lunedì 27 ottobre 2014



DA PARTITO DI CLASSE A PARTITO PLURALE

Si è fatto un gran parlare delle due anime che si sfidano all’interno del partito democratico quasi da separate in casa e forse prossime all’abbandono definitivo.
Se noi scremiamo quanto sta accadendo dai fronzoli delle questioni secondarie che hanno più a che fare con la sopravvivenza, con le schermaglie personali e con il posizionamento  e gli alibi in vista di possibili difficili e traumatici scenari futuri, possiamo capire le vere motivazioni che stanno alla base di questa rissosità interna.
Non vi è dubbio che l’irrompere sulla scena della sinistra di un personaggio non ancorato ai vecchi schemi dogmatici ed alle parole guida dell’identità comunista che sta ancora alla base dell’impegno politico di molti dirigenti del partito democratico, ha scombussolato gli schemi predefiniti dell’azione politica ed ha tolto l’ancora di salvataggio ad una retorica che rifiutava di confrontarsi con le mutate esigenze della nuova società.
Oggi questo portento politico, con tutti i suoi pregi e soprattutto con tutti i suoi difetti, si chiama Matteo Renzi che, sparigliando gli schemi, sta cercando di posizionare il partito democratico fuori dai modelli dogmatici e più aperto ad essere interprete della società italiana.
Con tutti i limiti ed i difetti di un nocchiero che deve fare i conti con i forti marosi che sono rappresentati dalla gravissima situazione economica, dalla scarsa propensione di molti ad accettare le novità dell’agire, soprattutto se sono amare e per puntare ad una  rinnovata fiducia che farà vedere i suoi eventuali frutti molto dilazionati nel tempo.
Per rendere credibile questa azione è necessario non attardarsi lungo il percorso delle ritualità preesistenti in quanto il fattore tempo è determinante per la riuscita o meno dell’azione intrapresa che dovrà portare ad una nuova convivenza civile e ad un nuovo assetto istituzionale quale premessa di nuovo sviluppo e di nuovo posizionamento civile.
Renzi, da segretario del partito democratico e da presidente del consiglio è direttamente impegnato sui due fronti più caldi dell’agire politico e di Governo sapendo che le evoluzioni di entrambi questi soggetti non sono inscindibili fra di loro anche se agiscono su piani diversi.
Ecco perché è forte il dibattito per la gestione interna del partito che, a volte, sembra adombrare quello più reale, complesso e maggiormente sentito dai cittadini che è quello della gestione del governo del Paese e delle difficoltà in cui si trova.
Ma la possibilità di riuscita di un’azione governativa che dia speranze, ed accrediti anche certezze, necessita di un partito che non sia ancorato su posizioni di visione settaria della società, ma che si trasformi da difensore di interessi di parte a produttore di soluzioni agli interessi collettivi dell’intero Paese che la gestione governativa impone.
Ciò anche perché muta la caratteristica del consenso stesso in quanto un partito di governo che vuole essere portatore delle istanze dell’intero Paese, in una situazione di difficoltà economica e di possibili scelte impopolari, necessita di un consenso molto più ampio e credibile di quello racimolato nella difesa delle nicchie sociali sia pure di forte presenza elettorale.
Per questo vi è la necessità di passare, in tempi rapidissimi, da partito di classe a un partito plurale che rappresenti vasti strati di cittadini italiani fuori dagli schemi dogmatici e dalle rendite di posizione.
In questo Renzi è, in parte, agevolato dalla sua scuola politica culturale, così come gran parte della sua nuova classe dirigente, che non lo vede quale portatore della tradizione del vecchio PC, PDS, PD, ma più aperto al nuovo è più propenso a fare riaffiorare la sua cultura di base che è interclassista per avere militato prima in formazioni politiche eredi di questo credo culturale.
Che cosa è la proposta di “partito della nazione” se non quella, riveduta lessicalmente, del partito plurale, interclassista e rappresentante politico della maggioranza dell’articolata società italiana?
Nel momento in cui bisogna remare uniti per raggiungere obiettivi comuni, condivisi da molti protagonisti della società che produce, lavora, crea, si confronta e gestisce il proprio futuro, non può, la politica, arroccarsi su posizioni di retroguardia settari o, peggio, conflittuali in quanto deve tornare, la politica, ad essere punto di riferimento serio e credibile.
Quindi il lavoro sul nuovo partito soggetto politico plurale, credibile ai più che si confronta, sintetizza ed agisce, va di pari passo con il lavoro istituzionale, economico e sociale necessario per riportare nella giusta rotta dello sviluppo la nave Italia.
 Siracusa 27.10. 2014                                                                    Pippo Bufardeci

