FINANZIAMNETO AI PARTITI, IL GIOCO DELLE PARTI
Si è ricominciato, in termini concreti, a parlare di
finanziamento pubblico ai partiti in quanto il Governo Letta ha trasformato in decreto
legge l’intesa già raggiunta dai gruppi parlamentari con l’approvazione di una
proposta in seno alla Camera dei deputati.
La proposta prevede che l’effetto dell’assenza di denaro
pubblico venga spalmato in quattro anni per cessare definitivamente nel 2017.
Ma sono subito sorte le polemiche da parte di tutti i gruppi
politici che si sono sbizzarriti nel rivendicare la genitura di altre proposte
capaci di accorciare i tempi di attuazione della legge pur pensando di perdere
ulteriore tempo per non attuarla.
Secondo me Letta è stato troppo responsabile, ma anche poco accorto nel capire gli umori della gente
e nell’anticipare le speculazioni dei suoi avversari politici.
Troppo responsabile perché il finanziamento pubblico ha
purtroppo innescato meccanismi di speculazione e di latrocinio che i cittadini
non sopportano più soprattutto se rapportano lo scialo di alcuni alle loro
ristrettezze di vita.
Non nascondiamo però che questa responsabilità è dovuta anche
a problemi che riguardano la partecipazione democratica alla vita politica e
anche i lavoratori che in essa operano.
Il latrocinio è fortemente scaturito dalla gestione dei soldi
dei gruppi parlamentari ai vari livelli e per questo bisogna approvare leggi
molto severe per i trasgressori e condanne esemplari perché bisogna che si
instauri una certa sacralità del bene comune.
La motivazione democratica sta nel fatto, che condivido, che
la politica non può essere appannaggio solo di chi ha i soldi, ma le varie
libere espressioni democratiche della società vanno aiutate e salvaguardate con
appositi interventi.
Allo stato attuale vi è anche un problema di lavoro per
coloro che, al di la della politica e dei partiti, prestano la loro opera
lavorativa per il necessario funzionamento di una struttura che deve dare
risposte e supporto alle proposte degli aderenti.
Secondo me Letta rischia di non essere compreso nello sforzo
che in ogni caso ha fatto per porre il problema all’attenzione delle Camere e
per porre un limite massimo alla sua definizione.
Bisognava essere più
drastici per evitare prese di posizioni
strumentali da parte di chi forse non vuole che cessi detto finanziamento.
Bisognava abolirlo subito per mettere tutti sul fatto
compiuto e capirne le strategie.
Inserendo successivamente i temi del lavoro e della
Democrazia.
Adesso Alfano ha detto che il suo partito è pronto ad una
abolizione immediata e non dilazionata, ma gli altri hanno fatto finta di non
sentire.
Bisogna che ci siano regole chiare sull’utilizzo dei fondi
pubblici perché non possono essere lasciati alla discrezionalità della Corte
dei Conti o della magistratura in
generale, ma è soprattutto necessario che chi si appropria di soldi o
beni della collettività sappia che la sua pena deve essere applicata sempre in
modo esemplare senza sconti né riabilitazioni.
Per questo riteniamo che l’abolizione immediata avrebbe
trovato più consensi fra i cittadini.
Pippo Bufardeci ( 20.12.2013 )
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