( Questo articolo è stato pubblicato sul settimanale " I FATTI " di domenica 14 dicembre 2008. Il titolo è della redazione del giornale )
Si continua a parlare, anche in questi giorni, della gestione interna dei vari partiti e sopratutto si mette in evidenza il loro grado di democraticità interna.
Il direttore del giornale “ Il Riformista“ Polito, vicino alle posizioni di Massimo Dalema ha sostenuto, in un recente dibattito su “la 7”, assieme ad altri autorevoli interlocutori, che oggi la democrazia interna ai partiti e la conseguente selezione della classe dirigente è diventata una questione importante per l’intero sistema democratico.
In particolare si faceva notare un aspetto preoccupante del sistema che vede o un singolo personaggio o una ristretta oligarchia interna, gestire milioni di euro di finanziamento pubblico dei partiti senza alcun controllo nè interno nè pubblico.
Si faceva l’esempio dei DS e della Margherita che, dal punto di vista legale, continuano a tenere in vita i loro loghi originari anche se si sono fusi in un unico partito.
In parte la stessa cosa succede al PDL con Forza Italia ed Alleanza Nazionale così come ad altri schieramenti.
L’unico motivo è quello di continuare ad incassare e gestire i cospicui finanziamenti pubblici e poterli spendere senza alcun controllo.
In un sistema che diventa sempre più bipolare con la legge elettorale che tende sempre più a cooptare i rappresentanti del popolo attraverso scelte insindacabili dei capi partito, non è più accettabile che il tutto sfugga a qualsiasi regola che possa garantire i principi della democrazia ed assicurare un rapporto trasparente fra eletti ed elettori nonchè permettere una trasparente conoscenza del modo come vengono spesi i finanziamenti pubblici.
Personalmente sono convinto che i partiti devono continuare a svolgere il loro vero ruolo di garanti della partecipazione dei cittadini alla vita politica del Paese e devono anche usufruire del finanziamento pubblico per permettere anche ai meno dotati finanziariamente di poter essere protagonisti della vita democratica della nazione.
Però non può essere consentito che una oligarchia più o meno illuminata decida per tutti la composizione del parlamento rappresentativo.
Ciò anche perchè l’imitazione della gestione oligarchica che si interpreta in periferia somiglia sempre più alla barzelletta dell’ordine militare impartito dal massimo livello superiore che, nella sua strada di discesa fino alla truppa, perde le connotazioni originarie e diventa manifestazione d’arbitrio di qualche capetto locale abbarbicato nella difesa personale della gestione del potere che possa garantirgli la sopravvivenza economica familiare.
Con tanto di santa benedizione, non solo per le problematiche culturali legate alla visione della democrazia, ma sopratutto per il problemi del territorio e dei cittadini.
Questi ultimi, come sta succedendo anche nella nostra provincia, sono sacrificati nella lotta in atto per la scalata a posti di sottogoverno che, oltre alla garanzia della sopravvivenza economica personale, servono per rendere sempre più accondiscendente la pletora di cortigiani che aspettano l’elargizione del capo partito.
Da quì quindi la necessità indilazionabile di un cambio di mentalità, ma anche normativo che ridisegni la funzione e la gestione dei partiti politici.
A questo devono lavorare quanti, anche in questa provincia, che a vario titolo svolgono con dignità il loro ruolo nelle istituzioni per evitare che la loro attività ed il loro impegno sia vanificato dagli interessi di bottega di piccoli capi partito che privilegiano le prebende personali rispetto alle esigenze della collettività.
Pippo Bufardeci
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