giovedì 12 febbraio 2015



NUOVA POLITICA, VECCHIE STRATEGIE

L’evolversi del quadro politico nazionale con la fine del cosiddetto “ patto del Nazareno” sta creando condizioni politiche diverse anche in merito alle possibili maggioranze di Governo e a quelle di prospettiva per eventuali elezioni.
Il centro destra, con la forte virata oppositiva di Silvio Berlusconi, è alla ricerca di una compattazione che lo possa rendere competitivo sul piano elettorale con delle alleanze capaci di assicurare una forte e competitiva percentuale elettorale.
L’errore che continua a commettere Berlusconi è quello di ritenere che tutto debba continuare a ruotare attorno a lui per cui tenta di eliminare le diversità interne, vedi Fitto, con gli ultimatum di accettare la sua linea o andarsene.
Cerca di riportare Alfano in Forza Italia perché ha bisogno di questa costola elettorale.
Vuole addomesticare Salvini e la Lega per essere partner subalterna di Forza Italia.
Non ha capito che i partiti monolitici e personali non hanno più prospettiva di vita politica; che Forza Italia non è più partito egemone del centro destar; che Salvini e la sua Lega non sono più Bossi o il partito che accetta la subalternità nel nome di una vittoria comune; che Alfano prima o poi si accorgerà che l’ambiguità della sua strategia di Governo e di futura opposizione lo porterà all’autodistruzione.
Soprattutto Berlusconi non ha capito che è cambiato il modo di percepire la politica da parte degli elettori in quanto non esistono più le parole d’ordine partitiche che compattavano, ma i flussi elettorali sono più dinamici e meno soggetti alla fedeltà ad una persona o ad un motto elettorale.
Dal canto suo la minoranza del PD è convinta che, rotto il patto Renzi – Berlusconi, possa fare rivedere al segretario tutte le impostazioni di base che hanno caratterizzato le sue recenti proposte di Governo puntando sul fatto che adesso Renzi è più soggetto ai numeri della minoranza rispetto a prima dove poteva contare sul soccorso berlusconiano.
La risposta di Renzi è stata quella di immettere nel PD forze parlamentari a lui più vicine per vincere la partita numerica interna e dettare alla minoranza le sue regole.
Tutti e due le strategie sono a mio avviso sbagliate perché più tattiche che strategiche e quindi di poco respiro.
Infine resta Alfano ed Aria popolare che corre il rischio di essere schiacciata fra i due maggiori schieramenti e rimanere senza alcuna incidenza ed identità.
Se a questo si aggiunge l’errata strategie di essere al Governo preparandosi all’opposizione elettorale se ne deduce che i consensi possono solo diminuire e non aumentare.
A mio avviso l’unica soluzione di quest’aria è quella di caratterizzarsi sul piano di una individuabile e concreta proposta politica che abbia sponda nel Governo e di affrontare la campagna elettorale da sola e con la prospettiva di continuare l’esperienza governativa anche per il futuro condividendo quanto di buono o di negativo l‘alleanza governativa produrrà.
Come può l’elettore considerare credibile chi dice adesso che lavora con Renzi per fare il bene del Paese e poi, in campagna elettorale, essere contro questo lavoro condividendo tesi di rottura come quella berlusconiana o addirittura della Lega?
Quindi,  nella complessità del quadro politico già di per se ingarbugliato, la strategie dell’area alfaniana e popolare in generale rischia di essere la meno credibile e la meno condivisibile.
Sarebbe un peccato se quest’aria continuasse a non alzare la schiena e diventare maggiorenne perché a mio avviso vi è ancora bisogno di una proposta politica e di un gruppo elettorale, anche se minoritario, che proponga soluzioni di moderazione e di buon senso e rappresenti tutti quegli italiani che non si rivedono nelle posizioni conflittuali dei due schieramenti maggiori ed in quelle evanescenti e ridicole dei grillini di ferma ortodossa osservanza.

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