giovedì 20 febbraio 2014

PER LE REGIONALI SI VOTA IN NOVE SEZIONI, MA COINVOLGE TUTTA LA POLITICA SIRACUSANA




Dopo avere trattato, nell’ultimo mio post, i vari aspetti della recente sentenza del consiglio di giustizia amministrativa in merito alla ripetizione delle elezioni regionali in 9 sezioni nei comuni di Pachino e Rosolini, esaminiamo adesso  le conseguenze sui deputati già eletti.
Innanzitutto dobbiamo evidenziare che vi sono tre aspetti fondamentali.
Un aspetto riguarda il motivo per cui è nato il ricorso e la sentenza relativa ottenuta dal ricorrente Pippo Gennuso e cioè il contenzioso fra lo stesso Gennuso e Pippo Gianni.
Un secondo motivo riguarda gli effetti che la nuova parziale elezione potrebbe avere all’interno di un altro partito e cioè il PD dove, fra il candidato eletto, Marziano ed il primo dei non eletti, Cafeo, vi è una differenza di voti di circa 290.
Questa differenza potrebbe essere colmata dal nuovo pronunciamento degli elettori dei partiti i cui deputati eletti non corrono alcun pericolo anche se non otterranno voti nelle sezioni di nuova elezione.
 Ciò perché il loro partito ha una cifra elettorale consolidata che lo mette al riparo da nuovi flussi elettorali anche negativi e perché l’eletto in quel partito ha un margine di vantaggio incolmabile rispetto al primo dei non eletti.
L’unico partito che non ha questa tranquillità è quello che fa capo al presidente della regione Crocetta che, nella provincia di Siracusa, potrebbe non avere riconfermato il deputato uscente in quanto l’assegnazione del deputato eletto è stata ottenuta per una manciata di voti.
Ciò perché, soprattutto nel comune di Pachino, ma anche in quello di Rosolini, sono cambiate le posizioni politiche di molti gruppi che alle passate regionali hanno votato per Crocetta e potrebbero fare mancare i voti necessari per raggiungere nuovamente  il quoziente.
Un aspetto non secondario nel determinare i nuovi flussi elettorali è rappresentato dalle alleanze e dagli attriti che si stanno sviluppando in vista del posizionamento per le prossime elezioni comunali che si svolgeranno in primavera a Pachino.
Quindi il quadro del coinvolgimento si allarga e passa da quello iniziale di Gennuso e Gianni alla nuova realtà che si amplia con Marziano – Cafeo e con la lista Crocetta che potrebbe perdere il seggio ed il deputato Coltraro.
Ecco perché è iniziata una grande lotta che metterà a dura prova non solo i gruppi e le forze politiche, ma anche gli elettori che, loro malgrado, saranno coinvolti in questo gioco del potere interno ai partiti.
Non vi è dubbio che la partita più importante si gioca all’interno del PD ove la eventuale sconfitta di Marziano e la conseguente elezione di Cafeo riscriverebbero i rapporti di forza fra i vari gruppi permettendo ai renziani di avere una loro rappresentanza parlamentare in seno all’assemblea regionale con tutte le relative conseguenze politiche.
Si inizia quindi con nove sezioni, ma la battaglia sarà globale e non sarà lasciato nulla di intentato per ottenere un’affermazione che vale molto di più di nove sezioni che torneranno a votare e di una sentenza più o meno discutibile del consiglio di giustizia amministrativa.

