sabato 19 dicembre 2009

" DIMEZZIAMO L'INDENNITA' "I costi della politica non sono determinanti nella situazione debitoria dei comuni, ne intaccano però l'aspetto morale

Ancora una volta la scure dei tagli effettuati nel nome del risparmio e della lotta agli sprechi si abbatte sulla istituzione comunale già di per sè fortemente provata dall'insufficiente capacità finanziaria che non permette risposte adeguate ai problemi dei cittadini.
Non perchè non esistono gli sprechi a livello di enti locali, anzi sono ancora molti dovuti sopratutto alla discrezionalità di spesa delle varie amministrazioni, ma perchè si punta maggiormente su aspetti ideologici e di facile impatto emotivo.
Mi riferisco all'ulteriore demagogia relativa ai tagli sul numero dei consiglieri comunali e degli assessori che vengono additati come la panacea giusta per i risparmi e per la lotta agli sprechi, ma non si mette in evidenza la vera ragione per cui esistono i consiglieri comunali che non è solo di natura economica, ma concretizzano un aspetto importante della democrazia.
Naturalmente alla vista di certi consiglieri che calcano gli scanni comunali ai nostri giorni o fanno politica non non saremmo portati ad avere grossi stimoli verso la democrazia, ma per fortuna ci dobbiamo incamminare lungo la strada della funzione che si va ad esercitare piuttosto che su coloro che temporaneamente sono chiamati ad impersonare quella funzione.
Quindi, nel nostro sistema democratico, la funzione degli eletti è importantissima ai fini di assicurare la rappresentanza istituzionale e le istanze sociali da parte di quella parte della società che li ha eletti affidando anche la gestione di quel potere che è lo strumento per una crescita sociale che si raccordi il più possibile con le istanze indicate dagli elettori.
E' per questo che la diminuizione di detta rappresentanza non fa altro che comprimere la rappresentazione istituzionale delle varie articolazioni del tessuto sociale che si espreme ai livelli primari di partecipazione qual è quello che si determina attraverso la elezione dei consiglieri comunali.
Se ne deduce che il tutto non può perciò ricondursi ad una semplice diminuizione del loro numero come se si trattasse di un consiglio di amministrazione di una società che ha univoco l'oggetto sociale e tende al raggiungimento di quel solo obiettivo condiviso ritenuto necessario e vitale per il perdurare e la crescita della società stessa.
In un sistema mono culturale e univoco nel raggiungimento degli obiettivi, il numero delle persone chiamate a raggiungerlo può variare solo in funzione dell'efficienza perchè la visione strategica è univoca.
In una società politica e di rappresentanza invece la diminuizione o l'aumento del numero di coloro che sono chiamati a contribuire al bene comune è anche indice di apertura democratica alle varie istanze o di visione totalitaria della società.
Sul piano pratico, con le tante incombenze che adesso sono nelle competenze degli enti locali, si corre il rischio di accentuare l'inefficienza dell'azione pubblica dal momento che poche persone dovrebbero occuparsi di competenze e deleghe molto complesse senza nemeno la possibilità fisica, oltre che culturale, di avere padronanza delle varie branche amministrative o di seguirne con sufficienza, anche di tempo,le incombenze.
La conseguenza di tutto ciò sarebbe un ulteriore burocratizzazione degli enti locali che verrebbero ulteriormente affidati ai dirigenti ed al personale dipendente anche nelle scelte strategiche senza alcun controllo di natura democratica e politica.
Allora, poichè esiste un problema di costi della pubblica amministrazione, si dovrebbe prioritariamente puntare alla drastica riduzione degli stessi attraverso il dimezzamento o l'annullamento dei compensi ai vari rappresentanti nella pubblica amministrazione perchè sono i " costi della politica" che, pur non contribuendo in modo determinante alla situazione debitoria dei comuni,ne intaccano però l'aspetto morale.
Ciò assieme ad una rivisitazione dei costi, diventati insostenibilmente esosi, della dirigenza ai vari livelli che incide nei bilanci degli enti e non assicura una adeguata rispondenza qualitativa alla gestione dell'ente stesso ed alle risposte ai cittadini in termini di servizi.
Una diminuzione del numero dei dirigenti ed alla pletora di vice e sostituti porterebbe, non solo ad una minore spesa, ma anche ad una maggiore efficienza per il venire meno della conflittualità che si determina all'interno dei dipendenti comunali per essere scelti dal potere politico-istituzionale per lo svolgimento di dette funzioni e per i relativi appannaggi e fra gli stessi e l'istituzione nello svolgimento del compito assegnatogli.
Sarebbe quindi necessaria una diminuzione del loro numero così come un limite temporale al loro mandato per cui non dovrebbero essere rinnovabili, dopo un certo numero di anni, nell'esercizio del mandato dirigenziale ed anche la possibilità, per quelli apicali,di una loro cessazione di funzione che li porti fuori dall'ente di appartenenza, al venir meno della funzione elettiva che li ha scelti.
Siamo consapevoli che queste proposte, sia pure limitate e numericamente esigue, necessitano di una forte volontà e capacità politica per essere attuate e, pur non avendo eccessiva fiducia nei soggeti presposti alla loro eventuale applicazione, riteniamo utile parlarne per dare un contributo verso l'esistenza di un problema che potrebbe avere soluzioni meno complesse di quanto si possa pensare.

Pippo Bufardeci

( Articolo pubblicato dal settimanale I FATTI DELLA DOMENICA attualmente in edicola n.° 43 del 2009 )

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