lunedì 13 gennaio 2014

LA GRAVITA’ DELLA CRISI NECESSITA DI CONVERGENZE INDIVIDUALI E DI GRUPPO





Una crisi economica di grandi e gravi dimensioni come quella che sta ancora vivendo gran parte del mondo industrializzato non può risolversi in modo rapido ed indolore.
Ha bisogno di tempo, di decisioni, di strategia, ma soprattutto necessita di uomini ed istituzioni che remino tutti dalla stessa parte.
Se la casa brucia è necessario spegnere tutti insieme il fuoco per salvare quanto più possibile in attesa poi di dividerci su cose concrete e non sulle macerie del fuoco.
L’impressione che la classe dirigente di questo Paese, non solo quella politica, invece dà, è quella di una infinita conflittualità basata sulla proposta di ricette taumaturgiche e personali senza un confronto con ciò che propongono gli altri.
Ciascuno di coloro che hanno un pulpito da cui parlare è convinto di essere il solo depositario della verità e l’unico capace di risolvere i problemi da solo.
Tutto questo ha ingenerato una mentalità che tende a privilegiare l’individuazione di un leader, magari il più facinoroso o ammaliatore, da mettere a feticcio della soluzione dei problemi individuali o di gruppo.
Ciò senza considerare che la complessità dei problemi stessi, ma soprattutto la situazione di fragilità politica in cui ci dibattiamo da alcuni decenni, dovrebbero spingere verso la ricerca di soluzioni condivise con l’impegno di più soggetti.
Il leaderismo  non risolve  i problemi così come la non partecipazione dei cittadini alle scelte collettive tarpa le ali alla democrazia.
Ecco perché riteniamo che bisogna fare ogni sforzo affinché si crei un periodo di stabilità politica e di Governo che possa essere una concreta piattaforma su cui costruire il futuro prossimo della nostra Nazione con il più ampio contributo possibile da parte di tutti.
Ecco perché crediamo che le pur legittime ambizioni personali devono essere messe da parte nel momento in cui confliggono con quelle  reali dell’intera collettività.
Auspichiamo quindi che l’incontro recente fra Letta e Renzi possa dare i suoi frutti nella logica della stabilità politica dell’attuale Governo e nella individuazione seria e non propagandistica della ricerca delle soluzioni almeno ai più gravi problemi che assillano i cittadini italiani.
Sarebbe difficile comprendere la continuazione, o peggio, la radicalizzazione di una  inspiegabile conflittualità fra il Governo a guida Letta, di estrazione del PD, ed il segretario dello stesso partito che ha il dovere di sostenerlo e condurlo alla attuazione delle strategie più utili per tutti i cittadini.
Allora ben venga un serio confronto  fra tutti i soggetti interessati che elaborino, come si sta tentando di fare, un programma fattibile e condiviso che, in un tempo stabilito e limitato,  veda remare tutti dalla stessa parte che  deve necessariamente andare verso il bene comune.

 Pippo Bufardeci
13.01.2014




venerdì 10 gennaio 2014

LETTA E RENZI, INCONTRO DA STATISTI O GALLI DA POLLAIO?




