SIRACUSA. Dal nostro inviato
La lista dei no l'hanno fatta i sindacalisti della Cisl. E il risultato
pone subito la provincia di Siracusa ai vertici di una ipotetica
classifica nazionale dei territori in cui più volte è stato detto di no a
investimenti che avrebbero portato occupazione. In totale, secondo
stime della Cisl, oltre 1,6 miliardi sono stati stoppati da lungaggini
burocratiche e veti politici facendo mancare all'appello quasi 3mila
posti di lavoro. Così Siracusa rischia di diventare un caso di scuola su
come la politica, una burocrazia cieca e sorda e, a volte, persino
incoffessabili richieste da parte di politici e amministratori abbiano
fatto diventare una delle aree più ricche e evolute del nostro Paese una
zona poco appetibile per gli investimenti nazionali e internazionali.
Nella provincia dei no può avvenire e avviene che il Piano paesistico
regionale sia esteso anche alla zona industriale: i vincoli obbligano
chiunque a ottenere il via dalla Soprintendenza. «Una follia» dicono gli
imprenditori.
Gli ultimi ad andarsene sono stati gli olandesi della Shell i quali dopo
aver aspettato per sette anni il via libera alla costruzione del
rigassificatore dopo il no dell'ex presidente della Regione Raffaele
Lombardo hanno dichiarato di non essere più interessati. Qualche mese
prima erano stati i loro soci della Erg, con cui la Shell aveva
costituito la società Ionio gas, a mollare. La mancata costruzione del
rigassificatore ha fatto perdere investimenti per 800 milioni, circa
2.000 posti di lavoro nella fase di cantiere e circa 200 addetti a
regime. «Con l'annuncio di Shell si conclude un lungo percorso iniziato
nel lontano 2005 che ha attraversato innumerevoli fasi anche di ostilità
poste da istituzioni, associazioni, comitati, spesso legate a diverse
visioni politiche, nonostante sia stato da anni completato un rigido
percorso autorizzativo, nel pieno rispetto della legalità e delle norme
più severe – è l'amaro commento del presidente di Confindustria Siracusa
Aldo Garozzo – . È amaro oltre che inconcepibile ascoltare come il
gotha della politica europea si affanni per mettere in campo azioni e
iniziative per attrarre investitori esteri quando nella nostra provincia
si lasciano letteralmente sfuggire occasione di investimento privato
sia nel settore dell'industria sia nel settore del turismo. Chi è
preposto alla pianificazione del territorio dica una volta per tutte che
tipo di sviluppo si prevede per questa provincia indicando anche come
realizzare le iniziative imprenditoriali nell'interesse generale».
Qualche settimana fa i dirigenti della Lukoil, la multinazionale russa
che dalla Erg ha rilevato l'80% delle quote della raffineria Isab, sono
venuti a Siracusa per definire i piani di investimento. In questo clima
di incertezza si è diffusa la voce che fossero venuti ad annunciare il
possibile disimpegno con la chiusura delle raffinerie e la
trasformazione in depositi costieri. Ipotesi smentita dalla società ma
nessuno smentisce che sia stata fatta una valutazione negativa sulle
condizioni di carattere istituzionale esistenti nel siracusano e in
generale in Sicilia e e sull'elevata instabilità politica e
amministrativa. «Non solo i comuni interessati dalla zona industriale ma
anche la pubblica amministrazione regionale – dice il segretario
provinciale della Cisl Paolo Sanzaro – devono fare in modo che la
burocrazia non allontani gli investitori». I quali hanno bisogno di
certezze.
Perché poi a Siracusa ci sono fatti paradossali. Si dice di no agli
impianti industriali perché bisogna puntare sul turismo. E poi i
progetti turistici restano al palo. Come è accaduto per i due porti
turistici: uno del gruppo Acqua Marcia (Marina di Archimede) e l'altro
che fa capo all'imprenditore siracusano ed ex presidente di
Confindustria Alvaro Di Stefano. Valore complessivo degli investimenti:
190 milioni. Il primo bloccato a causa di mancati interventi da parte
del comune mentre il secondo fermo all'iter autorizzativo. O ancora per
l'investimento programmato dalla società Elemata Maddalena di costruire
nella zona della Maddalena appunto un resort da 220 posti con le insegne
della lussuosa catena internazionale Four Season: al progetto si
oppongono alcuni comitati locali mentre la Regione nel 2011, nonostante
ricadesse su aree edificabili da sempre, vi ha istituito una riserva
naturale impedendo l'avanzamento del progetto che è stato rimodulato con
una riduzione del 40% e ora al vaglio del Consiglio regionale per il
paesaggio che dovrà esprimersi. Il progetto vale 300 milioni e gli
investitori non fanno mistero di volgere lo sguardo altrove: investire
in Sicilia, anche nel turismo – dicono – equivale ad immobilizzare
risorse economiche senza alcuna certezza dei tempi di valutazione
amministrativi.
( Da il Sole 24 Ore )
giovedì 22 novembre 2012
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