domenica 24 agosto 2014



A PACHINO ELEZIONI RIPETUTE IL 5 OTTOBRE

Dopo una serie di tira e molla, di ricorsi e controricorsi, è stato emanato il decreto che da al prefetto di Siracusa il potere di curare la parziale tornata elettorale per ripetere le elezioni regionali in sei sezioni di Pachino e in tre di Rosolini.
Gli elettori dei seggi individuati come luogo ove si sono commessi brogli elettorali, reali per alcuni ricorrenti e presunti per altri, saranno perciò chiamati a rivotare ex novo.
Quindi non importa per chi hanno votato precedentemente o per chi non hanno votato perché tutto ricomincia e tutto può accadere.
E’ come se si ripetesse una partita del campionato di calcio, per lo scudetto o per la retrocessione, sapendo già il risultato delle altre gare.
Ecco perché questa parziale ripetizione del voto potrebbe in parte cambiare la rappresentanza parlamentare sia per alcuni partiti che per qualche candidato già eletto o non eletto all’interno di un partito.
Se escludiamo quei partiti e quei candidati eletti per cui queste elezioni parziali sono ininfluenti per la loro riconferma in quanto, anche se non dovessero prendere alcun voto, non cambierebbe niente tranne solo il fastidio di partecipare ad una elezione insignificante, vediamo che questa nuova mini tornata potrebbe riguardare solo due situazioni.
La prima la rimessa in discussione di due seggi già assegnati che vedrebbero tre concorrenti in lizza per ottenerli e la seconda situazione è circoscritta all’interno del partito democratico.
La passata tornata elettorale ha assegnato gli ultimi due seggi disponibili al notaio Coltraro della lista Crocetta ed al deputato uscente Pippo Gianni.
Il primo seggio non assegnato, per una manciata di voti, vedeva interessato l’altro deputato uscente Pippo Gennuso che si è fatto subito promotore di un ricorso il cui epilogo finale sta nella ripetizione della votazione nei seggi che avrebbero commesso brogli elettorali.
La situazione attuale degli schieramenti politici ed elettorali in queste sezioni vede, ad avviso di parecchi osservatori politici, un rapporto di forza tale per cui Gennuso potrebbe riscuotere i consensi necessari per fare scattare il seggio al suo partito rientrando a Sala d’Ercole, così come Pippo Gianni, mentre Coltraro, avendo perduto gruppi politici e consensi elettorali, sarebbe destinato a chiudere la sua avventura da deputato.
Ma quello che si presenta più affascinante politicamente e per le conseguenze che potrebbe avere all’interno del partito democratico è lo scontro fra il deputato Marziano, dalla lunga carriera politica e sindacale ed il renziano Giovanni Cafeo che perse, per circa 160 voti, la prima tornata elettorale.
Rispetto alla prima votazione Giovanni Cafeo sembra più presente e più agguerrito anche perché il gruppo renziano ha avuto numerose adesioni in quanto rappresenta il futuro ed il rinnovamento mentre Marziano, già appesantito dalla lunga militanza nelle istituzioni, è legato ai gruppi dirigenti che Renzi ha sconfitto nelle primarie del PD relegandoli in retroguardia,
Quindi il motivo principe della scelta supererà anche le stesse persone candidate, ma si attesterà su un voto da dare al nuovo ed al rinnovamento renziano rappresentato da Cafeo o confermare la vecchia nomenclatura cui è legato Marziano.
Poiché questa parziale elezione supererà i vincoli di destra e sinistra, di questo o quel partito, ogni elettore sarà libero di scegliere il motivo della propria preferenza e del proprio voto.
Io ritengo affascinante ed importante partecipare con il voto alla scelta interna al PD scegliendo per il rinnovamento e votando Giovanni Cafeo.
Lo stesso consiglio, di votare per Cafeo, mi sto permettendo di darlo anche agli amici che, in questi giorni, mi chiedono lumi su questa nuova parziale fase elettorale e cioè di votare per Giovanni Cafeo  del PD.
Questo voto serve anche per dimostrare alla nuova compagine amministrativa eletta a Pachino con la bandiera del rinnovamento che questa parola non può essere sbandierata in base alla convenienza politica.
Essendo quasi tutti con Marziano, dovrebbero chiarire la grande contraddizione che esisterebbe nel volere essere rinnovatori alle comunali dove erano diretti interessati e conservatori alle regionali dove sarebbero impegnati a votare Marziano che rappresenta la conservazione sia politica che istituzionale.  
Pippo Bufardeci
24.08.2014