martedì 21 ottobre 2014



AL COMUNE DI PACHINO, PIU’ SOLDI AL VERDE PUBBLICO CHE PER STRADE E TERRITORIO

Secondo la delibera dell’amministrazione comunale di Pachino approvata dal consiglio comunale in merito alla tassa denominata TASI, il comune dovrebbe incassare 1.323.236,43 euro.
Questa somma verrà utilizzata secondo una tabella di spartizione che l’amministrazione comunale ha allegato alla delibera.
Questa tabella prevede la seguente spesa:
 Per la luce e l’impianto elettrico 658.474.300 euro; per il verde pubblico 520.063.00; Per la manutenzione delle strade e la loro sistemazione 79.950.00 euro; Per l’urbanistica, l’arredo urbano e la gestione del territorio 64.700.00 euro.
Noto quella che a mio avviso sembra una incongruenza che non mi spiego.
Come è possibile prevedere 500 milioni circa per il verde pubblico e soli 79 per le strade e 64 per il territorio?
Va bene che tutti i cittadini sono al verde, ma è così  ampio il verde pubblico a Pachino da giustificare una simile spesa a danno di altri settori più importanti?
Se è vero, come dicono, che il comune di Pachino non ha previsto alcuna agevolazione di diminuzione tasse per i cittadini soprattutto quelli più bisognosi, perché non prevedere meno spesa per il verde pubblico e destinare una parte per diminuire la tassazione?
Spero di essere smentito anche se quella riportata è la tabella ufficiale della delibera così come evidenziato anche da Pachino cam news.


