giovedì 12 marzo 2015



NON VOGLIAMO I SOLITI PALLIATIVI
Mi sembra superfluo entrare nell’antefatto che sta generando una riflessione in seno al civico consesso della città di Siracusa che dovrebbe portare ad una proposta di diminuzione dei costi del consiglio comunale.
Come tutti purtroppo sappiamo, l’antefatto è disdicevole, mortificante e vergognoso in quanto  ha generato una elargizione di fango sulla città che ci porteremo dietro per parecchi anni.
Più ne parliamo, più ci accorgiamo della puerilità e della povertà di rappresentanza di questa città e del degrado culturale e sociale in cui si trova se facciamo nostro il detto che ognuno ha i rappresentanti che si merita in quanto liberamente eletti dal corpo elettorale siracusano.
Non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio, ma dobbiamo prendere atto che siamo messi male.
Adesso si cerca di correre ai ripari per spazzare via le anomalie e sono convinto che lo si voglia fare con convinzione.
Però quanto trapelato sulle proposte in discussione evidenzia, a mio avviso, una mancanza di volontà di incidenza vera o forse di non sufficiente conoscenza del problema che si vuole affrontare.
Si propone di diminuire del 20% il gettone di presenza dei consiglieri e di diminuire il numero delle commissioni consiliari.
La prima proposta è insufficiente sul piano del risparmio economico anche perché il gettone è di oltre sessanta euro che sono molti relativamente alle spese sostenute da chi si deve muovere in macchina dentro la stessa  città. Si deve perciò aumentare questa percentuale di taglio, ma soprattutto si deve affrontare, senza prenderci in giro, il vero problema dei costi dei consiglieri che partecipano alle sedute e cioè i rimborsi effettuati dal comune ai datori di lavoro dei consiglieri.
Allora bisogna modificare il regolamento e dire che i consiglieri che partecipano alle sedute delle commissioni e del consiglio comunale per i quali già il comune paga la giornata lavorativa al datore di lavoro non devono percepire il gettone di presenza. E’ ovvio che una persona non può percepire la doppia paga per lo stesso periodo di lavoro. Il comune non può pagare due volte la stessa persona per lo stesso periodo di tempo di lavoro.
La seconda proposta che riguarda la diminuzione del numero delle commissioni affronta un falso problema perché lo spreco non riguarda il numero delle commissioni consiliari, ma il numero delle sedute effettuate. Per regolamento ogni consigliere comunale deve fare parte almeno di una commissione per cui non si intacca il numero complessivo delle sedute perché non è previsto alcun limite. Quindi non vi è nessuna sicurezza che diminuiscano le presenze e la relativa spesa.
Un modo serio di affrontare il problema dal punto di vista della cancellazione degli sperperi e degli abusi sarebbe quello di stabilire che le commissioni devono svolgersi solo due giorni a settimana e cioè il martedì e il giovedì durante i quali il comune è aperto l’intera giornata e vi è tutto il tempo per studiare la documentazione necessaria. Non solo, ma si eviterebbe anche l’aggravio di pagare lo straordinario ai dipendenti comunali che svolgono le funzioni di segretari delle commissioni perché il tutto si svolgerebbe negli orari del normale lavoro d’ufficio.
Il comune pagherebbe così solo due giorni ai datori di lavoro in quanto, negli altri, i consiglieri potrebbero andare a lavorare se trattasi di un lavoro vero.
Non mi si venga a dire che la quantità di lavoro necessita di riunioni continue e giornaliere perché non è vero in quanto è vero il contrario e cioè che spesso le commissioni si inventano argomenti inutili da trattare per potersi riunire.
Le riunioni del consiglio comunale, che non si svolgono ogni settimana, ma spesso nemmeno ogni mese, si potrebbero tenere nelle giornate di sabato con notevole vantaggio economico perché molti consiglieri non lavorano il sabato e non si dovrebbe rimborsare la giornata di stipendio al datore di lavoro. Sarebbe un vantaggio anche sul piano democratico in quanto più cittadini, non avendo impegni di lavoro, potrebbero seguire i lavori del consiglio comunale.
L’ultima proposta di non pagare il gettone di presenza in caso di mancanza di numero legale e quindi di non svolgimento dei lavori della commissione, che adesso viene enfatizzata, è come sfondare una porta aperta in quanto è giusto codificarlo, ma sul piano pratico si paga lo stesso il datore di lavoro dei consiglieri presenti i in quanto si allontanano lo stesso dal luogo di lavoro.
Un altro aspetto molto importante ai fini della legalità e del risparmio economico è rappresentato dall’attestazione che viene fatta delle presenze e dalla persona preposta all’attestazione.
Vuol dire che ci deve essere una persona fisica responsabile di accertare le presenze, di trasmetterle all’amministrazione comunale e di segnalarle ai datori di lavoro per gli adempimenti contrattuali. Tutto questo non può essere espletato direttamente dai consiglieri, come a volte avviene, ma deve farlo un dipendente comunale che, da segretario della commissione, è un pubblico ufficiale chiamato, assieme al dirigente responsabile del settore, a rispondere del proprio operato.
Tutte queste proposte sono indispensabili se vogliamo veramente affrontare il problema con senso di responsabilità e con un pizzico di moralità pubblica e privata per non prenderci nuovamente in giro con i soliti palliativi di facciata.
PIPPO BUFARDECI
12/03/2015