giovedì 24 luglio 2014



MA ESISTE ANCORA LA SINISTRA IN ITALIA?

Nel periodo politico post bellico, difronte ad una forte ideologizzazione della politica frutto anche dei blocchi contrapposti che alimentavano la cosiddetta guerra fredda, l’impegno politico e sociale era caratterizzato da una dura contrapposizione che differenziava i militanti secondo lo schema anche  plastico di destra e sinistra.
Il fossato fra questi due schieramenti era molto ampio e profondo.
Ne impediva le contaminazioni culturali sacrificando il dialogo ed il confronto alla stretta osservanza dei rispettivi dogmi che, lungi dall’interpretare le esigenze reali dei cittadini, li imbalsamava su rigidi schemi aprioristici e spesso avulsi dal contesto di rappresentanza reale.
Ci sono voluti molti anni prima che si abbandonasse lo steccato ideologico aprendosi al dialogo e al confronto fra soggetti politici diversi che però, di questa diversità, avrebbero fatto strumento per rafforzare la democrazia e rispondere nel modo migliore alle esigenze reali dei cittadini.
Non vi è dubbio che, il lento sciogliersi del ghiaccio dello steccato ideologico, è dovuto soprattutto all’operato politico di un grande partito interclassista e popolare quale è stata la Democrazia Cristiana e il maturare, nello scacchiere internazionale, di fatti concreti e di riflessioni politiche che hanno evidenziato la rigidità ideologica dei dogmi di matrice marxista assieme alle negative esperienze istituzionali dei paesi del socialismo reale  provocando prima una riflessione critica e poi il netto abbandono del credo politico praticato da parte dei cosiddetti partiti satelliti del comunismo sovietico.
La stessa Cina è prepotentemente uscita dall’ortodossia comunista aprendosi ad una forte revisione ideologica e politica che le ha permesso di aprirsi al mondo pur in un contesto di gestione istituzionale con forte presenza di strutture autoritarie.
Nella fase della seconda Repubblica e con un sistema elettivo maggioritario, la divisione in destra e sinistra è stata nuovamente accentuata come necessità di aggregazione dei rispettivi schieramenti che dovevano produrre consensi elettorali.
 Non più attraverso uomini capaci di incarnare le istanze del territorio, ma con  leadership fortemente personalizzata e gestione del consenso in modo fideistico.
In questo quadro la divisione destra – sinistra è stata funzionale solo alla spicciola ricerca del consenso e non ha determinato accentuazioni culturali contrapposte in quanto, salvo che in ristretti gruppi estremistici presenti nei due schieramenti ancora ancorati ad anacronistiche  basi ideologiche, non vi è stata nessuna produzione culturale capace di caratterizzare la modernità dei due schieramenti.
Anzi la cosiddetta modernità culturale post prima Repubblica, è stata la riscoperta di idee e personaggi di matrice democristiana che sono diventati i numi ispiratori dell’azione politica del centro destra e del centro sinistra in Italia.
Basti pensare a Moro, la Pira, Dossetti ed allo stesso De Gasperi.
Con la forte menomazione dei leader che hanno caratterizzato la seconda Repubblica, la carenza gestionale delle istituzioni assieme a forme diverse di partecipazione alla vita partitica ed istituzionale, vedi le primarie, si è arrivati ad un forte rimescolamento dell’offerta politica.
Essa sta cambiando sia il quadro politico istituzionale preesistente che la struttura partitica sulla base di un’aggregazione del consenso che svuota le precedenti certezze che ne hanno rappresentato la base aggregante della relativa offerta politica.
A questo bisogna aggiungere il nuovo quadro d’insieme che caratterizza lo scenario partitico nazionale con aggregazioni nuove e diverse rispetto a qualche anno fa e con una loro permanenza in vita molto limitata nel tempo e soggetta alle ambizioni dei proponenti o al mutare delle aggregazioni elettorali. 