martedì 7 ottobre 2014

I BROGLI ELETTORALI FIGLI DELL’IGNORANZA




Non si è appena conclusa una mini campagna elettorale basata su un ricorso che paventava presunti brogli alle elezioni regionali di due anni fa che un altro ricorso, sulle elezioni comunali di Pachino, pende all’esame del Consiglio di giustizia amministrativa e, sicuramente, non sarà nemmeno l’ultimo.
Anche il comune di Rosolini è commissariato in attesa di votazioni sempre come conseguenza di un ricorso.
Ma questi presunti brogli sono riconducibili solo a Pachino e Rosolini i cui elettori e membri dei seggi elettorali sono individuabili come dediti a delinquere sul piano della democrazia elettiva oppure è un fenomeno più esteso che può avere anche motivazioni strutturali che esulano dalla consapevolezza di commettere reati?
Dico subito che la cosa che mi ha maggiormente portato fastidio in tutta questa vicenda è stata proprio l’immagine negativa che  ha qualificato questi due comuni  nell’immaginario collettivo recandogli nocumento sia sul piano turistico che economico e sociale.
La mia esperienza personale mi porta a dire che i cosiddetti brogli non si possono etichettare come tali perché manca la consapevolezza del dolo da parte di chi li commette in quanto sono semplicemente errori conseguenza dell’ignoranza, dell’impreparazione e mancata conoscenza dell’importanza del servizio che si è chiamati a svolgere in un seggio elettorale.
La normativa introdotta alcuni lustri fa, su iniziativa politica dei radicali, di scegliere i componenti dei seggi elettorali sulla base di un sorteggio non selettivo degli aspiranti scrutatori, ha generato  un livellamento in basso sul piano culturale e ha reso dominante l’ignoranza di coloro che sono chiamati a svolgere detto importante compito, sul piano della conoscenza della normativa e della tecnica elettorale.
La mancata conoscenza della normativa da parte di coloro che sono chiamati a svolgere il ruolo di garanti del rispetto di detta normativa e della salvaguardia della democrazia elettiva genera errori e decisioni che inficiano il concetto stesso di partecipazione e di libera espressione della volontà popolare in quanto i loro errori rendono spesso alterata la libera espressione della volontà popolare nella scelta legittima dei propri rappresentanti.
Ma tutto questo avviene perché manca la preparazione di tante persone che svolgono il compito di scrutatore solo per potere usufruire del compenso economico previsto e sono lasciate in balia di se stesse anche se esistono severe normative, anche di natura penale, per gli errori commessi spesso nella più assoluta buona fede.
Anche lasciando stare il periodo in cui erano i partiti a scegliere i componenti dei seggi elettorali ed a istruirli con appositi corsi, non possiamo non richiamare l’attenzione del legislatore in merito ad una serie di supporti da dare a questi ignoranti del compito cui sono chiamati al fine di evitare brogli e inficiare la corretta espressione della volontà popolare.
Si potrebbe istituire un apposito albo comunale  degli scrutatori dopo la partecipazione a specifici corsi tecnIco – giuridici e sorteggiare da questi albi gli scrutatori.
Anche i presidenti di seggio non dovrebbero essere nominati senza esperienza, solo per il fatto di avere presentato apposita richiesta, ma dovrebbero avere fatto prima esperienza come scrutatori e frequentato appositi corsi per presidenti.
Infine vanno sfoltiti tutti i passaggi burocratici e la complessità della modulistica necessaria per riportare i dati emersi dallo scrutinio limitandosi a riportare in modo chiaro le voci fondamentali.
Va altresì evitato che sia la prima sezione del comune di votazione ad esaminare tutti i verbali degli altri seggi per potere effettuare la proclamazione, ma si passi tutta la documentazione a dei professionisti quali i dipendenti comunali dell’ufficio elettorale che dovrebbero conoscere tutta la relativa normativa in quanto impegnati giornalmente in questo settore.
Avremmo meno improvvisazione, meno incompetenza ed ignoranza, meno brogli e maggiore rispondenza delle decisioni alla normativa vigente ed al concetto di reale rispondenza fra volontà espressa dagli elettori e risultati finali che determinano gli eletti.
Pippo Bufardeci
07/10/2014





lunedì 22 settembre 2014

COSTITUENTE POPOLARE E CENTRO ONDIVAGO






Nel momento in cui Renzi ha chiesto di rimettere, nell’agenda politica, la nuova legge elettorale sono scattate subito le grandi manovre di aggregazione per affrontare eventuali prossime elezioni.

Silvio Berlusconi ha subito riproposto la necessità di ricostituire un’alleanza di centro-destra per ridiventare competitivi sul piano elettorale con la nuova realtà politica che è rappresentata dalla nuova proposta politica elaborata dal Pd di Renzi.


Silvio si muove secondo un vecchio schema a lui caro, ma che sa di minestra riscaldata in quanto fuori dalla realtà politica e senza una proposta di Governo che possa essere alla base della nuova aggregazione.


Per Berlusconi esiste solo un problema matematico che possa mettere assieme tutti coloro che, sommati, possano avere un voto in più degli altri e si riconoscano sotto la sua leadeschip.


Non ha importanza il programma, il tipo di elettorato cui rivolgersi, l’unità di intenti della coalizione o la provenienza culturale. Esiste solo lui e la sua megalomania.


Questo si è dimostrato il tallone di Achille del centro destra che ha portato a grandi proclami e forti coalizioni, ma deboli sul piano della gestione del potere politico e della concretizzazione di misure capaci di rispondere alle esigenze di sviluppo del Paese.


Gli unici partiti che cercavano di portare un contributo culturale nella proposta di gestione della cosa pubblica erano i cosiddetti partiti intermedi tipo Alleanza Nazionale e UDC in quanto provenienti da una storia che basava la sua azione politica su basi culturali di visione del progetto strategico di gestione della cosa pubblica e non su effetti solo numerici e ragionieristici.


