili nel formulare belle promesse quanto esperti nel disattenderle dopo aver occupato un posto nel civico consesso”.
Chissà se le durissime parole di monsignor Pappalardo hanno scalfito la patina di una città tanto tollerante da diventare, giorno dopo giorno, indifferente; fino a tal punto che anche gli sfregi più gravi finiscono nell’aristocratico tritacarne del condono così-fan-tuttista. Così se muore l’ennesimo operaio nella zona industriale moribonda, il siracusano (elettore ed eleggibile) si gira dall’altro lato, perché - come ha scritto il collega Massimiliano Torneo con brutale efficacia - queste le considera “cose da priolesi, melillesi e augustani”.
Qualche mal di pancia è esploso nella lotta ai porti turistici, quello che ci dovrebbe essere e non c’è ancora e quello sulla carta e già impallinato dagli ambientalisti. Eppure, alla fine esce sempre lo stesso malcelato disinteresse con cui si vive in una città con la Procura decapitata da una montagna di veleni; lo stesso indigeno fastidio con cui si prende le distanze dal pentolone che ribolle all’Inda, fondazione che gestisce le Rappresentazioni classiche, considerato un gioiello di famiglia (in tutti i sensi), da tenere con piccata ostinazione lontano dagli occhi indiscreti.
E nemmeno l’uscita di scena - giusto per restare alle tragedie greche - del sindaco Roberto Visentin ha provocato sussulti d’indignazione. Dopo aver giurato amore eterno ai siracusani, ha presentato le dimissioni last minute e le ha rese note a cose fatte. Come un padre che lascia moglie e figli con una lettera consegnata al portinaio, chiedendogli di darla ai suoi cari dopo che lui - il fuggiasco in punta di piedi - sarà già alla giusta distanza, assieme alla sua amante romana.
Un posto in Parlamento con Scelta civica di Mario Monti, lunsiga che seduce e poi abbandona. Niente scranno, giammai un sottosegretariato riparatorio, con la condanna all’oscurità, forse nemmeno tanto sgradita al condannato: non più candidato, desaparecido di questa campagna elettorale, favorito dalla distratta tolleranza che diventa indifferenza condonatrice.
E allora sono otto gli aspiranti al timone della nave abbandonata dal Visentin-Schettino, della quale proprio in queste ore il commissario straordinario, il prefetto Alessandro Giacchetti, certifica il mancato affondamento: dissesto scongiurato, grazie a un mutuo di 2,5 milioni con la Cassa depositi e prestiti. Con rimbrotto annesso: “Vivete in una città meravigliosa, ma dalle potenzialità inespresse”, è la cartolina per i siracusani. Di invertire questa china ne sono convinti tutti. A partire dal centrosinistra, che propone il 36enne renziano Giancarlo Garozzo, trionfatore delle primarie in cui ha battuto un altro giovane, Alessio Lo Giudice, sostenuto dai big del Pd. Un “voto inquinato”, secondo i detrattori che, oltre al voto in massa di gente del centrodestra, vedono la mano dei vecchi democristiani (Gino Foti in testa) spingere il virgulto, appoggiato da Megafono, Sel e area Ingroia.
Garozzo, oltre a essere un giovane bravo e competente, è nipote di Aldo, presidente di Confindustria Siracusa e dell’Autorità portuale di Augusta, che tutti definiscono alleato di ferro della Prestigiacomo. Ma la Balena Bianca fa capolino anche nell’entourage del contendente del centrodestra: giovane e pulito anch’egli, Edy Bandiera, figlio d’arte (suo padre Tatai fu sindaco dc) e punta di diamante dell’Udc, è stato fortemente voluto da Pippo Gianni (immarcescibile diccì) e da Stefania Prestigiacomo, che qui i vecchietti di Ortigia continuano a chiamare “’a niputi di Santinu Nicita”, sottolineando una discendenza scudocrociata comunque diluita dal curriculum dell’ex ministro. Che è la nemica giurata di Enzo Vinciullo, ex dc nicolosiano poi in An, ora sospeso dal Pdl (di cui a Siracusa è “azionista” quasi al 40%) per aver annunciato il sostegno a Paolo Ezechia Reale. Candidatura molto trasversale (l’avrebbero voluto sia il centrodestra sia il centrosinistra) e molto ben voluta nei salotti chic. E sostenuta, oltre che dal redivivo Fabio Granata, dall’ex presidente del Consiglio provinciale, Michele Mangiafico, nipote (ex) prediletto del già citato Pippo Gianni.
Negli scricchiolii del centrodestra prova a farsi strada Gianni Briante, ex coordinatore di Grande Sud, molto vicino all’ex sindaco Titti Bufardeci, quest’ultimo folgorato sulla strada di Crocettopoli. Briante è stato incalzato fino all’ultimo dai potenziali alleati, con la richiesta di un passo indietro. La cosidetta società civile, giusto per farsi del male, ha diviso le probabilità di dire la sua con le candidaturedi Santi Pane e Pucci La Torre. Profili inattaccabili, facce rassicuranti. Entrambi. Partiti uniti in quel bel think-thank di “Siracusa Volta Pagina” e poi divisi al momento di scegliere un solo volto che rappresentasse il cambiamento.
Anche i 5 Stelle vogliono dire la loro, forti di un radicamento sul territorio ben precedente alle mode grilline e al salto nel carro del vincitore. Così Marco Ortisi, fra i fondatori del movimento, conta di capitalizzare al meglio l’istinto rivoluzionario anche dei più sciroccati fra i siracusani. Per conquistare la città in cui anche il candidato virtuale - quello che non c’è, frutto della goliardica genialità di Emiliano Colomasi, sospinto dallo slogan “Non ci sono fatti ma solo raccomandazioni “ - si chiama Friedrich di nome ma fa Nicita (di cui sopra) di cognome.
E infine, come sempre, c’è Franco Greco, appassionato avvocato delle cause dei perdenti per definizione, che gira la città con il camioncino dei pompieri svizzeri comprato all’asta qualche anno fa, sul quale campeggia una sua foto del 1994 (“non sono mai cambiato”, giura), facendo risuonare i decibel piovaniani, dolci e tristi, de La vita è bella. Greco, che ha indicato fra gli assessori il suo collega novantenne Corrado Piccione, è il vecchissimo-nuovissimo che avanza. Fu senatore del Psi, nei bei tempi andati. Un segnale di discontinuità, nella città-ventre di una Balena bianca che guizza immortale nel mare di Archimede.
( Questo articolo è pubblicato sulla “ Sicilia” del 3 giugno 2013