In un momento di grave crisi economica e di sbandamento politico elettorato , come quella che stiamo attraversando, l’elettorato risponde subito con la disaffezione dalla politica e dai suoi rappresentanti che si traduce in un aumento dell’astensionismo e della crescita dei partiti protestatari.
Allo stesso modo chi continua a fare politica da posizione di contrapposizione rispetto alla classe che governa, caratteristica della sinistra, trova rifugio negli schieramenti partitici che incarnano la protesta e le posizioni estreme.
Ecco la forte presenza dei grillini che raccoglie elettori di diversa fede politica accomunati dalla disaffezione e dal rancore, ma che non può annoverarsi come partito di sinistra perché, in un certo qual senso, non vi è più un elettorato di sinistra secondo la vecchia visione fideistica che portava alla immobilità dei seguaci.
Oggi non esiste nemmeno un grande partito della sinistra italiana, ma un partito Democratico che ha abbandonato il porto della rappresentanza della sinistra classica per veleggiare verso posizioni che una volta caratterizzavano il centro politico e che adesso rappresentano la sfida impegnativa per essere un partito di Governo che affronta i problemi su basi di realismo politico non ancorato agli oracoli o soggetto alle visioni dogmatiche.
La svolta della politica italiana operata da Renzi, quale leader di un partito proveniente dalla sinistra, è stata proprio quella di rivoltare l’impostazione culturale precedente e di dare al partito Democratico nuove connotazioni capaci di renderlo credibile per ciò che propone ed attua e non per ciò che storicamente e tradizionalmente rappresenta.
Ed un leader che non proviene dalla storia comunista, ma dalla matrice cristiano – sociale, non poteva non accantonare la classe dirigente che incarnava la vecchia cultura e non dava credibilità alla nuova proposta.
La mossa è stata vincente perché, come dimostrano i grafici di recenti studi sui flussi elettorali in Italia, vi è stato un forte sparigliamento nel voto degli elettori che sono  più dinamici nelle scelte elettorali in quanto non più ancorati nella difesa del proprio orticello delimitato dall’ideologia e dalla logica dell’appartenenza.
Anche i risultati delle ultime elezioni europee dimostrano che la forte concentrazione di consensi verso il partito Democratico non è il frutto della compattezza del tradizionale elettorato di sinistra, ma la convergenza di elettori cosiddetti moderati che, assieme a quelli della sinistra di governo, danno fiducia ad una proposta politica che è più vicina alla loro visione della società che a ciò che la vecchia classe dirigente proponeva con i suoi riti stantii.
Anche la recente proposta di etichettare il partito democratico come partito nazionale va in questa direzione perché lo affranca dagli schemi marxisti e prende atto del nuovo ruolo culturale e della nuova base elettorale.
Se a ciò sommiamo la scarsa e quasi nulla incidenza di vecchie e nuove formazioni politiche  dello spazio comunemente detto a sinistra dei DS e la impopolarità e la sperduta rotta dei sindacati, soprattutto la Cgil, non riconosciuti più dal loro vecchio porto del partito di estrazione comunista, possiamo affermare che veramente non esiste più la sinistra in Italia, non solo secondo la vecchia logica organizzativa, ma soprattutto dal punto di vista della proposta culturale perché non vi è un partito politico credibile che la rappresenta nella sua tradizione.
Il partito democratico veleggia con il vento in poppa verso altri lidi culturali ed incamera altri elettori che hanno problemi e prospettive che non si ancorano alla cosiddetta base della sinistra che ne era la potenzialità elettorale.
 Adesso solo un incidente di percorso potrà portare all’autodistruzione dei Ds e interrompere il cammino politico che, grazie al suo leader Renzi, ha i necessari consensi per cambiare la storia.