Però il tipo di legge elettorale e la paura di scomparire nella lotta elettoralmente titanica fra il centro destra ed il centro sinistra li ha spinti sempre più ad assuefarsi alle direttive berlusconiane che alla proposta politica complessiva.


Addirittura Alleanza Nazionale è implosa e si è amalgamata con il berlusconismo formando un unico partito.


L’UDC, post patto del predellino, ha avuto un sussulto di dignità politica e di identità alle elezioni politiche  abbandonando Berlusconi e correndo da solo.


 Gli elettori lo hanno premiato facendogli superare la soglia di sbarramento e facendogli svolgere il ruolo di partito capace di aggregare gli elettori che non si rivedevano nei due schieramenti numerici, ma cercavano un soggetto politico di contenuti e di proposta.


Ma sono stati commessi alcuni gravi errori di strategia politica.

Primo fra tutti l’immedesimarsi con il Governo Monti senza alcuna posizione critica ;


 Poi accettando la convergenza e quasi lo scioglimento nell’amorfa proposta di Lista Civica fra tanti dilettanti della politica che volevano cambiare il mondo mal sopportando la presenza di quanti avevano già svolto il loro impegno in partiti preesistenti;


 Infine, cosa più grave, l’avere chiaramente elaborato e proposto una nuova strategia che si basava sull’incontro con Berlusconi per ricostituire il centro – destra.


E’ chiaro che si sarebbe verificato uno sbandamento dell’elettorato che votando UDC aveva scelto di essere distante da Berlusconi, distante dalla sinistra estrema e propenso ad un tipo di politica partecipata e non cooptata.


Il risultato è stato lo sfaldamento dell’UDC agevolato anche da un gruppo dirigente raccogliticcio e privo di visione politica.


Lo stesso errore, ma anche più vistoso, lo sta commettendo il Nuovo Centro Destra cui manca una propria strategia politica in quanto, mentre raccoglieva proseliti con una posizione di distanza da Berlusconi, dichiarava che la propria strategia futura sarebbe stata caratterizzata da un nuovo rapporto con Berlusconi e la costituzione dello schieramento di centro destra in alternativa al partito del presidente del Consiglio.


Ma allora perché adesso continuate a stare con Renzi?


E' come dire che adesso contribuite a fate le cose utili per il Paese e, dopo averle fatte,le rinnegherete in campagna elettorale perché sarete alleati con chi ha confutato il lavoro svolto dal 

Governo di cui avete fatto parte?

E quale credibilità questi partiti possono avere nei confronti dei loro potenziali elettori?


Già i risultati delle politiche ed i cambiamenti dei flussi elettorali, non più statici, hanno bocciato la strategia di Nuovo Centro Destra ed UDC non dando i consensi che si aspettavano e votando le proposte renziane che superano il loro stesso partito e lo collocano in un’area politica più consona alle attese ed alle aspettative della maggioranza degli italiani.


Secondo me sia l’UDC che il Nuovo Centro Destra dovrebbero capitalizzare il lavoro importante che stanno svolgendo come alleati del Governo Renzi e prospettare una futura collaborazione attraverso una alleanza elettorale che dia, a questa maggioranza, i meriti dell'azione di Governo e li confronti con l'elettorato.


Se così non avverrà, a mio avviso, questi partiti vedranno ulteriormente diminuire i consensi, in quanto il proprio elettorato si vedrebbe rappresentato dalle proposte renziane, e permetteranno a Renzi di vincere da solo.


