lunedì 7 dicembre 2015

CAMBIARE QUALCHE REGOLA PER RINVIGORIRE LA POLITICA

Penso che lo stato comatoso in cui si trova la politica in Sicilia e soprattutto la gestione degli Enti locali, meriti una terapia d’urto anche a livello di regole che possano permettere una migliore capacità operativa e una maggiore rispondenza fra esigenze dei cittadini e produzione legislativa.
Volutamente, in questa nota, non affronto i temi politici attuali e le dinamiche interne ai vari gruppi che ne determinano le scelte. Dò per scontato che tutto questo, anche se non ne sono convinto, appartenga alla conoscenza dei cittadini.
Lo stallo continuo dei lavori dell’assemblea regionale siciliana e le perenni difficoltà ad operare e decidere mi suggeriscono alcune proposte di modifica della normativa elettorale che potrebbero essere utili a rinvigorire una istituzione che sempre più si riavvita su se stessa.
Innanzitutto dovremmo impedire che si continui a scegliere il Presidente della Regione affidando la sua elezione agli umori o agli equilibri politici del momento per poi subire, anche per cinque anni, le conseguenze di una scelta sbagliata.
Per evitare ciò bisogna eliminare il turno unico di elezione e passare al sistema del ballottaggio per cui gli elettori avrebbero la possibilità di scegliere fra i due candidati più votati e sentirsi più partecipi nella individuazione della scelta migliore e più rappresentati dal candidato vincitore. Ciò senza apparentamento in fase di ballottaggio con l’eliminazione del mercato delle vacche che si determina necessariamente.
Poi bisogna eliminare quella cameretta clientelare e frutto di pressioni più o meno lecite e legali che porta alla formazione di un listino inutile con eletti rappresentativi solo di se stessi.
Gli eletti devono essere solamente i candidati assegnati ad ogni provincia, in base al numero dei suoi abitanti e votati dagli elettori.
Quindi nessun premio di maggioranza anacronistico in un sistema ad elezione proporzionale quale è quello per la elezione dei deputati regionali.
Inserire la clausola del limite dei tre mandati consecutivi e quindi della impossibilità di candidarsi dopo detti mandati per evitare l’assuefazione all’incarico e quindi la possibilità che esso si trasformi in un mestiere dedito all’acquisizione di prebende, favori o attività poco chiare.
Dichiarare lo stato professionale ed autonomo dei dirigenti degli Enti per cui sono cessano il loro mandato al cessare del mandato politico dell’amministratore che li ha nominati dando così ai nuovi amministratori la possibilità di scegliersi i collaboratori magari, come avveniva per i segretari comunali, attraverso la costituzione di un albo apposito.
Si eviterebbe la staticità della dirigenza, la permanenza assicurata in un posto di alta responsabilità indipendentemente dalla volontà espressa dai cittadini, la gestione incontrollabile di un potere immenso, la commistione con ambienti che non mirano a soddisfare le esigenze della collettività, ma i propri interessi anche mafiosi.
Si dovrebbe riproporre, come lo era anni fa, la incandidabilità dei dipendenti dello stesso Ente perché un dipendente che aspira a diventare amministratore dell’Ente per cui lavora o sfrutta la sua posizione per fini clientelari o si contrappone al raggiungimento degli obiettivi degli eletti alla gestione dello stesso.
Infine, ma certamente i punti trattati non sono esaustivi, bisogna dare la possibilità che qualsiasi amministratore eletto per la gestione di un Ente, debba essere messo nelle condizioni di indirizzare l’azione dell’Ente in funzione del programma votato dagli elettori.
In particolare dovrebbe gestire le risorse finanziarie senza compromessi di natura politica raggiungendo l’obiettivo attraverso una modifica legislativa che deleghi l’approvazione del bilancio dell’Ente all’organo esecutivo, quale la giunta, e non a quello politico quale il consiglio.
Infine dovrebbero essere tutelati gli amministratori che intendono gestire la cosa pubblica con onestà, con organismi di consulenza preventiva sull’attività da svolgere e sulla rispondenza deli atti alle varie e complesse normative che incombono sulla pubblica amministrazione.
Ciò sarebbe raggiungibile attraverso la costituzione di gruppi di consulenza provinciali e regionali costituiti da pubblici funzionari che, a richiesta, darebbero un supporto importante ai vari amministratori in base alla materia su cui si deve decidere.
In questa logica va ripristinato il parere obbligatorio e vincolante del segretario comunale per ciò che riguarda la legalità dell’atto e quello del dirigente amministrativo per la copertura finanziaria.
Queste proposte, assieme ad altre di natura più tecnica, potrebbero contribuire a determinare le condizioni per una maggiore trasparenza nella gestione politica e amministrativa dei vari Enti locali.
Siracusa 07/12/2015                                                            Pippo Bufardeci


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