venerdì 7 gennaio 2011

PACHINO, UN PAESE IN VENDITA



Di PIPPO BUFARDECI

Vi sono alcuni termometri che, anche visivamente, possono dare l’impressione dello stato di un paese o di una comunità sia dal punto di vista economico che sociale.

Anche Pachino non sfugge a questi canoni di individuazione del malore sociale che lo ha colto e che, da alcuni anni, lo sta conducendo verso la paralisi dello sviluppo e quindi dell’arretratezza economica, occupazionale e culturale.

Un aspetto che i sociologi e gli economisti più attenti all’evoluzione sociale di una comunità metterebbero in evidenza riguarda lo sventolio dei numerosi cartelli delle agenzie immobiliari con la scritta “ Si Vende” e quasi nessuno con quella “ Affittasi”.

Perché il mercato immobiliare di Pachino è così intasato di immobili che si vendono all’ interno di un contesto urbanistico non certamente molto ampio ed incapace di recepire nuovi flussi abitativi?Semplicemente perché è un paese che si sta chiudendo sempre più su se stesso e non offre alcuna linfa al mercato.

Esso difatti si sviluppa solo se, nel contesto in cui opera, vi è un flusso di reddito capace di assicurare investimenti duraturi nel tempo come l’acquisto di una casa.

Né si può dire che l’elevata emigrazione dei decenni passati, porta adesso questi cittadini a disfarsi del vecchio immobile perché non più consono ad una loro idea di ritornare o di utilizzarlo per brevi periodi in quanto sono diventati anziani o hanno scelto di non ritornare più.

Non si spiegherebbero i tempi biblici per effettuare la vendita di qualsiasi immobile.

Essa non avviene solo per la mancanza di disponibilità finanziaria dei residenti anche a fronte della possibilità di utilizzare quella che potrebbe essere una agevolazione sui prezzi e cioè la fretta di vendere di molti proprietari.

La verità è che esiste un impoverimento complessivo delle famiglie di Pachino che non hanno la possibilità di accedere ad un reddito minimo di sostentamento perché l’economia complessiva del paese è in forte regresso.

I dati negativi della popolazione residente negli ultimi decenni dovrebbero farci riflettere perché sono una cartina di tornasole molto evidente.

Un paese che non cresce nella stanzialità della popolazione e non ha flussi di cittadini in entrata, ma solamente in uscita, è un paese senza prospettiva.

Anche l’altro aspetto che ci può aiutare a capire il tessuto sociale ed economico che caratterizza questi anni pachinesi è rappresentato dalla abnorme apertura di esercizi commerciali non produttivi, ma votati all’alimentazione o allo svago sedentario come i bar.

Vi sono più Bar che negozi di merce che può essere utilizzata per creare ulteriore ricchezza.

Il bar rappresenta spesso, per chi lo gestisce, una possibilità poco specialistica, di aprire un’attività capace di potergli procurare un minimo di reddito.

Per chi lo frequenta può essere un momento di aggregazione sociale e di spesa del proprio reddito nella voluttualità di certi prodotti, ma se il cliente diventa “ stanziale” cioè che quasi per l’intera giornata non si muove dal bar, vuol dire che non ha un’idonea attività lavorativa e non produce reddito né per se né per il paese.

Il bar diventa il luogo dove ammazzare il tempo e, nello stesso momento, quello della frustrazione personale e sociale.

Siamo in presenza di una società comunale che tende a chiudersi in se stessa senza prospettiva e senza comunicazione perché ciascuno difende il proprio orticello mentre le nuove generazioni non programmano più la loro vita nell’alveo del proprio comune, ma pensano di andarsene per trovare lavoro e stabilità economica altrove.

La classe dirigente del paese, da molti anni, sembra non accorgersi di questi fenomeni perché è tutta presa a gestire l’esistente e, sia pure in presenza di una situazione complessivamente difficile, non riesce a programmare nessuna prospettiva futura.

Anche la classe dirigente, certamente non solo politica, pensa a chiudersi in se stessa nella convinzione che la soluzione del proprio problema personale debba avere la precedenza rispetto a quello degli altri.

In una situazione difficile come quella che sta vivendo la comunità pachinese non è più sufficiente affidare ad una sola componente economica la speranza della crescita come si è fatto con il vino prima e con il pomodorino poi.

Bisogna che si articoli la capacità di impresa e la fonte dl redito per i cittadini.

Quindi puntare su diverse direttrici di sviluppo che possono integrarsi anche fra di loro che, a mio avviso, devono essere l’agricoltura, il turismo e la cultura.

Non sta a me esaminare dal punto di vista tecnico le motivazioni che hanno portato alla crisi el settore agricolo, ma posso notare che dal punto di vista sociale ed anche economico esso ha dato speranze di reddito ad un’insieme di soggetti superiore alla reale capacità di assorbimento.

Troppo famiglie hanno affidato il loro futuro allo sviluppo di questo settore.

Bisogna quindi razionalizzarlo facendo in modo che, superati i motivi dovuti alla coltivazione ed al mercato, possa soddisfare le esigenze di tanti cittadini quanti ne possa effettivamente sopportare.

Ecco allora che diventa strategico, di pari passo, sviluppare il filone economico del turismo.

Esso va organizzato con i crismi aziendali più idonei e non come improvvisazione nella ricerca di un reddito momentaneo di basso impatto economico che non dà né prospettiva né valenza economica.

In questo settore diventa strategico il ruolo della pubblica amministrazione e delle istituzioni locali che devono elaborare una strategia di sviluppo che tenda a valorizzare tutte le potenzialità esistenti che sono fatti di spiagge, paesaggi, presenze culturali ed archeologiche, tradizioni e specificità del territorio.

Non più quindi l’improvvisazione con interventi economici e di promozione che si concretizzano solo in uno spreco di risorse comunali senza alcuna ricaduta economica sul territorio che assicuri continuità e specificità.

Infine il settore della cultura ai fini della maggiore capacità di reddito dei cittadini deve porsi all’attenzione soprattutto della pubblica amministrazione che deve avere la lungimiranza di creare specificità che possano veicolare un particolare tipo di turismo e nel contempo porre il paese all’attenzione del mercato turistico che ha sempre più bisogno del rapporto stretto con il territorio, le tradizioni e la specificità da offrire.

In questo campo, così come negli altri, molto si può e si deve fare nella direzione di crescita dell’’occupazione e quindi del reddito delle famiglie, ma anche per agevolare il terziario che a Pachino può trarre grande vantaggio da una seria politica di sviluppo integrato.

Per fare tutto ciò, poiché in questo paese non esistono scienziati tuttofare, è necessario l’insieme delle sinergie di tutti coloro che intendono dare il proprio contributo nella logica dell’interesse primario dello sviluppo della collettività e non del proprio tornaconto personale.

Se ciò avverrà questo paese sarà in vendita solo negli immobili che potrà offrire ad un nuovo mercato di compratori e di flussi in entrata, altrimenti si metteranno in vendita anche le speranze e le prospettive dei propri abitanti.


( Questo mio articolo è pubblicato sul numero in edicola del giornale "L'Eco Cittadino" )


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