domenica 16 febbraio 2014

ELEZIONI REGIONAL FRA RICORSI, PRESUNTI BROGLI E SENTENZE SU PRESUNTA RAGIONE





Agli elettori siciliani, e per alcuni in particolare di Pachino e Rosolini, si potrebbe prospettare un ingorgo elettorale forse mai verificatesi prima.
Innanzitutto vi saranno le elezioni europee.
Poi, per sei sezioni di Pachino e tre di Rosolini, un’appendice di elezioni regionali.
Probabili elezioni provinciali se la regione Sicilia non approverà la legge di abolizione delle province e quella relativa alla nuova struttura istituzionale.
 Ciò anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale l’abrogazione delle province fatta dal Governo nazionale tramite decreto legge e che ha già avuto l’effetto di rinvigorire, nell’assemblea regionale, le forze che ritengono fortemente impregnato di incostituzionalità il percorso legislativo che sta portando alla eliminazione delle province anche in Sicilia.
Gli elettori di Pachino, così come quelli di altri comuni siciliani, voteranno anche per il rinnovo dei rispettivi sindaci e consigli comunali.
Una vera e propria babele di schede e di consensi da attribuire.
Ciò senza considerare le pressioni legittime  e non cui potrebbero essere sottoposti gli elettori da parte dei vari pretendenti candidati.
E’ vero che, in democrazia, più si vota meglio è, ma quello che diventa incomprensibile è l’abuso del voto stesso soprattutto quando questo esercizio democratico sembra stravolgere tutto il sistema senza una logica apparente.
Ferme restanti le altre elezioni che rientrano nella norma ed il cui ingorgo può essere evitato con una differenziazione delle date di svolgimento, vorremmo soffermarci sullo scampolo di elezioni regionali in quelle sezioni di Pachino e Rosolini dove gli elettori dovranno nuovamente recarsi alle urne.
Si tratta di una coda delle più ampie elezioni regionali che si sono svolte oltre un anno fa e che hanno visto la presentazione di un ricorso da parte di un candidato, nel caso specifico il rosolinese Pippo Gennuso, che ha chiesto un ricontrollo delle schede vista la differenza di pochi voti fra la sua elezione e quella del concorrente più prossimo Pippo Gianni.
In democrazia si vince anche per un solo voto di scarto, ma è legittimo il ricorso da parte di qualsiasi concorrente si senta defraudato di un proprio diritto.
Il candidato non eletto Pippo Gennuso presenta un ricorso adducendo presunte irregolarità a suo svantaggio in sei sezioni del comune di Pachino ed in tre di quello di Rosolini.
Come da prassi il consiglio di giustizia amministrativa chiede, alle competenti autorità che ne detengono la custodia, le schede  di votazione delle sezioni interessate per effettuare la relativa verifica.
Il colpo di scena sta nel fatto che , dopo un assurdo travaglio di tempi ed adempimenti, si scopre che le schede non sono più utilizzabili come presunta prova dell’eventuale imbroglio in quanto andate perse o materialmente inutilizzabili sicuramente per dolo.
A questo punto il consiglio di giustizia amministrativa emette sentenza sulla base che, il presunto imbroglio a sfavore di un candidato, così come supposto da Pippo Gennuso, si sia veramente formalizzato, ma senza che esista una prova a corredo.
Difatti non è detto che le schede inutilizzabili avrebbero confermato quanto presunto dal ricorrente in quanto, come spesso succede, avrebbero anche potuto confermare la regolarità del risultato che vedeva soccombente il ricorrente Gennuso.
Noi non possiamo quindi sapere, con prove certe, chi abbia torto o ragione.
Eppure viene emessa una sentenza che da ragione al ricorrente.
Come cittadini rimaniamo esterrefatti nel constatare l’impossibilità della giustizia di dirci con certezza se ci siano state irregolarità o meno nello svolgimento delle  operazioni di voto.
Qualsiasi candidato e qualsiasi cittadino ha diritto ad avere tale certezza, ma nello stesso tempo non si può cambiare un risultato ufficiale senza che vi siano le prove certe che possano determinare tale cambiamento, ma  soltanto le presunte deduzioni di un candidato che, in quanto parte, è interessato a sostenere una tesi che comunque deve essere supportata da prove e riscontri obiettivi.
Con questa situazione si ha la sensazione che chiunque può presentare ricorso e chiunque può far scomparire le prove in quanto ritenute secondarie rispetto a qualsiasi decisione.
Ciò anche in assenza, in  base alle nostre conoscenze, di qualsiasi provvedimento nei confronti di chi ha la responsabilità di avere reso inutilizzabili le prove e di chi avrebbe eventualmente operato i brogli elettorali nel caso fossero state appurate con certezza.
Vi sono poi le conseguenze, anch’esse gravi, che una elezione parziale, può avere nel contesto complessivo delle operazioni di voto, dei candidati eletti e non eletti, dei partiti che hanno ottenuto o meno dei seggi e sugli elettori dei seggi interessati così come degli altri che hanno espresso il loro voto e non sanno se anche nei loro seggi siano stati commessi brogli oppure no.
Questo aspetto lo tratteremo in un prossimo articolo in quanto daremmo a questo un’ampiezza non consona ad un blog.
Pippo Bufardeci
16.02.2014-