venerdì 24 maggio 2013

TUTTI CANDIDATI, NESSUNA IDEA



Siamo arrivati alle ultime battute della campagna elettorale di queste ennesime elezioni amministrative che stanno però declinando  verso il giorno della votazione senza alcun sussulto né attenzione da parte dei cittadini.
Regna la sfiducia complessiva da parte dei cittadini verso tutti i soggetti che si propongono per ricoprire i vari incarichi comunali perché è palese il vuoto politico e la mancanza di proposta operativa che caratterizza questa corsa verso gli scranni si palazzo Vermexio.
Siamo difatti in presenza di una classe politica raffazzonata, senza alcuna preparazione né visione specifica delle problematiche che investono l’ente comune che dovrebbe amministrare.
Essa da di se un’immagine con chiari connotati folkloristici rispetto alla sostanza delle cose che veramente interessano i cittadini.
Non vi è, difatti, un programma politico complessivo che abbia la caratteristica della rispondenza delle soluzioni ai gravi problemi della città.
Nessun candidato sindaco riesce a polarizzare l’attenzione dei cittadini;
Nessuno è riconosciuto con le capacità ed il carisma necessari a rappresentare una importante e complessa città come Siracusa;
Nessuno ha un retroterra politico che attesti l’impegno ed il disegno strategico dei gruppi politici che lo sostengono nell’espletamento del difficile compito che la elezione determinerà per la città.
Siamo cioè nella confusione più assoluta dove regna sovrana l’improvvisazione e l’estemporaneità delle proposte a scapito di una oculata, seria, approfondita, realistica e realizzabile agenda di lavoro e di impegni che possa vantare un minimo di disegno strategico.
Il basso livello del quadro elettorale complessivo è avallato anche dalla pletora di candidati che si sono catapultati a firmare una candidatura per correre nella giostra elettorale nella completa ignoranza della conoscenza del compito che dovranno svolgere in un momento particolare e difficile della storia comunale.
Personaggi di tutti i livelli culturali e lavorativi che si erano esercitati nel disprezzo della politica e della partecipazione attiva a qualsiasi elezione si catapultano in un posto di candidato disponibile in qualsiasi lista senza alcuna remora politica né morale e senza farsi carico della contraddizione con quanto professato in precedenza.
Siamo in presenza della decadenza più assoluta dove l’apparire ha offuscato l’essere per cui è più importante la propria faccia su un manifesto elettorale, sulla home pagina di facebook, sulle pubblicità nei giornali e nei fac - simile, piuttosto che la comprensione e la proposta operativa su cui chiedere i consensi.
Non sono poi pochi coloro che ritengono, visti i precedenti, che far parte di un consesso elettivo possa rappresentare una soluzione al proprio stato di disoccupato sia con la possibilità di percepire il compenso di consigliere e sia, sulla base di precedenti, di poter aspirare ad un posto stabile di lavoro.
Il tutto naturalmente a scapito della credibilità dei pochi che, pur nella situazione di ignoranza politica ed amministrativa in cui si trovano, vorrebbe effettivamente fare qualcosa anche se ne ignora i contenuti dello stesso fare.
Il quadro quindi in cui deve maturare la scelta politica degli elettori non è dei più rosei e non fa che aumentare la disaffezione verso la politica ed i suoi uomini in una spirale di antidemocrazia che non promette niente di buono.
SR 24.05.2012                                                                                Pippo Bufardeci