22 Settembre 2014                                          Pippo Bufardeci







domenica 24 agosto 2014



A PACHINO ELEZIONI RIPETUTE IL 5 OTTOBRE

Dopo una serie di tira e molla, di ricorsi e controricorsi, è stato emanato il decreto che da al prefetto di Siracusa il potere di curare la parziale tornata elettorale per ripetere le elezioni regionali in sei sezioni di Pachino e in tre di Rosolini.
Gli elettori dei seggi individuati come luogo ove si sono commessi brogli elettorali, reali per alcuni ricorrenti e presunti per altri, saranno perciò chiamati a rivotare ex novo.
Quindi non importa per chi hanno votato precedentemente o per chi non hanno votato perché tutto ricomincia e tutto può accadere.
E’ come se si ripetesse una partita del campionato di calcio, per lo scudetto o per la retrocessione, sapendo già il risultato delle altre gare.
Ecco perché questa parziale ripetizione del voto potrebbe in parte cambiare la rappresentanza parlamentare sia per alcuni partiti che per qualche candidato già eletto o non eletto all’interno di un partito.
Se escludiamo quei partiti e quei candidati eletti per cui queste elezioni parziali sono ininfluenti per la loro riconferma in quanto, anche se non dovessero prendere alcun voto, non cambierebbe niente tranne solo il fastidio di partecipare ad una elezione insignificante, vediamo che questa nuova mini tornata potrebbe riguardare solo due situazioni.
La prima la rimessa in discussione di due seggi già assegnati che vedrebbero tre concorrenti in lizza per ottenerli e la seconda situazione è circoscritta all’interno del partito democratico.
La passata tornata elettorale ha assegnato gli ultimi due seggi disponibili al notaio Coltraro della lista Crocetta ed al deputato uscente Pippo Gianni.
Il primo seggio non assegnato, per una manciata di voti, vedeva interessato l’altro deputato uscente Pippo Gennuso che si è fatto subito promotore di un ricorso il cui epilogo finale sta nella ripetizione della votazione nei seggi che avrebbero commesso brogli elettorali.
La situazione attuale degli schieramenti politici ed elettorali in queste sezioni vede, ad avviso di parecchi osservatori politici, un rapporto di forza tale per cui Gennuso potrebbe riscuotere i consensi necessari per fare scattare il seggio al suo partito rientrando a Sala d’Ercole, così come Pippo Gianni, mentre Coltraro, avendo perduto gruppi politici e consensi elettorali, sarebbe destinato a chiudere la sua avventura da deputato.
Ma quello che si presenta più affascinante politicamente e per le conseguenze che potrebbe avere all’interno del partito democratico è lo scontro fra il deputato Marziano, dalla lunga carriera politica e sindacale ed il renziano Giovanni Cafeo che perse, per circa 160 voti, la prima tornata elettorale.
Rispetto alla prima votazione Giovanni Cafeo sembra più presente e più agguerrito anche perché il gruppo renziano ha avuto numerose adesioni in quanto rappresenta il futuro ed il rinnovamento mentre Marziano, già appesantito dalla lunga militanza nelle istituzioni, è legato ai gruppi dirigenti che Renzi ha sconfitto nelle primarie del PD relegandoli in retroguardia,
Quindi il motivo principe della scelta supererà anche le stesse persone candidate, ma si attesterà su un voto da dare al nuovo ed al rinnovamento renziano rappresentato da Cafeo o confermare la vecchia nomenclatura cui è legato Marziano.
Poiché questa parziale elezione supererà i vincoli di destra e sinistra, di questo o quel partito, ogni elettore sarà libero di scegliere il motivo della propria preferenza e del proprio voto.
Io ritengo affascinante ed importante partecipare con il voto alla scelta interna al PD scegliendo per il rinnovamento e votando Giovanni Cafeo.
Lo stesso consiglio, di votare per Cafeo, mi sto permettendo di darlo anche agli amici che, in questi giorni, mi chiedono lumi su questa nuova parziale fase elettorale e cioè di votare per Giovanni Cafeo  del PD.
Questo voto serve anche per dimostrare alla nuova compagine amministrativa eletta a Pachino con la bandiera del rinnovamento che questa parola non può essere sbandierata in base alla convenienza politica.
Essendo quasi tutti con Marziano, dovrebbero chiarire la grande contraddizione che esisterebbe nel volere essere rinnovatori alle comunali dove erano diretti interessati e conservatori alle regionali dove sarebbero impegnati a votare Marziano che rappresenta la conservazione sia politica che istituzionale.  
Pippo Bufardeci
24.08.2014