lunedì 3 febbraio 2014



SE CASINI VA CON ALFANO I POPOLARI POTRANNO DIRE LA LORO

L’intervista rilasciata  da Pier Ferdinando Casini, in merito alla fine della melassa centrista, ha un’enorme importanza storica ed è destinata ad aprire nuovi scenari nella politica italiana.
Facendo un passo indietro ricordiamo che, dopo la famosa dichiarazione di Berlusconi, passata alla storia sotto il nome del pretellino, Casini ed i suoi abbandonarono lo schieramento del centro destra e scommisero sulla possibilità di creare, in Italia, un terzo polo centrista di ispirazione popolare, che evidenziasse  l’incongruenza di un bipolarismo anomalo nel sistema politico italiano.
Sia pure con una percentuale  fra il 5 ed il 6, l’UDC riuscì ad essere presente nel parlamento italiano con un proprio gruppo parlamentare e con una buona dose di visibilità.
Fu una scommessa vinta e, posso testimoniarlo  per essere stato presente, Casini tirò un forte sospiro di sollievo e scaricò la tensione accumulata raccontando, ai pochi amici presenti, i dubbi e le preoccupazioni che lo avevano assalito prima delle votazioni e che non aveva potuto esternare.
Gli anni trascorsi non hanno però portato ad una presenza del partito numericamente consistente, se non in alcune regioni, ed hanno visto spesso parecchi esponenti accettare la corte delle forze politiche maggiori che potevano dare ciò che Casini ed i suoi non potevano.
L’UDC ha condotto una battaglia seria sia al centro destra berlusconiano sia al centrosinistra ed è stato per molti anni all’opposizione rinunciando ad offerte di Governo perché voleva portare avanti un discorso basato sulla serietà della proposta politica e sulla sua presenza culturalmente identitaria.
L’avvento del Governo presieduto da Monti e tutto quanto si stava aggregando attorno all’ex professore aveva dato l’impressione che si potesse costituire una forte forza politica di centro per rappresentare un terzo polo forte e credibile.
Ma vi erano troppe prime donne nei vari schieramenti centristi che, con la scusa di cambiare la politica volevano, in realtà, sostituirsi ad essa e prendere il posto dei dirigenti preesistenti.
Lo stesso Monti, prendendoci gusto, ritenne di essere diventato bravo anche come politico facendo strategie a dir poco dilettantistiche.
L’errore di Casini e del gruppo dirigente dell’UDC è stato quello di non capire che, confluendo nel calderone generale messo in moto dall’entourage di Monti, avrebbero perduto la loro identità e la loro forza.
Questo in un momento in cui, sia la PDL che il PD, abbandonavano Monti per ricrearsi una loro verginità elettorale dopo essere stati i maggiori sostenitori e gli artefici delle difficoltà italiane.
Lo slogan “ con Monti dopo Monti” e l’avere eliminato il simbolo UDC dalla scheda elettorale alla Camera è stato poi l’errore fatale.
Adesso, dopo il distinguo dalla melassa centrista che si era formata in Parlamento e dopo la presenza terzaforzista di Grillo pur materializzando l’assenza del bipolarismo in Italia come sostenuto da Casini, la riflessione politica ha portato ad una ricollocazione di Casini stesso e sicuramente anche dell’UDC con il prossimo congresso nazionale già convocato.
Il centrodestra, è stato dichiarato, è la naturale riva d’approdo dei centristi dell’UDC.
Ciò è stato possibile perché, nel frattempo, il coraggio di Alfano e dei suoi ha sparigliato lo schieramento del centro destra che non ha più in Berlusconi il leader assoluto.
Adesso però si giocherà la partita all’interno della eventuale coalizione di centro destra ed il riequilibrio non potrà avvenire senza una fusione vera fra l’UDC di Casini ed il Nuovo Centro destra di Alfano.
Non servono due piccoli partiti, ma un partito che dia, anche nei numeri, la speranza che possa crescere ed essere determinante.
Solo così potrà aggregare gli scontenti, coloro che vogliono una nuova politica e coloro che non si rivedono più nei due partiti maggiori e nell’inconcludenza grillina.
Le prossime elezioni europee saranno il vero banco di prova per capire se gli elettori credono in questa nuova scommessa e se potranno sperare di coagulare una nuova forza capace di essere credibile, seria, rinnovata e propositiva nell’interesse dei cittadini e del Paese.
Pippo Bufardeci
03.02.2014