sabato 6 aprile 2013

AUTONOMIA POLITICA E PROGRAMMATICA DELL’UDC PER ESSERE DI NUOVO PROTAGONISTI




Più passano i giorni e più mi convinco che l’UDC, anche quello regionale, non ha ancora superato la batosta elettorale delle recenti elezioni politiche.
Non si spiegherebbe altrimenti la sua pedissequa posizione di subordinazione nei confronti del presidente Crocetta che sta imponendo alla coalizione le sue scelte ed i suoi uomini per realizzare un progetto strategico che non ci appartiene.
Crocetta, che si muove secondo una sua visione personale, sta monopolizzando la politica regionale e occupando le istituzioni mentre l’UDC  sta ripercorrendo la strada nazionale della difesa ad oltranza di Monti e, anche a livello regionale, non mette in evidenza e non si differenzia sulle cose che non vanno dando l’impressione di nascondersi dietro l’operato del presidente.
Questa politica ci porterà ad una nuova sconfitta elettorale se non si evidenzierà la nostra proposta politica, la nostra incidenza nel contesto regionale, la nostra peculiarità politica, il nostro modo di essere come partito e la nostra presenza nel territorio.
Sull’abolizione delle province abbiamo aspettato le ondulazioni del presidente Crocetta e solo alla fine abbiamo timidamente detto che era una nostra vittoria averle abolite.Magari sarà vero nei discorsi di corridoio, ma la gente non l’ha percepito.
Sulla legge elettorale abbiamo fatto il gioco di Crocetta votando un provvedimento di basso profilo che contempla solo un discutibile voto di genere sulla scia mediatica degli impegni presidenziali, ma non abbiamo imposto un disegno più ampio di modifiche e di rinnovamento. Magari diremo che il voto di genere ci appartiene, ma il marchio lo ha messo Crocetta.
Sulle alleanze per le prossime elezioni comunali sosteniamo la riproposizione della maggioranza regionale  senza considerare le realtà locali sia dal punto di vista politico che dei rapporti fra le classi dirigenti locali ed il buono o cattivo governo operato.
E peggio ancora fa capolino un presunto accordo di spartizione delle candidature a Sindaco sulla base di una spartizione regionale dei comuni fra i partiti della maggioranza crocettiana, con insensato allargamento a SEL, che ci riporta indietro di anni e che non ci mete in sintonia con le richieste di trasparenza che ci chiedono gli elettori.
In questo contesto sarebbe giusto che l’UDC facesse subito sapere il proprio pensiero sull’ipotesi di Crocetta di nominare Ingroia ambasciatore della Sicilia a Roma perché i nostri dirigenti ed i nostri elettori che non hanno scelto di votare o di allearsi con il movimento politico di Ingroia devono capire con chi stanno e perché. Sul piano interno del partito ci siamo anchilosati su una posizione di stasi continua che non premia chi si spende per il partito e per il territorio.
Continua a privilegiare il mantenimento di posizioni e di uomini che danneggiano il partito sul piano della credibilità e non sono in condizione di dare alcun apporto per la sua crescita elettorale e di proposizione chiara e rinnovata  con i cittadini elettori.
Penso sia venuto il momento di un forte chiarimento che porti ad una ripresa politica ed elettorale del partito  senza perdere ulteriore tempo che sarebbe nefasto per il proseguo di una presenza importante quale deve essere quella dell’UDC nel contesto regionale e nazionale.           PIPPO BUFARDECI ( 6.4.2013)