Pippo Bufardeci 
 24.07.2014

mercoledì 2 luglio 2014



GAROZZO AZZERA LA GIUNTA. PERCHE’ SOLO PER LO GIUDICE E’ LESA MAESTA’?


Ho letto le varie dichiarazioni che si sono susseguite dopo che il Sindaco di Siracusa ha azzerato la Giunta comunale per una sua nuova identità politica e per una ricerca di rinnovata azione amministrativa.

Non voglio entrare nel merito delle questioni politico – amministrative che hanno determinato questa svolta in seno alla Giunta comunale perché non ne conosco bene i termini.

Ma non sono riuscito a capirle nemmeno dai tanti interventi contro l’azione del Sindaco in quanto nessuno ne ha parlato né all’interno del PD né dalle opposizioni.

Tutti gli interventi si sono concentrati sulla rimozione dell’assessore Lo Giudice in quanto ritenuto il migliore di tutti ed è stata evidenziata una specie di lesa maestà operata dal Sindaco Garozzo.

Anche il recente documento passato alla stampa della Direzione del PD si sofferma molto su questo argomento come se il dato, che pur esiste, del traccheggio politico interno agli equilibri del PD fosse più rilevante di un’azione amministrativa che, nella sua quotidiana difficoltà, ha anche bisogno di fermarsi per riflettere  per fare una specie di tagliando alla macchina che gestisce le sorti comunali.

Quindi sul piano della responsabilità politico – amministrativa mi sarei aspettato, sia da parte del Sindaco che degli organismi del suo partito, un esame approfondito della situazione attuale ed un programma di rapida attuazione per portare a soluzione alcuni problemi.

Sul piano dell’azione tecnica, che porta alle dimissioni dei componenti la Giunta comunale e alla rimozione dell’assessore Lo Giudice, c’è da dire che essa rientra nelle prerogative del Sindaco in quanto tutti gli assessori sono delegati dallo stesso ad occuparsi di specifici rami dell’amministrazione e possono essere sostituiti indipendentemente dalla loro azione personale in quanto il titolare e responsabile diretto è il Sindaco e non i suoi delegati.

Ma perché, anche sul piano formale e del rispetto degli altri colleghi di Giunta, Lo Giudice non doveva dimettersi come gli altri?.

Dal mio punto di vista, la difesa che si basa sul fatto che fosse il migliore, è mortificante  ed irrispettosa verso gli altri assessori che hanno accettato la decisione del Sindaco.

Che lo dica un organismo direttivo del partito, che ha il maggior numero di assessori presenti ,è ancora più grave perché discrimina i propri componenti ed iscritti.

Questo non vuol dire che non si debbano riconoscere gli eventuali meriti di Lo Giudice, che indubbiamente ci sono, ma tutti devono essere rispettati e tutti devono accettare le decisioni che chi ha la titolarità della responsabilità politica ed istituzionale difronte ai cittadini della gestione del governo cittadino può assumere.

Quindi è stato un errore politic o che lo Giudice non si sia dimesso come gli altri assessori ed è un errore difenderlo con motivazioni sbagliate.

Sarebbe più opportuno che si approfondissero in sede politica  i motivi che hanno indotto il Sindaco Garozzo ad effettuare  l’azzeramento della Giunta e cercare assieme le soluzioni di natura politica ed amministrativa nell’interesse della città magari chiedendo la riconferma degli assessori che hanno intrapreso un cammino positivo di impegno e di azione amministrativa.