venerdì 31 gennaio 2014



CHIUDERE IL BAR DELLA POLITICA PER APRIRE LE SCUOLE DELLA CULTURA


Ieri sera,  presso l’aula del Consiglio comunale di Siracusa, si è svolto un incontro teso a sensibilizzare i cittadini sulla necessità che la nuova legge elettorale possa includere le preferenze quali espressione della democrazia partecipata.
L’incontro, organizzato dai consiglieri comunali Pappalardo e Firenze, concludeva la fase del digiuno che gli stessi hanno attuato per giorni in favore del ripristino delle preferenze.
Ad introdurre i lavori sono stato io stesso con un breve excursus sui sistemi elettorali e Dario Genovese sulla partecipazione diretta dei cittadini.
Un tema di così vasta portata non poteva esaurirsi nell’arco di tempo di 10/15 minuti dell’intervento, ma necessitava di una maggiore possibilità di esposizione e di un auditorio più introdotto al tema stesso.
L’impressione che ho avuto è che ormai la gente non segue nessun tema se non quello che ha nella propria testa e gli incontri sono solo un pretesto per poter dire quello che si vuole.
Pur partendo tutti da una breve introduzione su quello che doveva essere il tema si finiva sempre per trattare altri argomenti estemporanei e contradditori perché, a mio avviso, era forte la voglia di dire qualcosa.
I partecipanti, anche se scusati dal posto non facilmente raggiungibile e dal tempo non molto accattivante erano di gran lunga inferiori all’importanza del tema stesso.
Mancavano soprattutto i rappresentanti politici e delle istituzioni che avrebbero potuto raccogliere gli spunti del dibattito per inserirli nel contesto della loro azione politica.
Ecco così che ognuno ha parlato del problema che gli stata più a cuore magari dicendo tutto ed il contrario di tutto e citando aspetti dei sistemi elettorali, soprattutto stranieri, da fare accapponare la pelle.
Così come il consigliere, il giornalista, un tecnico del governo regionale, un assessore, un vecchio politico, un rappresentante di movimenti ed altri, hanno parlato di ciò che gli interessava e basta.
Un bel bar della politica.
Ho anche notato che, da un po’ di tempo a questa parte, si fanno citazioni di politici della vecchia repubblica, va molto di moda  Aldo Moro, senza che si conosce effettivamente il pensiero politico del personaggio.
Ma al tempo degli spot pubblicitari e della mancanza di un progetto politico strategico di aggregazione e di divisione, tutto fa brodo.
Che cosa ne  deduce:
Che la gente non è abituata a discutere in quanto non ha momenti di aggregazione politica nelle opportune sedi partitiche.
Che ogni occasione è utile per liberarsi di ciò che cova dentro di se in modo confusionario ripetendo gli slogan televisivi dei partiti o dei giornali e non mette niente di se.
Che bisogna ripartire da una nuova cultura politica perché non è possibile che la Democrazia abbia solo le vesti dell’efficienza e della stabilità.
Non possiamo dar vita ad un corpo senz’anima che possa fare a meno della strategia politica basata su un progetto culturale e da una visione della società alla cui realizzazione bisogna lavorare perché se è vero che non esistono più le ideologie del secolo scorso, è anche vero che una cultura politica non può non essere alla base dell’agire politico.
Di positivo vi è  il serio tentativo di due consiglieri di aggregare consensi su un tema importante della partecipazione democratica che sono le preferenze, non tanto come fatto tecnico – elettorale, ma come strumento per operare la scelta dei cittadini  in modo democratico e partecipato.
Pippo Bufardeci
Siracusa 31.01.201

