CAMBIARE QUALCHE REGOLA PER RINVIGORIRE LA POLITICA
Penso che lo stato comatoso in cui si trova la politica in
Sicilia e soprattutto la gestione degli Enti locali, meriti una terapia d’urto
anche a livello di regole che possano permettere una migliore capacità
operativa e una maggiore rispondenza fra esigenze dei cittadini e produzione
legislativa.
Volutamente, in questa nota, non affronto i temi politici
attuali e le dinamiche interne ai vari gruppi che ne determinano le scelte. Dò
per scontato che tutto questo, anche se non ne sono convinto, appartenga alla
conoscenza dei cittadini.
Lo stallo continuo dei lavori dell’assemblea regionale
siciliana e le perenni difficoltà ad operare e decidere mi suggeriscono alcune
proposte di modifica della normativa elettorale che potrebbero essere utili a
rinvigorire una istituzione che sempre più si riavvita su se stessa.
Innanzitutto dovremmo impedire che si continui a scegliere il
Presidente della Regione affidando la sua elezione agli umori o agli equilibri
politici del momento per poi subire, anche per cinque anni, le conseguenze di
una scelta sbagliata.
Per evitare ciò bisogna eliminare il turno unico di elezione
e passare al sistema del ballottaggio per cui gli elettori avrebbero la
possibilità di scegliere fra i due candidati più votati e sentirsi più partecipi
nella individuazione della scelta migliore e più rappresentati dal candidato
vincitore. Ciò senza apparentamento in fase di ballottaggio con l’eliminazione
del mercato delle vacche che si determina necessariamente.
Poi bisogna eliminare quella cameretta clientelare e frutto
di pressioni più o meno lecite e legali che porta alla formazione di un listino
inutile con eletti rappresentativi solo di se stessi.
Gli eletti devono essere solamente i candidati assegnati ad
ogni provincia, in base al numero dei suoi abitanti e votati dagli elettori.
Quindi nessun premio di maggioranza anacronistico in un
sistema ad elezione proporzionale quale è quello per la elezione dei deputati
regionali.
Inserire la clausola del limite dei tre mandati consecutivi e
quindi della impossibilità di candidarsi dopo detti mandati per evitare
l’assuefazione all’incarico e quindi la possibilità che esso si trasformi in un
mestiere dedito all’acquisizione di prebende, favori o attività poco chiare.
Dichiarare lo stato professionale ed autonomo dei dirigenti
degli Enti per cui sono cessano il loro mandato al cessare del mandato politico
dell’amministratore che li ha nominati dando così ai nuovi amministratori la
possibilità di scegliersi i collaboratori magari, come avveniva per i segretari
comunali, attraverso la costituzione di un albo apposito.
Si eviterebbe la staticità della dirigenza, la permanenza
assicurata in un posto di alta responsabilità indipendentemente dalla volontà
espressa dai cittadini, la gestione incontrollabile di un potere immenso, la
commistione con ambienti che non mirano a soddisfare le esigenze della
collettività, ma i propri interessi anche mafiosi.
Si dovrebbe riproporre, come lo era anni fa, la
incandidabilità dei dipendenti dello stesso Ente perché un dipendente che
aspira a diventare amministratore dell’Ente per cui lavora o sfrutta la sua
posizione per fini clientelari o si contrappone al raggiungimento degli
obiettivi degli eletti alla gestione dello stesso.
Infine, ma certamente i punti trattati non sono esaustivi,
bisogna dare la possibilità che qualsiasi amministratore eletto per la gestione
di un Ente, debba essere messo nelle condizioni di indirizzare l’azione
dell’Ente in funzione del programma votato dagli elettori.
In particolare dovrebbe gestire le risorse finanziarie senza
compromessi di natura politica raggiungendo l’obiettivo attraverso una modifica
legislativa che deleghi l’approvazione del bilancio dell’Ente all’organo
esecutivo, quale la giunta, e non a quello politico quale il consiglio.
Infine dovrebbero essere tutelati gli amministratori che
intendono gestire la cosa pubblica con onestà, con organismi di consulenza
preventiva sull’attività da svolgere e sulla rispondenza deli atti alle varie e
complesse normative che incombono sulla pubblica amministrazione.
Ciò sarebbe raggiungibile attraverso la costituzione di
gruppi di consulenza provinciali e regionali costituiti da pubblici funzionari
che, a richiesta, darebbero un supporto importante ai vari amministratori in
base alla materia su cui si deve decidere.
In questa logica va ripristinato il parere obbligatorio e
vincolante del segretario comunale per ciò che riguarda la legalità dell’atto e
quello del dirigente amministrativo per la copertura finanziaria.
Queste proposte, assieme ad altre di natura più tecnica,
potrebbero contribuire a determinare le condizioni per una maggiore trasparenza
nella gestione politica e amministrativa dei vari Enti locali.
Siracusa 07/12/2015 Pippo
Bufardeci
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