Tutti gli altri argomenti servono solo a sollevare confusione e permettere  inutile risveglio parolaio di presunti esperti e soloni della politica, dell’amministrazione  e del bene comune.


Pippo Bufardeci

02/072014


giovedì 26 giugno 2014

IL CENTRO DESTRA ITALIANO E’ POLITICAMENTE CREDIBILE?





Ma il centrodestra italiano, allo stato attuale, è credibile sul piano politico ed ha una comune visione strategica sulle politiche da attuare in questo momento storico per il nostro Paese?
Questa dovrebbe essere la domanda che dovremmo porci se volessimo esaminare la possibilità di esprimere il nostro consenso elettorale ad uno schieramento ricostituito fra i partiti del centro destra quale alternativa all’attuale politica a conduzione renziana.
E’ vero che per sperare di vincere, anche con il sistema elettorale che si prospetta, bisogna che si creino le condizioni perché tutti i gruppi della galassia del centro destra necessariamente convergano per sommarsi ed essere competitivi.
Però è altrettanto vero che non è più possibile, perché l’elettore non lo accetta più, che per vincere si debba dare vita ad una alleanza che punti solo sulla sommatoria matematica senza che ci sia anche una condivisione di indirizzo politico e l’espressione di una leadership che, non solo incarni e garantisca gli equilibri interni, ma soprattutto sia credibile sul piano esterno.
Esaminiamo, allo stato delle cose, quali sono le posizioni dei vari gruppi che potrebbero dare il loro contributo per la crescita numerica del centro destra e renderlo competitivo.
Non vi è dubbio che la forza determinante per coagulare un centro destra competitivo è Forza Italia in quanto partito più rappresentativo dello schieramento e più forte in termini di voti.
Questo partito oggi attraversa una profonda crisi di leadership perché il suo capo storico è ai minimi della sua credibilità, non ha un sostituto alternativo, non presenta una classe dirigente coesa e credibile, non ha una politica aggregante sui temi fondamentali e non esprime una linea politica condivisa dai potenziali alleati.
La strategia delle alleanze di Forza Italia ha il suo punto cardine nel rapporto privilegiato con la Lega Nord in quanto attorno all’asse Forza Italia – Lega si vuole costruire il tessuto aggregante per le altre convergenze.
Ma questo rapporto però prescinde dai contenuti politici.
Sul tema fondamentale dell’Europa, ad esempio, Forza Italia mantiene la massima espressione italiana che incarna l’attuale gestione europea avendo un proprio uomo, Tajani, vice presidente della Commissione europea che è un ruolo in aperto contrasto con la politica anti europeista della Lega Nord che preferisce allearsi con l’ultra destra di Le Pen contro l’Europa stessa.
In un ipotetico palco di confronto sui temi europei fra questi due alleati cosa uscirebbe fuori dagli interventi di Tajani e Salvini incarnando l’uno l’ortodossia europea e l’altro l’ortodossia antieuropea?
Anche sulle riforme istituzionali la Lega ha sganciato la propria posizione da Forza Italia sul nuovo Senato privilegiando la rappresentanza e le competenze autonomistiche rispetto al tipo di elezione caldeggiato dal potenziale alleato.
Vi è poi il gruppo di Fratelli d’Italia che ha assunto una posizione fortemente collocata sulla destra quasi estrema che è antieuropeista ed  antieuro, a favore di una forte identità nazionale  ed anche per le primarie di coalizione per scegliere il leader mettendo, di fatto, in discussione Berlusconi, che certamente non rispecchia  le stesse posizioni dei berlusconiani e dei leghisti.
E questi tre partiti potrebbero riscuotere credibilità politica con un progetto condiviso da proporre agli elettori se sono così agli antipodi ?
Per non parlare della posizione politica del Nuovo Centro Destra di Alfano che mentre fa il commensale alla tavola del Governo Renzi si preoccupa di far sapere che alle prossime elezioni sarà con uno schieramento che è contrario all’attuale Governo.