domenica 26 gennaio 2014

IN LIBRERIA O PRESSO L'EDITORE MORRONE DI SIRACUSA


venerdì 24 gennaio 2014

NUOVA LEGGE ELETTORALE, NON TUTTO E’ ANCORA RISOLTO





La legge elettorale, proposta dal trio Renzi, Berlusconi ed Alfano, sta lentamente iniziando il suo percorso parlamentare passando attraverso  l’esame delle commissioni parlamentari affari costituzionali e preparandosi ad affrontare tutta una serie di emendamenti già annunciati da molti partiti e gruppi parlamentari.
Si tratta ancora di una legge che non raccoglie i consensi politici dei partiti così detti minori e suscita perplessità relativamente al concetto della scelta dei parlamentari attraverso l’unico modo democraticamente possibile che è quello delle preferenze.
Sul piano politico si evidenzia che non è stato digerito l’accordo Renzi – Berlusconi soprattutto per la filosofia che ha ispirato inizialmente i due protagonisti che era tesa ad eliminare i piccoli partiti e portarci dal bipolarismo al bipartitismo.
Difatti l’applicazione pedissequa della normativa spagnola avrebbe portato a questo.
Come si sa il sistema spagnolo prevede piccoli collegi elettorali con candidati che si sfidano per un solo seggio disponibile assegnato a chi vince. Chi perde non ha la possibilità, come partito, di recuperare i voti a livello nazionale perché ciò non è consentito.
Quindi si può creare il caso di una terza forza, anche consistente  sul piano complessivo che, non vincendo in nessun collegio elettorale non prende nessun deputato.
Per assurdo può succedere che anche il secondo partito, risultando tale in tutti i collegi, non può avere alcuna rappresentanza parlamentare magari ottenendo un distacco minimo sul piano complessivo dei voti a livello nazionale.
Dobbiamo dare atto che, con l’inserimento di Alfano nella trattativa sulla legge elettorale, sono stati inseriti correttivi importanti anche se non ancora del tutto sufficienti.
L’avere inserito il ballottaggio di coalizione ha permesso di uscire dal concetto bipartitico per inserire quello delle bi-coalizioni che obbligano i partiti maggiori ad allearsi con altri schieramenti e quindi a salvaguardare la presenza di questi partiti che sarebbero stati esclusi dalla prima stesura del testo.
Ciò avviene attraverso la diminuzione della soglia di sbarramento dall’8 al 5 % se coalizzati.
Queste due quote non sono di per sé basse per cui determinano, nella situazione attuale di frammentazione del quadro politico, l’esclusione di quasi tutti i piccoli partiti se non si coalizzano fra loro secondo le proprie affinità politiche.
Sono difatti in corso proposte per abbassare queste due quote di sbarramento.
Ma resta sempre in piedi il nodo della scelta diretta dei deputati da parte  dei cittadini elettori.
Lo stesso Alfano, pur accettando la proposta di legge elettorale nel suo complesso, ha dichiarato che si riserva di presentare emendamenti parlamentari tesi all’introduzione delle preferenze.
La stessa cosa hanno incominciato già a fare quasi tutti gli altri partiti presentando propri emendamenti in fase di esame presso le commissioni affari costituzionali.
Secondo me vi è un aspetto poco evidenziato relativo all’assenza delle preferenze.
E’ vero che la Corte costituzionale, rimanendo nel vago, ha detto che non è accettabile un parlamento di nominati, ma non ha detto chiaramente come orientarsi.
A mio avviso doveva chiaramente dire che la scelta del parlamentare, o di gran parte di loro, è un fatto costituzionalmente irrinunciabile anche perché crea elementi ulteriori di incostituzionalità il diverso trattamento giuridico fra candidati della stessa lista che partecipano alla stessa competizione.
Difatti i candidati di una lista, che sono messi in una posizione che non può assicurare la elezione rispetto a quelli che stanno nei primi posti, non possono concorrere con la stessa possibilità degli altri di essere eletti.
Ragione per cui, a mio avviso, viene loro leso il diritto costituzionale dei cittadini di essere uguali difronte alla legge e, nel caso specifico, alla legge elettorale.
Se dovessi fare una proposta riterrei conducente quella che si usa per la scelta degli assessori nelle giunte comunali dove la metà degli assessori viene  scelta fra i consiglieri eletti e metà fra cittadini non eletti.
Quindi metà  candidati, nella stessa lista, dovrebbero essere eletti con le preferenze e metà secondo l’ordine di presentazione nella lista stessa.
Non mi soffermo come arrivarci sul piano tecnico, ma l’idea potrebbe risolvere i problemi di rappresentanza importanti che hanno sollevato tutti i partiti minori, ma anche il presidente del Consiglio.
Infine ricordo a chi, politico o non, vuole approfondire la conoscenza tecnico – giuridica dei sistemi elettorali dall’europeo al comunale,  che in libreria può trovare il mio nuovo libro sui sistemi elettorali. 

Pippo Bufardeci
24.01.2014