giovedì 12 febbraio 2015



NUOVA POLITICA, VECCHIE STRATEGIE

L’evolversi del quadro politico nazionale con la fine del cosiddetto “ patto del Nazareno” sta creando condizioni politiche diverse anche in merito alle possibili maggioranze di Governo e a quelle di prospettiva per eventuali elezioni.
Il centro destra, con la forte virata oppositiva di Silvio Berlusconi, è alla ricerca di una compattazione che lo possa rendere competitivo sul piano elettorale con delle alleanze capaci di assicurare una forte e competitiva percentuale elettorale.
L’errore che continua a commettere Berlusconi è quello di ritenere che tutto debba continuare a ruotare attorno a lui per cui tenta di eliminare le diversità interne, vedi Fitto, con gli ultimatum di accettare la sua linea o andarsene.
Cerca di riportare Alfano in Forza Italia perché ha bisogno di questa costola elettorale.
Vuole addomesticare Salvini e la Lega per essere partner subalterna di Forza Italia.
Non ha capito che i partiti monolitici e personali non hanno più prospettiva di vita politica; che Forza Italia non è più partito egemone del centro destar; che Salvini e la sua Lega non sono più Bossi o il partito che accetta la subalternità nel nome di una vittoria comune; che Alfano prima o poi si accorgerà che l’ambiguità della sua strategia di Governo e di futura opposizione lo porterà all’autodistruzione.
Soprattutto Berlusconi non ha capito che è cambiato il modo di percepire la politica da parte degli elettori in quanto non esistono più le parole d’ordine partitiche che compattavano, ma i flussi elettorali sono più dinamici e meno soggetti alla fedeltà ad una persona o ad un motto elettorale.
Dal canto suo la minoranza del PD è convinta che, rotto il patto Renzi – Berlusconi, possa fare rivedere al segretario tutte le impostazioni di base che hanno caratterizzato le sue recenti proposte di Governo puntando sul fatto che adesso Renzi è più soggetto ai numeri della minoranza rispetto a prima dove poteva contare sul soccorso berlusconiano.
La risposta di Renzi è stata quella di immettere nel PD forze parlamentari a lui più vicine per vincere la partita numerica interna e dettare alla minoranza le sue regole.
Tutti e due le strategie sono a mio avviso sbagliate perché più tattiche che strategiche e quindi di poco respiro.
Infine resta Alfano ed Aria popolare che corre il rischio di essere schiacciata fra i due maggiori schieramenti e rimanere senza alcuna incidenza ed identità.
Se a questo si aggiunge l’errata strategie di essere al Governo preparandosi all’opposizione elettorale se ne deduce che i consensi possono solo diminuire e non aumentare.
A mio avviso l’unica soluzione di quest’aria è quella di caratterizzarsi sul piano di una individuabile e concreta proposta politica che abbia sponda nel Governo e di affrontare la campagna elettorale da sola e con la prospettiva di continuare l’esperienza governativa anche per il futuro condividendo quanto di buono o di negativo l‘alleanza governativa produrrà.
Come può l’elettore considerare credibile chi dice adesso che lavora con Renzi per fare il bene del Paese e poi, in campagna elettorale, essere contro questo lavoro condividendo tesi di rottura come quella berlusconiana o addirittura della Lega?
Quindi,  nella complessità del quadro politico già di per se ingarbugliato, la strategie dell’area alfaniana e popolare in generale rischia di essere la meno credibile e la meno condivisibile.
Sarebbe un peccato se quest’aria continuasse a non alzare la schiena e diventare maggiorenne perché a mio avviso vi è ancora bisogno di una proposta politica e di un gruppo elettorale, anche se minoritario, che proponga soluzioni di moderazione e di buon senso e rappresenti tutti quegli italiani che non si rivedono nelle posizioni conflittuali dei due schieramenti maggiori ed in quelle evanescenti e ridicole dei grillini di ferma ortodossa osservanza.