Speriamo che l’incontro fra il Presidente del Consiglio Letta ed il segretario del PD Renzi si sia concluso almeno con una traccia concreta di ciò che si deve fare e con un minimo di rispetto reciproco capace di chiarire la parte che ognuno di loro deve svolgere nell’interesse del Paese.
Le settimane appena trascorse non sono state un esempio da imitare.
Tutte le esternazioni in libertà che hanno caratterizzato l’azione politica del segretario del PD che, non dimentichiamolo, esprime il presidente del Consiglio ed è azionista di maggioranza ( paragone politicamente brutto, ma
giornalisticamente incisivo) del Governo attualmente in carica.
In questo caso si deve stabilire una fruttuosa simmetria fra il partito ed i suoi rappresentanti in sede governativa per rendere più operativa possibile l’azione di un Governo che si muove, per fatti obiettivi, con grande difficoltà.
Non ci possono essere schermaglie dovute alle ambizioni o aspirazioni di qualche persona, ma la responsabilità impone  solamente l’obiettivo di un lavoro serio nell’esclusivo interesse del Paese e dei cittadini che soffrono una congiuntura economica e sociale di enorme gravità.
Dobbiamo tutti insieme riacquistare il senso del bene comune rispetto alle visioni strategiche personali e rimettere al centro dell’azione politica e di Governo una visione plurale della ricerca delle soluzioni e non quella personalistica indipendentemente da chi la interpreta.
La gravità del momento non necessità di ” Deus ex machina”  che risolve da solo tutti i problemi, ma di convergenze di idee e d’azione che abbiano solo l’obiettivo di una sintesi, la più utile possibile, per  ridare dignità, lavoro, speranza e prospettiva ai cittadini italiani che sono con l’acqua alla  gola.
Oggi è il tempo di programmare e realizzare quel poco che, nella situazione attuale, è possibile fare come veri politici e statisti di spessore e non galli altezzosi di un pollaio in declino.
I giuochi personali, di partito, di gruppo o gli interessi delle diverse lobby politico affaristiche devono essere debellate per la vittoria del bene comune.
Solo così può diventare credibile una classe politica e dirigente che non può puntare tutto sul feticcio della novità o della gioventù, ma ha il dovere di cimentarsi sulle proposte di prospettiva che si basino sulla concretezza, sull’obiettività, sulla loro realizzazione e sulla fiducia dei cittadini.
Ogni azione diversa da questo senso di responsabilità rischia di essere nefasta non solo per  gli attori politici, ma purtroppo, anche per l’intero Paese.

Pippo Bufardeci
10.01.2014

sabato 4 gennaio 2014



SANTI NICITA: IL POLITICO E L’UOMO

Ho vissuto parecchi decenni della mia vita politica nel contesto dell’azione dell’on Santi Nicita seguendolo, ascoltandolo, elaborando strategie politiche ed azioni amministrative attraverso un confronto serio e costruttivo sui problemi del partito e della provincia di Siracusa.
Si potrebbe scrivere molto sul vuoto che lascia un politico serio, accorto, leale, preparato come Santi Nicita.
Ma anche dell’uomo Nicita che sapeva ascoltare, consigliare e capire con grande umiltà, amicizia e stima.
Preferisco però far parlare lui stesso attraverso alcuni passi che ha scritto come prefazione del suo libro – Sul filo dei ricordi – pubblicato nell’ottobre del 2005.
Lo consiglio ai giovani che vogliono fare politica sul serio e vogliono conoscere la storia politica ed economica della nostra provincia, ma soprattutto il senso di un impegno al servizio della comunità. 

Ecco cosa scriveva Nicita.

NICITA POLITICO:
“Chi , come me, ha vissuto da ragazzo il difficile periodo della guerra, gli stenti del dopoguerra, le contrapposizioni politiche e sociali del dopoguerra ,le contrapposizioni politiche e sociali nella lunga marcia per il consolidamento della società democratica, il significativo e positivo inserimento delle classi più umili nella dialettica politica e istituzionale, avverte con disagio che oggi nelle battaglie politiche prevalgono le forme mediatiche a discapito dei programmi e dei valori cosicché pragmatismo e ribalta sono diventati i punti di riferimento della vita politica. Nella nuova fase – affermatasi a partire dal 1994 – senza alcuna analisi e riflessione storica, decostruendo in maniera arbitraria la realtà, si è cercato di accreditare l’idea del fallimento della così detta prima Repubblica e la necessità di costruirne una del tutto nuova, con discutibili nuove regole istituzionali. Sviluppare, aggiornare, rendere funzionali le istituzioni è un dato permanente dell’evoluzione della società e della vita politica, ma tutto questo ha poco a che vedere con condanne pregiudizievoli  e manichee che certamente non giovano per vivere e costruire un presente e, soprattutto, un futuro in una società sempre più globalizzata “