Il nuovo schieramento, di centro destra, contesterà tutte le proposte e le realizzazioni  che questo Governo cercherà di portare a casa con la collaborazione degli uomini di Alfano che saranno poi contrari.
E come si troverà Alfano con i futuri alleati anti renziani del centro destra  in un ipotetico palco elettorale nel momento in cui si contesterà tutto il lavoro del Governo di cui hanno fatto parte gli amici di Alfano e si cercheranno i consensi elettorali sulla base dei presunti danni apportati dal Governo uscente?
Questa ambiguità ha già prodotto i suoi frutti negativi sul piano elettorale alle ultime europee dove lo schieramento Nuovo Centro Destra e UDC ha prodotto un vero e proprio flop di consensi che è foriero di scomparsa di questi due schieramenti politici anche se si tenta di nasconderlo.
Il tema dell’ambiguità è il tarlo elettorale dello schieramento di centro destra che si sta tentando di mettere su nella crociata antirenziana delle prossime  elezioni politiche.
La vetustà anche culturale di questa  classe dirigente accentua ancora di più la negatività della strategia politica dal momento in cui cerca di riproporre lo stesso leader, la stessa maggioranza solo matematica, nessuna proposta  aggregante per nuovi strati di elettori e potenziale conflittualità interna molto palese.
Paradossalmente il nuovo schieramento di centro destra copia le tecniche che hanno portato, nei decenni scorsi, il centro sinistra al fallimento elettorale con una maggioranza solo numerica, ma divisa sulle strategie politiche, con un nemico, Berlusconi, da abbattere come solo e principale obiettivo, senza un leader credibile e forte nell’aggregazione politica ed elettorale.
Adesso, grazie alle mutate condizioni sociali ed alla sconfitta del “ comunismo” operata da Renzi e sulla cui contrapposizione Berlusconi aveva lucrato una forte rendita di posizione, la parte maggioritaria del centro sinistra e del partito democratico, ha capito che bisognava cambiare e modernizzare la strategia comunicativa, ma soprattutto quella propositiva che si è spostata dal conflitto ideologico e personale alla competizione sulla concretezza e la soluzione dei problemi.
Paradossalmente il partito democratico è stato aiutato in questo rinnovamento dalla stessa presenza di Grillo e della sua politica estremizzata che ha tolto al partito democratico larghe fasce di ortodossia dottrinaria e schieramenti estremisti permettendo una proposta politica nuova che si identifica con  l’esigenza di governo della società nuova e non più ancorata allo schema ideologico comunista od ai suoi ricordi.
Renzi, primo vero leader non comunista del partito democratico, ha superato, anche la visione formale della continuità con la classe dirigente del passato mettendo in azione nuove figure politiche, tutto ciò che di presunto comunismo rimaneva nella tradizione del partito e nel cuore di molti dirigenti rendendolo un qualcosa di nuovo capace di attrarre nuovi consensi e nuove figure politiche.
I risultati elettorali, che sono la cartina di tornasole di qualsiasi azione politica, gli hanno dato ampiamente ragione con la messe di consensi ottenuti anche da molti elettori di centro destra che hanno così sdoganato le tracce del loro aprioristico anticomunismo fomentato da Berlusconi per propri fini elettorali.
Quindi, allo stato delle cose e con la politica prospettata dal centro destra, l’aggregazione elettorale che si rivuole mettere in campo senza una omogeneità di proposta politica, non ha molta strada da percorrere anche perché la contrapposizione al Governo ed al sistema è più attratta dalle forze grilline in quanto più attrezzate e più credibili nel portarla avanti.
Si può dire tutto ai grillini tranne quello che si può dire ai berlusconiani e cioè che anche loro hanno diretto le sorti di questo Paese e non ne sono stai capaci.

Pippo Bufardeci
26.06.2014