sabato 7 febbraio 2015

L'ITALICUM COME APPROVATO DAL SENATO



Il Senato della Repubblica ha approvato la nuova legge elettorale per la elezione del parlamento italiano secondo la visione degli accordi fra il premier Renzi, i partiti della sua maggioranza e gli accordi stipulati con Forza Italia.
Dopo questa approvazione la legge ritornerà alla Camera dei Deputati in seconda lettura in quanto al Senato sono state apportate modifiche rispetto al testo approvato precedentemente dalla Camera.
Se in questo ramo del Parlamento non vi saranno ulteriori modifiche, in fase di approvazione,  la legge entrerà definitivamente a far parte del nostro sistema giuridico e regolerà la elezione del nuovo Parlamento.
Se la Camera dei Deputati apporterà ulteriori modifiche essa ritornerà nuovamente al Senato per l’approvazione definitiva.
Se ci dovessero essere le elezioni politiche, prima della definitiva approvazione della nuova legge da parte del Parlamento, queste si svolgerebbero con la legge elettorale esistente emendata con gli interventi della Corte Costituzionale.
COME FUNZIONA LA NUOVA LEGGE:
Essa si basa sulle liste e non sulle coalizioni anche se, per lista, non bisogna necessariamente intendere un solo partito in quanto più partiti potrebbero formare un’unica lista.
CHI VINCE:
la lista che ottiene almeno il 40% dei voti validi                         conquista il premio di maggioranza che le permetterà di avere la maggioranza assoluta dei seggi e quindi dei parlamentari. Se nessuna lista ottiene il 40% si procede al ballottaggio fra le due liste che, sul piano nazionale, abbiano ottenuto le maggiori percentuali. Non sono ammessi, in questa fase, apparentamenti come avviene per la elezione al ballottaggio dei sindaci.
La lista che risulterà vincitrice del secondo turno elettorale otterrà il premio di maggioranza che consiste nel 55% dei seggi al netto degli eletti nelle circoscrizioni estere e nelle province autonome. In termini assoluti si tratta di 340 parlamentari.
SBARRAMENTO:
Per accedere alla spartizione dei seggi rimanenti dopo l’assegnazione del premio di maggioranza, ogni lista dovrà superare il 3% dei voti validi su scala nazionale. L’assegnazione dei seggi complessivi avviene prima a livello nazionale e poi assegnati nei vari collegi.



COLLEGI ELETTORALI E LISTE:
I collegi elettorali saranno 100  ed in ognuno di essi saranno presenti i partiti con le loro liste.
Ogni lista indicherà il capolista che sarà eletto automaticamente se, alla lista corrispondente, verrà assegnato almeno un deputato. Ogni capolista può essere candidato in non più di dieci collegi elettorali diversi.
In ogni lista, pena l’esclusione, ogni genere deve essere rappresentato da almeno il 40% dei componenti la lista stessa.
PREFERENZE:
Gli altri seggi conquistati dalla lista nei collegi verranno assegnati, a scalare, ai candidati più votati che hanno cioè ottenuto le maggiori preferenze.
Le preferenze sono ammesse nel numero massimo di 2.
 La seconda preferenza deve andare ad un candidato di genere diverso rispetto alla prima espressa. Se ciò non avviene si annulla la seconda preferenza.
ENTRATA IN VIGORE:
Per evitare uno strumentale ritorno anticipato alle urne in base alla nuova legge elettorale, si è inserita la clausola che prevede l’entrerà in vigore della legge dal primo luglio del 2016.
SENATO:
Nel tempo che intercorrerà dall’approvazione definitiva della legge elettorale e della sua entrata in funzione, sarà approvata la nuova legge di composizione del Senato che non sarà più elettivo e non avrà più i poteri che detiene attualmente.
( Elaborazione a cura di Pippo Bufardeci per il libro: I SISTEMI ELETTORALI, STRUMENTO DI DEMOCRAZIA)
Siracusa 07/02/2015