NICITA UOMO:
“Complessivamente, la mia vita è stata segnata da una incurabile passione politica che ha condizionato fortemente la vita della mia famiglia ed inciso pesantemente sui rapporti con i miei figli e con mia moglie Rosuccia. Ho lasciato sulle sue spalle il compito e la responsabilità di seguire i figli che sono cresciuti senza una mia adeguata attenzione, dedicando loro poco tempo, spesso solo il pomeriggio della domenica e venti giorni l’anno per le ferie estive. Troppo poco!
Per queste ragioni il senso di gratitudine e di riconoscenza per mia moglie è sempre ,e ancor oggi rimane, grande, nella convinzione che senza il suo senso di responsabilità, di tolleranza e di abnegazione, la mia famiglia non sarebbe stata così unita e comprensiva, permettendomi così di svolgere la mia attività politica senza condizionamenti familiari. Sono stato un padre ed un marito fortunato e perdonato per gli errori commessi. Mi pesa enormemente il non avere dato loro alcun sostegno sia in vista delle loro attività professionali lontano dalla famiglia o quando hanno costituito le loro famiglie, la qualcosa costituisce per me un grande rammarico ed un infinito rimorso. Anche per questo dedico il presente lavoro a mia moglie Rosuccia, ai miei figli Graziella, Alessandra e Antonio nel ricordo di mia madre e di mia sorella Concettina. La Provvidenza mi ha fatto grandi regali, coprendo anche le mie inadeguatezze

SR. 4.1.2014

sabato 28 dicembre 2013

LA POLITICA SI RIPOSIZIONA MA NON PUO’ ELUDERE IL CONFRONTO


 
 

C’è un gioco di posizionamento nella politica nazionale che vede i partiti politici come i ciclisti che si preparano a disputare la volata cercando le posizioni giuste per evidenziare la loro presenza.
In questa fase non potrebbe essere altrimenti visto che i sommovimenti recenti fra le forze politiche hanno rimescolato il quadro politico complessivo con conseguente riaggregazione di milioni di elettori.
Questo flusso migratorio di elettori, non ancora quantificabile sul piano numerico, non interessa soltanto i partiti all’interno degli schieramenti consolidati, ma anche nel rapporto destra – sinistra ed in ciò che questi schieramenti possono sacrificare sull’altare della contestazione umorale.
I fatti politici più rilevanti di quest’anno che passa si possono riassumere nella scissione del popolo della libertà, nel rimescolamento del centro e nell’ascesa di Renzi nel PD.
Nel centro destra, per la prima volta dopo venti anni, Berlusconi non è più il padrone assoluto delle sorti di questa fascia di elettorato, ma dovrà fare i conti con il nuovo centro destra di Alfano, ma anche con la ricostituzione della destra di tradizione missina.
Qualunque sia la presenza numerica di queste forze politiche esse saranno determinanti per la vittoria o meno di questo schieramento.
Il centro, con Forza civica, i popolari di Mauro e l’UDC di Casini, dovrà dirci cosa vorrà fare da grande e la sua scelta potrà essere determinante per la vittoria o meno di uno degli schieramenti competitivi nel sistema maggioritario.
Il centro sinistra di Renzi, per la prima volta, nella storia del PD, vede il proprio segretario insofferente verso un Governo che è espressione del suo stesso partito.
Ma lo vede molto sul piano dell’ascesa personale di Renzi piuttosto che su quello della proposta che, allo stato attuale se si spoglia del manto parolaio, appare poco incisiva.
Con questo scenario lo stallo politico appare la soluzione più a portata di mano, ma allo stesso tempo, è la soluzione peggiore perché si rischia lo tsunami politico.
Ecco perché la proposta di Alfano di un programma alla tedesca sulle cose da fare appare la più conducente per lasciare una traccia seria di questo Governo risolvendo quello che obiettivamente è possibile risolvere.
I riflettori quindi si spostano sulle future proposte ai problemi e sarà un lavoro serio se tutti usciranno dalla illusione di essere protagonisti nell’elencazione delle sole cose da fare senza assumersi la responsabilità, anche impopolare, del fare.
In questi giorni, che speriamo passino presto, sono tutti nella fase dello studio reciproco affilando le armi per il prossimo confronto.
Dovranno però capire che un fallimento avrà conseguenze catastrofiche sulla politica e sulle istituzioni italiane, mentre una riuscita, anche parziale di questo progetto di accordo programmatico, potrà avere effetti positivi anche sconvolgenti nel sistema politico e delle alleanze.
Questo tema lo tratteremo in un prossimo intervento.
Pippo Bufardeci
28.12. 2013

 

venerdì 20 dicembre 2013


FINANZIAMNETO AI PARTITI, IL GIOCO DELLE PARTI

 

Si è ricominciato, in termini concreti, a parlare di finanziamento pubblico ai partiti in quanto  il Governo Letta ha trasformato in decreto legge l’intesa già raggiunta dai gruppi parlamentari con l’approvazione di una proposta in seno alla Camera dei deputati.
La proposta prevede che l’effetto dell’assenza di denaro pubblico venga spalmato in quattro anni per cessare definitivamente nel 2017.
Ma sono subito sorte le polemiche da parte di tutti i gruppi politici che si sono sbizzarriti nel  rivendicare la genitura di altre proposte capaci di accorciare i tempi di attuazione della legge pur pensando di perdere ulteriore tempo per non attuarla.
Secondo me Letta è stato troppo responsabile, ma anche  poco accorto nel capire gli umori della gente e nell’anticipare le speculazioni dei suoi avversari politici.
Troppo responsabile perché il finanziamento pubblico ha purtroppo innescato meccanismi di speculazione e di latrocinio che i cittadini non sopportano più soprattutto se rapportano lo scialo di alcuni alle loro ristrettezze di vita.
Non nascondiamo però che questa responsabilità è dovuta anche a problemi che riguardano la partecipazione democratica alla vita politica e anche i lavoratori che in essa operano.
Il latrocinio è fortemente scaturito dalla gestione dei soldi dei gruppi parlamentari ai vari livelli e per questo bisogna approvare leggi molto severe per i trasgressori e condanne esemplari perché bisogna che si instauri una certa sacralità del bene comune.
La motivazione democratica sta nel fatto, che condivido, che la politica non può essere appannaggio solo di chi ha i soldi, ma le varie libere espressioni democratiche della società vanno aiutate e salvaguardate con appositi interventi.
Allo stato attuale vi è anche un problema di lavoro per coloro che, al di la della politica e dei partiti, prestano la loro opera lavorativa per il necessario funzionamento di una struttura che deve dare risposte e supporto alle proposte degli aderenti.

Secondo me Letta rischia di non essere compreso nello sforzo che in ogni caso ha fatto per porre il problema all’attenzione delle Camere e per porre un limite massimo alla sua definizione.
Bisognava  essere più drastici per evitare  prese di posizioni strumentali da parte di chi forse non vuole che cessi detto finanziamento.
Bisognava abolirlo subito per mettere tutti sul fatto compiuto e capirne le strategie.
Inserendo successivamente i temi del lavoro e della Democrazia.
Adesso Alfano ha detto che il suo partito è pronto ad una abolizione immediata e non dilazionata, ma gli altri hanno fatto finta di non sentire.

Bisogna che ci siano regole chiare sull’utilizzo dei fondi pubblici perché non possono essere lasciati alla discrezionalità della Corte dei Conti o della magistratura in  generale, ma è soprattutto necessario che chi si appropria di soldi o beni della collettività sappia che la sua pena deve essere applicata sempre in modo esemplare senza sconti né riabilitazioni.
Per questo riteniamo che l’abolizione immediata avrebbe trovato più consensi fra i cittadini.
Pippo Bufardeci ( 20.12.2013 )