mercoledì 4 febbraio 2015



DAL POPULISMO AL POPOLARISMO

In questi giorni di fervore politico – istituzionale che ha visto Sergio Mattarella salire sul più alto scanno della Repubblica, si è molto parlato di politica e sul suo vero significato.
E’ già un buon inizio perché, forse involontariamente,  sia la stampa che le istituzioni ed i partiti con i movimenti vari, hanno messo l’accento sulla vera fonte della crisi istituzionale e  politica che ha attraversato ed ancora impregna la nostra società.
L’assenza della vera politica ha determinato la mancanza di una visione dei problemi rispondente alle reali esigenze dei cittadini e della giusta strategia economica, sociale ed istituzionale per superarla e dominarla.
Tutto questo non poteva non portare che ad un approccio strettamente populista del problema con risposte capaci solo di cavalcare l’umore delle persone piuttosto che la loro razionalità.
L’umore è stato ed è funzionale alla ricerca del consenso mentre la razionalità necessita di un confronto sui problemi reali e sulle soluzioni conducenti.
Naturalmente è stato più facile nascondere l’assenza delle risposte serie ai problemi e l’incapacità culturale delle elaborazioni su basi prospettiche e sostanziali della crescita di una nazione creando un movimento di elucubrazione dei problemi piuttosto che una presa di coscienza della realtà in cui ci siamo trovati.
Con le mancate risposte si è anche nascosta la mancanza di una cultura politica che è la precondizione necessaria affinchè un politico sia tale nel partito,nelle istituzionale e nel sociale e non resti sempre un semplice galoppino elettorale anche se arriva a sedersi su posti di grande responsabilità.
La mancanza di una cultura politica che si richiama ad un progetto di società condiviso e conducente per gli obiettivi di sviluppo ha caratterizzato l’azione dei politici della nuova Repubblica che ed ha impregnato gli ultimi decenni della vita politica italiana.
Questa stessa mancanza ha prodotto una esasperazione leaderistica della politica con una sostanziale scelta fideistica rispetto al capo senza una autonomia di pensiero e di critica da parte dei seguaci per cui il credo politico – culturale si è confuso con l’omaggio al capo e con l’amplificazione ossessiva di tutte le sue baggianate.
Il dato ancora più negativo, nel nostro sistema, è stato che questo modo di intendere l’azione politica, non è stato appannaggio di una singola forza magari emarginata, ma ha pervaso tutto lo schieramento politico italiano.
Ciò ha prodotto un sistema in cui gli interessi politico - strategici dei vari leader sono stati primari rispetto alla necessità di avere una aggregazione di politici tenuti assieme da una comune visione culturale e politica in base alla quale si sarebbero dovuti elaborare soluzioni ai problemi.
La prima Repubblica aveva sempre respinto l’idea leaderistica della politica anche quando ci si trovava di fronte a leader carismatici perché era predominante il senso di appartenenza ad un progetto di elaborazioni politiche aggreganti rispetto alla simpatia o alla forza persuasiva o economica del capo.
Tutto questo ha portato, in virtù della inclusività di questo modo di intendere l’agire politico, alla formazione di classi dirigenti non dipendenti dal leader e capaci di sopravvivere allo stesso perché autonomi nel pensiero e nell’azione.
Non è un caso se, nei momenti di maggiore difficoltà istituzionale, non si trovano punti di riferimento idonei fra i rappresentanti della cosiddetta seconda Repubblica e si deve sempre ricorrere a chi ha vissuto l’agire politico formandosi sulla cultura politico – istituzionale delle famiglie socialiste e cattolico – democristiane che, non a caso, ancora in Europa rappresentano la politica attuale.
La elezione di Mattarella a presidente della Repubblica testimonia che ancora non tutto è perduto nello scivolamento verso la deriva populistica inconcludente ed evanescente, ma si può ridiventare attori del nostro destino e delle tematiche politiche ed istituzionali ricominciando ad agire secondo visioni culturali e progetti univoci capaci di aggregare cittadini e di prospettare tesi comuni.
In questo nuovo contesto emerge tutta la forza prospettica, oltre che storica, del popolarismo come derivazione politica della dottrina sociale cristiana che rimane una pietra miliare nella vita sociale, economica e culturale del nostro tempo.
Quindi adesso, anche con la rivisitazione di quanto di buono emerge dal revisionismo della dottrina socialista così come si è evoluta negli ultimi decenni, sarà più facile abbandonare l’inutile populismo per rispondere alle esigenze dei cittadini ed al loro futuro con i cardini essenziali del popolarismo e delle culture che valorizzano la democrazia e la partecipazione intese come unioni di soggetti liberi ed aggregati su visini condivise e non sulla assuefazione alle parole chiave del leader o su impulsi effimeri ed umorali. 
04/02/ 2015                                                                                                       Pippo Bufardeci