 

domenica 15 dicembre 2013


IL MATTARELLUM ADESSO PIACE MA ATTENTI ALLE FURBATE

Con la recente sentenza della Corte Costituzionale che, ha cassato alcune parti dell’attuale legge elettorale, detta Porcellum, è iniziato il teatrino delle proposte e delle controproposte.
Non tutti coloro che si cimentano in questo nuovo gioco di indicare le prossime regole della lotta politica capiscono di cosa parlano.
Abbiamo così letto che, una volta cassata la legge in vigore, sarebbe subentrata quella precedente e cioè il Mattarellum come se ci trovassimo in presenza di eletti e non eletti.
Allo stesso modo abbiamo ascoltato interviste ed interventi confusionari e poco conducenti ad una vera e seria legge elettorale perché ciascuno vede il pezzo che più si potrebbe sposare con i propri interesse personali e di parte politica.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza basta partire dalle cose più elementari.
La prima è che  una legge elettorale deve rispondere agli interessi della stragrande maggioranza dei cittadini che, nelle regole che essa esprime, devono ritrovarsi per difendere le istituzioni indipendentemente se si svolge il compito di maggioranza o di opposizione.

Quindi essa non si può attuare a colpi di maggioranza o con le furbate di qualche politichetto che si sente primo della classe, ma va ricercata un’ampia convergenza anche su un progetto di società che si intende costruire con lo strumento elettorale.
Seconda cosa è che non subentra automaticamente nessuna legge elettorale a quella attuale, ma si deve procedere alla approvazione parlamentare di una nuova legge anche se si dovesse scegliere di ritornare ad applicare, in toto, una precedentemente utilizzata.
In questa fase il vero problema di fondo, che molti tentano di offuscare, è quello che riguarda la scelta dei rappresentanti parlamentari direttamente da parte degli elettori oppure da parte dei capi bastone e delle strutture partitiche.
Non vi è dubbio che chi adesso propone di ritornare al Mattarellum, secondo la versione originaria, non fa altro che impedire la scelta diretta da parte dei cittadini evitando le preferenze.
Difatti, sia i candidati nei vari collegi che quelli indicati per la lista proporzionale del 25% degli eletti, sono tutti scelti dagli apparati e non dai cittadini.
E non si venga a parlare di primarie che, come si svolgono adesso, sono solo un momento propagandistico di qualche partito e non una sicurezza per gli elettori.
Basterebbe solo ricordarsi le polemiche sui brogli elettorali e sulle tessere che determinano la poco affidabile platea elettorale.
Allora la soluzione più rispondente ad un sistema democratico che possa fare ritornare ai cittadini il gusto dell’importanza della politica deve essere quella che, attraverso le preferenze, li possa  fare risentire protagonisti.
Allo stesso modo bisogna riagganciare gli eletti al territorio ed alle esigenze dei cittadini e non renderli vassalli o servi sciocchi di chi detiene il potere di ricandidarli.
Il Mattarellum è una buona base di partenza se lo si rinnova inquadrandolo nella logica della maggiore partecipazione dei cittadini nella scelta degli eletti senza le furbate di chi vorrebbe cambiare per continuare a fare il padre padrone degli eletti.
Pippo Bufardeci
15/12/2013

mercoledì 11 dicembre 2013


BERLUSCONI, UN POVERO CALIGOLA? 

Che Silvio Berlusconi abbia il culto della sua personalità e che ami atteggiarsi a reinterpretare di alcuni personaggi che hanno lasciato tracce storiche nel loro peregrinare sulla terra, è un fatto ormai noto.
I suoi atteggiamenti sono tutti improntati alla “grander” personale che fanno a pugni con la “ pocher ” in cui si trova l’Italia è un altro fatto altrettanto noto.
E’ un istrione direbbero i molti cittadini che lo hanno scelto come leader politico mentre non sarebbero dello stesso parere i numerosi cittadini che non lo hanno mai votato.
Gli uni e gli altri hanno sentito, in negativo o positivo, tutto ed il contrario di tutto, da Silvio e su Silvio.
Per fortuna che Silvio c’è, Silvio pensaci tu, Club forza Silvio e tanti altri apprezzamenti come dicono i suoi fan o tante puttanate come dicono i suoi avversari.
Ma forse né gli uni né gli altri avrebbero mai pensato che il Silvio nazionale reincarnasse anche l’imperatore Caligola.
Certo, visti i tempi magri per gli italiani e molto meno per lui il Silvio nazionale  si è data una “diminuzio”  rispetto a Caligola.
L’imperatore, quello vero, nominò senatore il suo cavallo mentre quello meneghino si è limitato a costituire i club per il suo cagnolino Dudù  che, con grande fantasia, si chiamano Forza Dudù.
Certo Caligola virilmente nominò il suo cavallo in quanto espressione di forza, di coraggio e di combattimento.
Il Silvio nazionale va un po’ sul tenero con i cagnolini che sono più affettuosi e fedeli per cui, mentre Caligola nominò un solo senatore, lui ha riempito molti scranni dei due rami del Parlamento.
Pippo Bufardeci
11-12-13

 

lunedì 9 dicembre 2013

ATTENZIONE A NON CONFONDERE RENZI CON IL RE D’ITALIA


 Nel periodo politico attuale, dove alla razionalità si è sostituito il tifo da stadio, la elezione di un segretario di partito assume il significato di un grande evento simbolico nazionale alimentando ancora di più la confusione in cui siamo caduti.
Qualsiasi partito è sempre, anche per definizione, una parte di un sistema rappresentativo più ampio che riguarda milioni di cittadini.
Il 70% trionfante di Renzi bisogna calcolarlo sul totale del 100% degli elettori del partito che lo hanno espresso.
Poiché questi ultimi sono stati meno di 3 milioni, possiamo affermare, ad abbundanziam, che il fenomeno Renzi rappresenta circa 2 milioni e 100 mila cittadini iscritti al suo partito. Con una proiezione esterna essi equivalgono ad un effimero partitino che forse non raggiungerebbe il 5% su scala nazionale per avere una propria rappresentanza in Parlamento.
Per di più il PD, partito  che Renzi dirigerà, non ha una platea elettorale tale da renderlo protagonista assoluto del destino del Paese, ma si attesta su percentuali che vanno dal 20 al 30% nella migliore delle ipotesi.
Rimane un 60 - 70 % di italiani che Renzi non può rappresentare perché non sono con il suo partito.
Quindi siamo in presenza di una minoranza, importante, ma minoranza, che non deve illudersi di avere partorito il Re d’Italia o l’uomo della provvidenza perché in una democrazia plurale sono numerosi i soggetti che hanno titolo a rappresentare spicchi diversi ed articolati della società italiana.

Quindi riportiamo i fatti alla loro natura originaria che è quella dello svolgimento di una elezione di un leader di un partito che non è l’unico, ma concorre, assieme ad altri, a determinare i destini del Paese.
Allora molto ghiaccio sulla testa dell’ “euforismo” per evitare di suscitare aspettative fuori dalla logica ed è nello stesso interesse del PD che questo partito non cada nel sistema di Forza Italia con un padre padrone alla Berlusconi in sedicesima.
Un partito plurale, quale è diventato il PD dopo avere abiurato il centralismo comunista proletario, produrrebbe effetti traumatici, sia all’interno che fra gli elettori, se si scoprisse con un centralismo borghese simile all’odiato berlusconismo predecessore dell’eventuale nuovo renzismo.
Allora, se non confondiamo Renzi con il nuovo Re d’Italia, ma lo inquadriamo nella giusta direzione gli faremo anche un favore, sia politico che personale, perché lo inquadreremmo nel contesto dei soggetti politici che si vogliono spendere per il bene del Paese confrontandosi con tutti i soggetti del sistema democratico.
Se Renzi pensa che tutto ciò che ha detto, a proposito ed a sproposito, per conquistare la piccola platea di elettori che lo ha eletto a segretario di un partito politico nazionale sia la verità assoluta, sicuramente si andrà incontro ad ulteriori periodi destabilizzanti del nostro sistema politico ed istituzionale che è già di per se quasi saturo di destabilizzatori.

Pippo Bufardeci