venerdì 30 gennaio 2015



LE ILLUSIONI E GLI ERRORI DEL NAZARENO

La elezione del nuovo Capo dello Stato ha, nel suo iter introduttivo, imboccato una strada politica che sarà destinata a riposizionare gli schieramenti in campo.
La scelta di Renzi, sia sul nome che sulla strategia, ha spiazzato quanti credevano che il quadro politico e delle alleanze fuoruscito dall’accordo del Nazareno fosse immutabile e predestinato sul piano della prospettiva politica.
Allo stesso modo le alleanze di Governo erano sembrate ancorate agli scenari statici del loro momento realizzativo e capaci di permettere qualsiasi divagazione senza che ciò portasse a conseguenze.
Sulla prima direttrice politica non vi è dubbio che Berlusconi abbia puntato la sua sopravvivenza e quella di Forza Italia che, in attesa di una riproposizione non osteggiata dai problemi giudiziari del leader, avesse permesso una nuova rivitalizzazione dell’asfittica proposta politica del centro destra.
L’errore che ha fatto Berlusconi è stato quello di strumentalizzare, come nel passato, le occasioni istituzionali per i suoi fini personali.
Difatti, se è vero che le regole della gestione delle istituzioni si scrivono con la più ampia convergenza possibile perché sono per tutti e non di parte, è altrettanto vero che la contrapposizione politica e la differente proposta programmatica rimangono intatte così come la sfida separata per proporla agli elettori e per renderla vittoriosa.
La presunzione di Berlusconi è stata quella di pensare che si andasse verso un annacquamento delle differenze e quindi verso una sua agibilità politica che lo avrebbe incastonato nel ruolo del leader super partes e almeno cogestore della nuova intelaiatura istituzionale.
Non ha capito che, in un Paese ancora fortemente conflittuale e politicamente contrapposto avendo egli stesso contribuito a renderlo tale per lucrare elettoralmente, non possono esistere le condizioni per un  max consociativismo partitico o istituzionale.
Altro aspetto che ha sottovalutato è quello della fronda interna che non va considerata, come ha fatto, formata da discoli in libera uscita che avrebbe richiamato al dovere o ricattato con l’esclusione dalle liste. Essa è portatrice anche di una visione politica e strategica diversa e contrapposta alla gestione del partito e della strategia istituzionale portata avanti dalla cerchia di assenzienti al capo carismatico.
Forza Italia si sta trasformando, nella concezione dei molti che sono rappresentati da Fitto, in un partito che guarda al proprio divenire politico e strategico senza la concezione patriarcale del fondatore il quale, incapsulato nella sua vecchia visione, non se ne rende conto.
Altro errore di Berlusconi è stato quello di non capire che il proprio elettorato non è più fideistico alla sua persona, ma si è guardato attorno ed ha trovato più attrazione e più sensibilità verso le problematiche quotidiane del vivere, del lavoro, delle difficoltà economiche, piuttosto che nell’immagine estetizzata  del capopopolo o delle promesse messianiche senza incidenza sul vivere quotidiano.
E’ risultata quindi poco credibile e poco capibile la strategia di connivenza e di opposizione all’avversario politico rappresentato dal PD e da Renzi.
Il tutto inserito in un quadro variegato e instabile di flussi elettorali che non si muovono all’interno dei partiti o delle coalizioni, ma superano questi steccati e si orientano in base alla proposta politica momentanea o alla percezione del momento.
Infine l’illusione di avere sempre il pallino del gioco ha portato Berlusconi a confondere la scrittura delle regole, che devono essere comuni, con la scelta dei gestori protagonisti che, rappresentando diversità, non possono diventare consociativi o subordinati al placet di tutti.
La persona del Presidente della Repubblica, per l’alto ruolo istituzionale che deve svolgere, non può essere oggetto di veti incrociati, di lotteria politica, di interessi da tutelare o di accondiscendenze.
Egli va proposto dallo schieramento politico che maggiormente può sostenerlo per assicurargli l’elezione in quanto ha il diritto dovere di farlo, così come gli altri schieramenti hanno lo stesso diritto dovere di contrapporlo, non votarlo o convergere se riconosciuto capace di svolgere il ruolo importante cui sarà chiamato.
Non vi sono  quindi correlazioni con qualsiasi precedenti attività istituzionali o legislative e convergenze per cui si è abilitati a chiedere le eventuali compensazioni.
Se Berlusconi continuerà a rimanere ingabbiato nelle sue convinzioni obsolete di intendere la politica come se niente fosse successo in questi ultimi anni sarà destinato, nel migliore dei casi, a fare la fine politica del suo amico Bossi.
Siracusa 30/01/2015                                                                                           Pippo Bufardeci